Joe Biden, il più pericoloso avversario per Trump 10/04/2020
Antonio Donno: Joe Biden, il più pericoloso avversario per Trump Analisi di Antonio Donno
Joe Biden, Donald Trump
Così, per la seconda volta, Bernie Sanders ha dovuto rinunciare alla corsa finale per la Casa Bianca. A questo punto, il suo ritiro non può che avere un preciso significato. Le sue ultime sconfitte nelle primarie, unite a quelle dell’altro candidato di sinistra, Elizabeth Warren, dimostrano ancora una volta che l’elettorato democratico preferisce un candidato moderato, centrista, libero da ogni tendenza estremistica. Ciò significa che in qualche modo v’è una frattura tra una parte dei vertici del Partito Democratico e la sua base elettorale, e il successo di Joe Biden ne è la dimostrazione. Gli esponenti di sinistra del Partito, benché abbiano una presenza incessante nei media americani, non sono la vera espressione dei sentimenti della maggioranza degli elettori democratici. Joe Biden è un personaggio che esprime la continuità della tradizione del Partito Democratico, una tradizione di moderazione e di aderenza ai valori consolidati del pensiero democratico. Per quanto Sanders esprima una tendenza alla rottura in senso socialista di questa tradizione, fatto gradito ai suoi seguaci più giovani, esso non esprime i sentimenti e le posizioni politiche della gran parte della base democratica. Il Partito Democratico non è pronto ad un cambiamento così profondo della propria mentalità; e Joe Biden rappresenta in ogni senso l’establishment del partito. Questo è il significato della seconda sconfitta di Bernie Sanders. Il ritiro di Sanders facilita la corsa alla rielezione di Donald Trump? Questo si vedrà meglio nei prossimi mesi, dopo che Biden sarà nominato il rappresentante democratico nelle prossime elezioni di novembre. Sanders ha assicurato il suo sostegno a Biden, ma ciò sarà gradito ad una parte dei suoi sostenitori? O sarà considerato un tradimento dei principi propugnati continuamente da Sanders e accolti con entusiasmo dalla sua base elettorale? Sarà sufficiente l’assicurazione di Sanders che il suo appoggio a Biden potrà facilitare l’inserimento di molte sue proposte nel progetto elettorale del candidato democratico? E se sì, si tradurranno poi in esiti concreti? Da questo punto di vista, non v’è alcuna certezza. Come si è detto, Biden rappresenta in tutto e per tutto l’establishment del Partito Democratico e le sue tendenze alla moderazione propria del ceto medio bianco americano. D’altro canto, non è da escludere che il settore più intransigente dei sostenitori di Sanders, deluso dal ritiro del proprio beniamino dalla corsa alla Casa Bianca, veda in questo atto un cedimento alla parte conservatrice del Partito Democratico, all’odiato establishment sempre al potere a Washington e tendente all’auto-conservazione. Da qui, la possibilità che la delusione si trasformi in astensione. In questo caso, la posizione di Trump sarebbe avvantaggiata, anche se tale astensione potrebbe non essere sufficiente alla vittoria dell’attuale presidente. Biden, da molti punti di vista, è la vera alternativa a Trump. Per quanto il personaggio non sia particolarmente entusiasmante sul piano dell’approccio personale al proprio elettorato, egli è l’incarnazione della sicurezza e del buon senso politico. Moderazione, continuità nella tradizione, lunga e consolidata esperienza politica potrebbero giocare a suo favore. Sanders sarebbe stato l’antagonista ideale per Trump, Biden non lo è. Il socialismo di Sanders e le sue riforme radicali avrebbero allontanato buona parte dell’elettorato centrista democratico; al contrario, il moderatismo e la certezza della continuità incarnati da Biden fanno del candidato democratico un avversario molto più difficile per Trump. A favore dell’attuale presidente giocano i risultati dell’economia americana, che ha portato la disoccupazione a livelli pressoché fisiologici, consolidando il sostegno dell’elettorato più conservatore del Partito Repubblicano, quello degli Stati meridionali, del Midwest e dei territori intorno ai Grandi Laghi, questi ultimi usciti da un grave stato di depressione economica. Si presenta, perciò, una battaglia all’ultimo voto, da cui deriveranno, tra l’altro, numerose scelte nel campo delle relazioni internazionali degli Stati Uniti.