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La Stampa Rassegna Stampa
05.04.2020 Pesach nonostante il Coronavirus
Analisi di Gavriel Levi

Testata: La Stampa
Data: 05 aprile 2020
Pagina: 22
Autore: Gavriel Levi
Titolo: «Pesach nonostante Covid»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 05/04/2020, a pag.22, con il titolo "Pesach nonostante Covid", l'analisi di Gavriel Levi.

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Gavriel Levi

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Questa settimana inizierà la pasqua ebraica; pesach: il salto dalla schiavitù alla libertà. La prima sera durante il seder ( l'ordine- sequenza della narrazione) bambini ed adulti si scambiano domande e risposte, i simboli del ricordo, per ricostruire l'ingresso e l'uscita dalla schiavitù e l'ingresso nella libertà. Pesach non è soltanto l'uscita degli ebrei dall'Egitto. Pesach è l'uscita di un intero popolo dal mondo dell'idolatria per l'ingresso nella toràh. Quest'anno pesach sarà anche il pesach nel tempo del Coronavirus. Tutti sono costretti all'isolamento e molti faranno il loro seder da soli. Formuleranno da soli le domande ed inventeranno da soli le risposte. Ovviamente questa nuova esperienza di isolamento sarà particolarmente sentita dagli anziani. Perché i bambini stanno sempre con qualche adulto, con quegli adulti che hanno meno limitazioni rispetto al contagio. Sembra chiaro: l'isolamento più serio riguarda gli anziani. Il nodo del contagio ha qualcosa d' inquietante che fa riflettere: i bambini possono contagiare gli anziani e non viceversa. Simbolicamente questa novità può apparire come una rottura nella catena della testimonianza storica. Gli anziani non potranno trasferire i loro ricordi ai bambini. I bambini non potranno contagiare con le loro domande gli anziani. Senza esagerare: l'epidemia ci ha messo, per un momento, davanti ad una nuova prova: il passaggio della memoria e la provocazione della domanda non sono più agganciate nel modo abituale.Può essere l'occasione per cercare una definizione più ampia sulla trasmissione della memoria . La memoria per diventare storia personale deve nascere dalla condivisione. Chi ricorda deve essere aiutato, nel ricordare, da qualcun altro che non possiede quel ricordo. Dall'altra parte, chi per la prima volta sta costruendo i suoi ricordi, pone delle domande proprio per imparare a ricordare. La memoria degli anziani per diventare una storia di vita e per proporre una identificazione deve poter pensare altri percorsi. Che altro potevo fare? Tu che avresti fatto? Le domande dei bambini devono comunque squarciare una qualche conoscenza che già esiste, e devono fissare fatti e situazioni, con uno schema aperto a tante successive interpretazioni. Approfondiamo questo punto. Le domande storiche dei bambini non sono mai semplici ed innocenti. Per chiarezza: i bambini non vogliono sapere cosa c'era prima di loro, perché il prima di me non è proprio un pensiero pensabile. I bambini vogliono sapere cosa c'era prima dei loro genitori, o almeno come erano le cose quando i loro genitori erano bambini. Più di tutto vogliono sapere di quando loro erano bambini. Perché i bambini non ricordano bene di quando loro erano bambini e sanno di non ricordare bene. Com'ero quando ero bambino è la domanda necessaria e insostituibile, perché solo con questa domanda, i bambini imparano a cucire il filo della memoria , per poter indovinare e decidere come saranno quando non saranno più bambini. Appunto per poter pensare a quando non saranno più bambini e cioè per poter immaginare di poter decidere la propria vita. L'inseguimento del ricordo, cercato instancabilmente dagli anziani non è molto diverso. Soprattutto quando gli anziani hanno consapevolezza che la memoria è incompleta, perché è provvisoria, ma anche perché è allo stesso tempo riscritta e rivissuta. L'anziano sa che la sua memoria è una ricostruzione personale e unilaterale della storia. L'anziano scopre l'emozione di pensare che i suoi ricordi possono essere considerati da altre prospettive e con altre narrazioni. Questa particolare condivisione della memoria diventa per molti anziani, l'attesa silenziosa delle domande. Per poter consegnare i propri ricordi nella memoria di qualcun altro. Ma ancor più per il bisogno di lavare e trasformare i propri ricordi nella mente e nella fantasia di un altro Questo pesach nel Coronavirus, sfida di nuovo gli ebrei ad affrontare ed oltrepassare l'esperienza di un buco nella storia. E cioè non potersi incontrare tutti faccia a faccia, per ricostruire la storia dell'uscita dall'Egitto, dalla fabbrica della schiavitù. Ma come sempre il vuoto nella storia è inesistente. Anche questa volta pesach potrà essere un grande salto storico e intergenerazionale. Nella lontananza i bambini e gli anziani non saranno soli: ognuno saprà domandare le domande e le risposte dell'altro per capire le proprie risposte e persino le proprie domande. Nella sera di pesach ognuno deve considerare se stesso come se stesse uscendo dalla schiavitù dell'Egitto. Questo pesach sarà diverso, perché ognuno, bambino o anziano, potrà pensare che anche l'altro deve uscire dall'Egitto e che ognuno può far uscire l'altro dalla schiavitù. Perché ogni uomo può comprendere che nessuno deve essere schiavo. E come sempre, da quando sono usciti dall'Egitto, gli ebrei sono obbligati a pensare che la loro esperienza particolare è anche l'esperienza universale di ogni essere umano.

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