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Giorgia Greco
Libri & Recensioni
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Israeliane. L'universo femminile raccontato da 13 scrittrici contemporanee

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Donne sull'orlo di una crisi di nervi. Donne che la crisi di nervi l'hanno già avuta da un pezzo. Donne beate. Donne farcite di sfortuna. Donne sempre in piedi. La letteratura di genere sarà una chimera, forse è uno spauracchio: resta però incontestabile la parte del leone che in questi racconti per mano di donna fanno le donne. Sono loro le vittime e le protagoniste.

Da Orly Castel Bloom a Mira Magen, da Savyon Liebrecht ad Alona Kimchi, passando per Gafi Amir, Edna Masya, Nava Semel e molte altre. Queste autrici offrono un catalogo femminile vario, ma conforme a quella società di cui è, involontariamente, un fedele ritratto: in questi racconti ci sono donne infagottate nei panni religiosi e altre post-moderne, quasi incapaci di esprimersi se non nella lingua sincopata del gergo. Ci sono ragazzine troppo ingenue e nonne piene di storie da raccontare, mamme svogliate e altre ossessionate.Questo catalogo è ritratto non solo di una varietà di umori e presenze: è anche lo specchio di una scrittura femminile che in Israele è stata negli ultimi anni più vivace che mai. Voci nuove e giovanissime accanto ad autrici ormai parte della tradizione in un paese giovane e dentro una letteratura nazionale nata appena ieri (seppure con radici millenarie). Lo Stato d'Israele ha poco più di cinquant'anni: quell'età in cui una donna è capace, se vuole, di trasformare la propria maturità in desiderabilità invitante. Mai come ora si fanno sentire, dentro questa letteratura, le voci al femminile, quasi che l'età della nazione fosse un invito al cimento di scrittura.Questa antologia ne è, per l'appunto, uno specchio fedele e variopinto, dove prose diverse fra loro e ambienti opposti si avvicendano. Alcuni racconti conducono in un iperrealismo borghese o degradato, altri restano sospesi nell'improbabile, altri ancora affondano nella memoria. In quella memoria, condita di tanto dolore e un pizzico di nostalgia, che ancora così di frequente abita fra le pagine dell'ebraico.Ma se si trattasse soltanto di vagliare una varietà, non avrebbe senso un'antologia. Che deve avere e anche in questo caso ha, un filo conduttore. Forse più d'uno, e tocca al lettore, alla lettrice trovarli, perché non c'è esercizio più libero del confronto con un testo scritto. Certo, qui si tratta di donne che scrivono, ma non basta, forse, per farne una raccolta di racconti. Allora, in sostanza, di che cosa parlano le donne, quando parlano da donne? Per intanto, di uomini. Amati e noiosi, desiderati e respinti, conosciuti e anonimi. Gran parte di questi racconti parlano di amori. Trascorsi o ancora da venire. Se, come dice qualche psicanalista, le donne fra loro parlano soprattutto della mamma, è quasi certo che al secondo posto si trova l'uomo. Non quello con la u maiuscola, beninteso. In questi racconti di uomini con la maiuscola, spiace persino un poco dirlo, non ce ne sono proprio. Forse è un bene che sia così. A volte è una disdetta, come nel caso della povera Ziva. O della moglie di Schachar con le sue insopportabili abitudini. Toccherà al lettore e alla lettrice scoprire questi ed altri uomini con la minuscola. Del resto, nemmeno le donne qui sono mai maiuscole. Tranne forse Rayzel e il suo coraggio di nuotare. Sono tutte donne piuttosto normali, le altre. A volte anzi, disturbate. Come la signora impellicciata di via Hamered, lei con le sue macchie sul soffitto. Donne che parlano di uomini. Decisamente più che con gli uomini. Donne che scrivono in prima persona, anche se è finzione narrativa. Tutto questo ancora non basta per farne un'antologia. Se non fosse che lungo tutti questi racconti esiste un sottile filo conduttore, che non sfuggirà allo sguardo attento, e simpatetico. L'ironia. Anche nei momenti più acidi, nelle situazioni più improbabili. Tutti questi racconti, compresi quelli in cui domina la nostalgia - per il passato proprio e altrui -, sono impregnati di ironia. Della capacità, insomma, di guardare sempre un po' da dentro e da fuori se stesse. Di non entrare fino in fondo nella parte, e tenere invece un pezzo di se stesse discosto, per poter sorridere in santa pace di quel che succede. Tutte queste autrici, e insieme a loro i personaggi cui danno vita, conoscono l'uso di un sano distacco. Dalle meschinità che abbondano in queste storie, dalla monotonia delle giornata, dall'assenza di gravità sentimentale che stagna il più delle volte nella vita di queste coppie. L'ironia stempera la tristezza, trasforma lo squallore in sorpresa, stabilisce la comunicazione là dove sembra impossibile. A nessuna di queste autrici manca. Tutte la usano per condire le loro storie. D'ora in poi toccherà a lettrici e lettori mostrarsi generosi della propria misura d'ironia, a contatto con i racconti che seguono: non sarà difficile intendersi, fra queste pagine.



Elena Loewenthal (dalla prefazione, pubblicata dal RIFORMISTA del 4 maggio 2005)

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