Israele, il virus dilaga nelle comunità ultraortodosse Commento di Davide Lerner
Testata: La Repubblica Data: 01 aprile 2020 Pagina: 19 Autore: Davide Lerner Titolo: «A Gerusalemme la mina vagante degli ultraortodossi»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 01/04/2020, a pag.19 con il titolo "A Gerusalemme la mina vagante degli ultraortodossi", il commento di Davide Lerner.
Per una volta Davide Lerner riporta i fatti, riprendendo una notizia uscita ieri sul Giornale (http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=9&sez=120&id=77850). Nelle comunità ultraortodosse, in modo speciale a Mea Shearim e a Bnei Brak, il virus dilaga, mettendo così a rischio l'intera popolazione di Israele.
Ecco l'articolo:
Davide Lerner
Una calca di ultraortodossi bisognosi affollava ieri una piazzetta di Bnei Brak, il sobborgo haredi di Tel Aviv, per una distribuzione di viveri prima della Pasqua ebraica. Ma all'improvviso gli agenti armati di Magav, la polizia di frontiera israeliana, intervenivano a sirene spiegate: «Emergenza coronavirus, tutti a casa o saranno guai». Di solito si vedono solo in Cisgiordania, come i check-point comparsi ieri lungo il perimetro del sobborgo. Sono le zone franche degli ultraortodossi, impoverite e sovraffollate, il nuovo incubo della pandemia in salsa israeliana. Quartieri e intere cittadine in cui la legge dello Stato filtra soltanto col contagocce, a discrezione delle autorità rabbiniche, e la polizia fa quello che può. Tanto Antigone batte sempre Creonte. Ecco allora che ancora sabato scorso centinaia di persone si riversavano nelle strade di Bnei Brak per il funerale di un importante saggio locale, infischiandosene delle direttive del Ministero della Salute. E nel frattempo, mentre lo stesso primo ministro Benjamin Netanyahu si trova in quarantena perché la consigliera ultraortodossa è risultata positiva al Covid-19 (per ora il tampone risulta negativo), le statistiche parlano chiaro. Per numero di contagi Bnei Brak (600 casi, oltre 35% di test positivi) è seconda solo a Gerusalemme (650), dove gli estremisti ultraortodossi di Mea She'arim hanno preso a sassate i paramedici arrivati per compiere test. In confronto a Bnei Brak (200mila abitanti) la ben più popolosa Tel Aviv ha poco più della metà dei contagi (278). E con la conta nazionale schizzata oltre quota 5000, con 20 morti, è chiaro che l'autogestione haredi in questo caso si riverbera oltre i confini delle comunità. La scorsa domenica Chaim Kanievsky, il più importante rabbino di Bnei Brak, ha finalmente cambiato posizione e ha dichiarato il Pikuah nefesh. Vuol dire che quando si tratta di salvare o preservare una vita, il fedele può violare i dettami della halacha (la legge religiosa). Per esempio si può guidare un'auto di Shabbat per portare un malato in ospedale. In questo caso significa che i seguaci del rabbino possono obbedire alle regole sul contenimento del coronavirus, per quanto la mancanza di smartphone (si usano solo telefonini kasher molto all'antica) e la scarsa esposizione al mondo di fuori le lascino filtrare. «Dopo la dichiarazione di Kanievsky le cose sono cambiate, si prega da soli nelle case e le strade si sono svuotate», fa notare Elad Kuper, 28 anni e 4 figli (la media per gli ultraortodossi è di circa 7). «Ma c'è ancora qualche setta che ignora i divieti», racconta. «La comunità si interroga su come mai tanti haredi si ammalino, io sono fra quelli che dicono che siamo più vicini a Dio, e quindi patiamo di più la sua esplosione di rabbia», conclude Kuper.
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