Ricordate? Nel novembre dell'anno scorso, il regista olandese Theo Van Gogh, autore di un provocatorio cortometraggio sulla sottomissione della donna nell'islam, Submission, è stato assassinato da un giovane olandese di origine marocchina. Sottoposta ad una fatwa che la condannava a morte, la sceneggiatrice del film, Ayaan Hirsi Ali, somala di nascita e deputata del parlamento olandese, è stata costretta a vivere sotto scorta. In tanti ci augurammo allora che Submission venisse proiettato e discusso ovunque, se non altro per dimostrare che non basta uccidere gli uomini per assassinarne le idee. Ma non è stato così. I festival e le televisioni hanno cancellato le sue proiezioni e il produttore, spaventato, lo ha ritirato dalla circolazione. Perfino il Parlamento europeo ha rinunciato, nei giorni scorsi, a proiettarlo. Al Parlamento italiano il cortometraggio è stato proiettato recentemente in visione privata su iniziativa di un deputato della Lega Nord.
Nel frattempo, mentre in Olanda è iniziato il processo all'assassino di Van Gogh, Hirsi Ali ha pubblicato per Einaudi un libro che di questo film "maledetto" contiene anche il testo della sceneggiatura, Non sottomessa, appunto. Nella sua bella introduzione al libro, ricchissima di spunti, Adriano Sofri sottolinea come sia «in corso una guerra mondiale, ancora sparpagliata, per il controllo, e la riconquista, delle donne». In realtà, anche se dovrebbe essere ormai chiaro a tutti che proprio questa è la posta in gioco, poche sono le voci che si sono levate finora a dirlo. Tra queste, quella di due intellettuali di sesso maschile, uno appunto Adriano Sofri, l'altro, in numerosi suoi scritti, il francese André Glucksman. E questo nel disinteresse dei più, che considerano forse l'uguaglianza dei generi una posta troppo misera o troppo ovvia in questo conflitto "di civiltà" tra Occidente e Islam.
Il libro coraggioso della giovane deputata olandese entra nel vivo di questo problema, come lo aveva fatto il film da lei sceneggiato, mostrando provocatoriamente la schiena di una donna ferita dalle frustate e segnata dalla scrittura delle Sure del Corano. E lo fa partendo da un punto di vista molto radicale, attribuendo cioè all'islam tutto, e non solo alla sua ala fondamentalista, l'idea di inferiorità e di sottomissione della donna e le pratiche umilianti che ne derivano. «L'islam è una cultura e una religione nemica delle donne», scrive, rivendicando la sua totale estraneità alla religione islamica in cui è stata cresciuta. Una volta posta così la questione, però, l'autrice è ben lontana dal postulare uno scontro di civiltà tra islam e Occidente. Quello contro cui si batte (ricordiamolo, con rischi gravissimi) è l'idea che in nome di una malintesa "multiculturalità" l'Occidente rifiuti di appoggiare la lotta per l'emancipazione delle donne musulmane, un'emancipazione che nelle comunità islamiche in Occidente è la condizione stessa dell'integrazione. La scelta della multiculturalità diventa così, sottolinea Hirsi Ali, la scelta di lasciare i musulmani alla loro inferiorità. Una scelta nettamente razzista. È questa la ragione per cui la Ali, originariamente deputata del Partito socialdemocratico, è poi passata a un partito di centro-destra, il VVD, che le garantiva lo spazio che il primo non le dava nella sua lotta per l'emancipazione delle donne immigrate in Olanda. È questa la ragione per cui tanti intellettuali europei non hanno fatto loro questa battaglia, lasciando spazio a quanti erano interessati non a riformare ma ad attaccare l'Islam.
Hirsi Ali e Adriano Sofri ci raccontano una storia diversa, che ci parla non di un teorico e dubbio "islam moderato" ma di uomini e donne in carne e ossa, credenti nell'Islam o laici, che all'interno del mondo islamico, anche se quasi sempre dall'esilio, lottano per cambiarlo. E sono molti. «Non lasciateci soli, scrive Hirsi Ali, concedeteci un Voltaire. Lasciate che i Voltaire di oggi possano adoperarsi per l'illuminismo dell'islam in un ambiente sicuro».
Anna Foa ( da Avvenire)
Ayaan Hirsi Ali, musulmana, esprime la più radicale e coraggiosa posizione mai apparsa per la libertà della donna nell'Islam, questo libro, che comprende anche la sceneggiatura di submission, il film del regista Theo Van gogh, si pubblica contemporaneamente in molti Paesi d'Europa. Per le sue idee, gli stessi che hanno ritenuto blasfemo il film di Theo van Gogh hanno condannato Ayaan Hirsi Ali a morte.
"Theo Van gogh era un maschio olandese autoctono. E' stato ammazzato, non perchè fosse una personalità eccentrica, invadente e trasgressiva - lo era senz'altro - ma per aver avuto a che fare troppo da vicino con Ayaan Hirsi Ali, la giovane donna autrice di questi scritti"