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La Stampa - La Repubblica Rassegna Stampa
26.03.2020 Russi in Italia, ma non chiamiamoli aiuti: attenzione ai piani dello zar Putin
Cronaca di Jacopo Iacoboni, commento di Gianluca Di Feo

Testata:La Stampa - La Repubblica
Autore: Jacopo Iacoboni - Gianluca Di Feo
Titolo: «Mezzi e ufficiali russi per le strade italiane. Timori tra i militari - Dalla Russia con amore (solo?)»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 26/03/2020 a pag.9 con il titolo "Mezzi e ufficiali russi per le strade italiane. Timori tra i militari" il commento di Jacopo Iacoboni; dalla REPUBBLICA, a pag. 30, il commento di Gianluca Di Feo dal titolo "Dalla Russia con amore (solo?)".

La Repubblica segue l'esempio della Stampa, che già ieri aveva pubblicato un ottimo articolo di Iacoboni su come si sta muovendo la Russia nelle circostanze del Coronavirus per acquisire maggior peso sullo scacchiere internazionale senza farsi scrupolo alcuno di sfruttare una tragedia sanitaria ed economica. Con la scusa di inviare aiuti in Lombardia fa atterrare i suoi aerei all'aeroporto di Pratica di Mare invece che a Malpensa, in quanto agli 'aiuti' non sono fra quelli richiesti, quindi inutilizzabili. Evidente invece  la mossa contro un paese Nato. 

Ecco gli articoli:

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Vladimir Putin

LA STAMPA - Jacopo Iacoboni: "Mezzi e ufficiali russi per le strade italiane. Timori tra i militari"

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Jacopo Iacoboni

L'ultima volta in cui l'esercito russo mise fisicamente piede in Italia era il 1799. Il comandante Alexandr Suvorov guidava le truppe della seconda Coalizione antinapoleonica (assieme a Impero austriaco, Impero ottomano, Gran Bretagna e Regno di Napoli) nella guerra contro la Francia di Napoleone. Finì con i francesi cacciati dal Nord Italia. L'Italia non era ancora un regno unito. Ieri, a più di due secoli di distanza, ha destato perciò un comprensibile sconcerto diffuso vedere le foto e i video di alti ufficiali russi acquartierati nella foresteria Pio IX di Roma (di solito riservata allo stato maggiore dell'esercito italiano) a studiare mappe delle aree di loro interesse, o le istantanee (e i video) di mezzi militari russi per le strade e le autostrade italiane. A volte senza neanche essere scortati da mezzi italiani. Come anticipato da La Stampa, si sono rafforzati i timori – sia nel governo sia in ambienti militari – che l'operazione di aiuti spediti da Vladimir Putin al Belpaese, dopo il colloquio con il premier Giuseppe Conte, si palesi infine anche come spedizione di forze militari, tra cui un centinaio di specialisti in guerra batteriologica, medici sì, ma militari in divisa, molti con grado alto, e reduci da esperienza in Africa in teatri di azioni dove ha sempre operato anche l'intelligence estera di Mosca. Il contingente, atterrato a Pratica di Mare domenica, ieri ha proseguito il suo dispiegamento nell'area di Bergamo – la cosa è stata comunicata dai russi, e pubblicata dalla Stampa, ma non era stata riferita dalle autorità italiane. Mentre l'Italia era restata vaga sul tipo di forniture, ieri l'ambasciatore russo a Roma, Sergej Razov, ha spiegato: «In totale a Roma sono arrivati 15 voli speciali dell'aviazione militare di trasporto della Russia con gli specialisti, attrezzature e mezzi sanitari a bordo. Decisioni su voli speciali supplementari saranno adottate in base all'evolversi della situazione. In Italia sono stati inviati 122 specialisti, di cui 66 membri delle Forze di protezione dalle radiazioni, chimiche e biologiche (NBC)». Razov ha poi tenuto a dire che «l'aiuto gratuito fornito non è oggetto di mercanteggiamenti, "pagamento di conti" e via dicendo. Oggi su un autorevole quotidiano ho letto con notevole sorpresa che una parte significativa delle attrezzature e dei veicoli forniti dalla Russia non sarebbe necessaria e che la nostra assistenza sarebbe dovuta soprattutto a considerazioni di propaganda politica. Meglio sarebbe rivolgere tale domanda agli abitanti della città di Bergamo». La cosa però non dissipa i timori. Il generale Marco Bertolini, ex comandante del Coi, il Comando Operativo di Vertice Interforze, e della Brigata Folgore, spiega con parole assai equilibrate la situazione: «Gli aiuti non si rifiutano, e è vero il detto che a caval donato non si guarda in bocca. Però bisogna stare anche molto attenti, il Mediterraneo, sia orientale sia centrale, è un terreno di lotta per l'egemonia, dalla Siria alla Libia. Bisogna evitare che una crisi di carattere sanitario diventi una vicenda politico-militare. Va bene se c'è un'offerta di aiuti, ma bisogna anche mettere dei paletti». In ambiente militare italiano, qualcuno dotato di una certa cultura storica si spinge a un ricordo, ovviamente slegato dalla vicenda odierna, ma suggestivo: «La data con cui in genere si fa coincidere l'inizio dell'invasione sovietica in Afghanistan è il 25 dicembre del 1979, quando gli enormi aerei da trasporto sovietici carichi di soldati iniziarono ad atterrare nella base aerea di Bagram, poco lontano da Kabul. In quel momento Amin era ancora convinto che i sovietici fossero suoi alleati e accolse con gioia il loro arrivo: finalmente le sue richieste di aiuto erano state ascoltate. Ora sono cambiati i tempi e i modi, ma la sostanza resta la stessa».

LA REPUBBLICA - Gianluca Di Feo: "Dalla Russia con amore (solo?)"

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Gianluca Di Feo

Nelle catastrofi può capitare che la frenesia dei soccorsi internazionali distribuisca materiali inservibili, consegnando abiti estivi in alta montagna o carne di maiale ai musulmani. Oggi, nell’Italia flagellata dal virus, molti cominciano a chiedersi quanto sia utile la colonna di rinforzi piovuta dal Cremlino. E se si tratti solo di un intervento umanitario. Oppure se, come il film di 007, l’operazione “Dalla Russia con amore” nasconda un piano per sovvertire le alleanze. Sono stati aiuti a scatola chiusa. Quando il primo aereo è atterrato nella base romana di Pratica di Mare, parecchio lontano dall’epicentro dell’epidemia, nessuno conosceva la natura del carico. Il comandante delle nostre forze armate lo ha chiesto al generale russo: «Come siete organizzati? Quanti medici ci saranno?». Di jet Ilyushin ne sono giunti ben quindici in poche ore. Dalla stiva però sono usciti soprattutto mezzi per decontaminare armi chimiche e laboratori mobili per analizzare queste sostanze belliche, strumenti di dubbia efficacia nella guerra contro il contagio: nelle nostre caserme ce ne sono dozzine e finora non è parso opportuno schierarli. Anche il personale arrivato da Mosca sembra specializzato nel combattere iprite e gas nervino. Il comandante della spedizione è un veterano in materia: il generale Sergey Kikot. Un anno fa si è presentato all’Aja e ha sostenuto che il regime di Assad non ha mai usato ordigni chimici contro il popolo siriano. Con lui ci sono più di cento ufficiali: alcuni sono stati indicati come esperti virologi e medici rianimatori. Presto si vedranno all’opera a Bergamo, nell’ospedale degli alpini.Per la nostra intelligence lo sbarco della brigata russa crea più di un grattacapo: non si sa esattamente chi siano, impossibile prevedere se i loro viaggi lungo la Penisola si limiteranno al sostegno umanitario. Ieri alcuni parlamentari (pochi) hanno espresso i dubbi sul soccorso moscovita, definendolo “un cavallo di Troia”. Ma più dei timori di spionaggio, sembrano preoccupanti gli obiettivi geopolitici. Di sicuro, per il Cremlino è un colpo d’immagine senza precedenti. Sul sito del ministero della Difesa moscovita campeggiano le foto della spedizione, mettendo in bella mostra gli incontri con il nostro Stato maggiore: un Paese della Nato che apre le porte all’Armata rossa. La propaganda russa può contare su una solida rete di simpatizzanti da noi, che vanno dalla Lega ai vertici di alcune importanti aziende pubbliche. Così non sorprende che Mosca – come ha notato Jacopo Iacoboni sulla Stampa – voglia realizzare una classica “operazione d’influenza”. Vladimir Putin ha ereditato la tradizione sovietica e si è dimostrato un maestro, ottenendo risultati politici enormi con un impegno militare limitato. Lo ha fatto in Siria, in Ucraina, in Libia. Adesso lo schema si ripete – seppur in maniera pacifica – in Italia? Nessuno sa cosa si siano detti lui e il premier Conte nella telefonata che ha dato via libera agli aerei Ilyushin. Il ministro degli Esteri Giuseppe Di Maio li ha accolti dichiarando che «saremo per sempre grati alla Federazione Russa». Parole che hanno colpito i nostri alleati, molto sospettosi delle passioni internazionali del Movimento 5Stelle. E tutti stupiti dall’atteggiamento formale del nostro governo, che sembra avere dimenticato le regole dell’Alleanza Atlantica. Ieri la Spagna ha chiesto ufficialmente l’assistenza della Nato, invocando gli accordi per ricevere tamponi, ventilatori e maschere. Il Lussemburgo lo aveva già fatto, ottenendo tende e generatori per montare un ospedale da campo. Possibile che in Italia nessuno ci abbia pensato?

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