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Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


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Il Venerdì di Repubblica Rassegna Stampa
20.03.2020 Demonizzare Mohammed Bin Salman fa comodo al regime iraniano
Lo fa Francesca Caferri

Testata: Il Venerdì di Repubblica
Data: 20 marzo 2020
Pagina: 42
Autore: Francesca Caferri
Titolo: «Il trono e le spade»
Riprendiamo dal VENERDI' di REPUBBLICA di oggi, 20/03/2020, a pag. 42, con il titolo "Il trono e le spade" il commento di Francesca Caferri.

Francesca Caferri si scaglia contro Mohammed Bin Salman, la cui Arabia Saudita non è certamente una democrazia, ma almeno negli ultimi anni si è trasformato in un regime pragmatico, anche per timore della minaccia dell'Iran in tutto il Medio Oriente. Senza MbS non sarebbe stato possibile un incontro e ancor meno una cordata di Paesi arabi sunniti uniti nell'intenzione di contenere l'espansione dell'Iran sciita degli ayatollah. Se l'Unesco non è più in mano ai fondamentalisti islamisti, inoltre, è anche grazie a MbS che ha appoggiato, con l'ppoggio degli emirati del golfo, Marocco e Tunisia, la nomina dell'attuale segretaria  Aubrey Azoulay. Caferri, come al solito, sceglie la strada della demonizzazione, che fa comodo all'Iran, il vero nemico dell'Arabia Saudita nel mondo islamico e del resto del mondo..

Ecco l'articolo:

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Francesca Caferri

La storia che circola nei salotti di Riad recita più o meno così: c'era una volta un principe giovane e ambizioso, che voleva a tutti casti mettere le mani su un pezzo di terreno. Il funzionario incaricato dell’assegnazione, non convinto della bontà dell’offerta, rifiutò di assegnarglielo: qualche giorno dopo, a casa, ricevette una busta con un proiettile dentro. La storia ha un finale prevedibile: il funzionario cambiò idea e il principe, ventenne all'epoca dei fatti, si guadagnò il terreno. E un soprannome che ancora oggi lo segue: Abu Rasasa, "il padre del proiettile". Che sia leggenda metropolitana o verità - funzionari sauditi lo hanno a più riprese smentito - l'aneddoto illustra bene la personalità di Mohammed bin Salman, 34 anni, principe ereditario dell'Arabia Saudita: sulla carta l'erede al trono, nei fatti l'uomo forte del regno, quello a cui il padre, l'84nne re Selman, ha affidato le redini del governo.

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IL PADRE DEL PROIETTILE Dopo qualche mese di basso profilo, seguito allo scandalo dell'omicidio del giornalista dissidente Jamal Khashoggi nel consolato saudita di Istanbul, nelle ultime settimane MBS - come viene chiamato - è tornato sulle prime pagine dei principali giornali internazionali con un uno-due degno di un giocatore d'esperienza. La prima mossa è stata l'arresto, il 7 marzo, di due dei più importanti membri della famiglia reale: lo zio Ahmed bin Abdulaziz, 78 anni, unico rimasto fra i fratelli di sangue del padre, la più autorevole figura della famiglia dopo il re; e il cugino Mohammed bin Nayef, 60 anni, detto MBN, ex ministro dell'Interno, ex principe ereditario, l'uomo scelto dagli Stati Uniti per traghettare il regno nel futuro prima che, nel 2017, MBS lo esautora. Su un Paese già scioccato dalle detenzioni, poche ore dopo è piombata la decisione di spezzare l'asse con la Russia che da qualche anno garantiva l'equilibrio sul mercato mondiale del petrolio, aumentando del 20 per cento la produzione saudita. Il risultato è stato che in mezza giornata il prezzo del greggio è precipitato in tutto il mondo: un colpo durissimo all'economia mondiale ma anche, nel lungo periodo, per quella saudita.

AL CUORE DELLA REGIONE Queste mosse azzardate non sono che l'ultima scena del dramma degno di Shakespeare che si va consumando a Riad dal 2015, quando l'anziano Salman diventò re. Fino a quel momento, l'Arabia Saudita era stata relegata ai confini dell'attualità: un Paese ultraconservatore, in cui le donne vivevano limitate da una serie infinita di restrizioni (la più citata: il divieto di guida, unico al mondo), con una politica estera agganciata a quella americana e un'economia serenamente dipendente dal petrolio. L'arrivo del nuovo re e di suo figlio ha spazzato via tutto questo: da quattro anni il cuore della penisola arabica è diventato lo scena rio ininterrotto di complotti, veleni e colpi di scena che non hanno precedenti in nessuna parte del mondo nell'ultimo secolo.

IL ROTTAMATORE Tutto è iniziato al momento stesso dell'ascesa al trono di Salman. Da subito la scelta del figlio prediletto, Mohammed, allora trentenne e senza alcuna esperienza politica, per il ruolo chiave di capo della C orte reale (l'uomo che controlla l'accesso al re), faceva presagire cambiamenti: ma nessuno poteva immaginare l'ascesa folgorante che ne è seguita. Nel giro di pochi mesi il giovane è stato nominato ministro della Difesa e vice erede al trono. Poi, nel giugno 2017, la mossa più sconvolgente: le dimissioni forzate del potentissimo MBN e la nomina di MBS a erede al trono. Per l'Arabia Saudita è stato l'equivalente di un terremoto: fino ad allora, il trono era passato da fratello a fratello, dal maggiore al minore nella linea dei figli maschi del fondatore del regno, Abdulaziz al Saud, in una condivisione allargata del potere. Il risultato era stata una lunga linea di sovrani ottuagenari: ora tutto veniva accentrato in un solo ramo della famiglia, quello di S al man. E alle soglie del trono arrivava un trentenne, esponente della terza generazione della famiglia, che scavalcava dozzine di cugini maggiori e con più esperienza, forte solo della promessa di cambiare il Paese nel nome dei giovani, il 70 per cento della popolazione saudita. Di pari passo all'ascesa di MBS è arrivata una serie di annunci spettacolari: la presentazione di Vision 2030, il gigantesco piano di ristrutturazione economica che ha aperto il Paese alle energie verdi, all'high tech, al turismo e all'inserimento delle donne nel mercato del lavoro. La parziale privatizzazione del gigante del petrolio Aramco, nella più grande offerta pubblica iniziale mai vista sui mercati mondiali. Poi ancora il ritorno di cinema, musica e teatri, proibiti da decenni. E infine la più attesa delle riforme: l'introduzione del diritto di guida per le donne.

SPECCHIETTI PER ALLODOLE Come in un gioco di specchi, pere', dietro a ogni mossa si nascondeva un doppio: neI novembre del 2017 centinaia fra principi, funzionari ed ex ministri furono rinchiusi nell'hotel Ritz Carlton di Riad, trasformato in carcere di lusso. "Corruzione" era l'accusa ufficiale: tentativo di far cassa con il sequestro dei beni e di eliminare ogni contestazione verso la sua ascesa al trono, la valutazione degli analisti. Pochi mesi dopo arrivo' l'arresto delle più famose attiviste per il diritto alla guida del regno, molte delle quali sono ancora in carcere. E infine, l'assassinio di Khashoggi nell'ottobre 2018: una morte per cui MBS si è assunto la responsabilità politica in quanto governante, ma non ha mai riconosciuto un ruolo diretto, nonostante le accuse di Cia e Onu. «Mohammed bin Salman stato festeggiato in Occidente come un riformista pronto a portare cambiamenti necessari nel regime sclerotico e oppressivo dell'Arabia Saudita. Ma la fiducia di molti è stata mal riposta. Sopra, il re saudita Selman, 84 anni (a destra), insieme all'erede al trono, suo figlio Mohammed bin Salman Le riforme promesse altro non erano che uno specchietto per le allodole che nascondeva un’agenda molto più sinistra di consolidamento di potere» è il giudizio del think tank americano Soufan Center. Tante novità spiegano perché MBS sia diventato negli ultimi anni una figura di primo piano. E perché la sua Arabia Saudita, molto più aggressiva anche sulla scena internazionale, come dimostrano la guerra in Yemen, l'embargo imposto al Qatar e la politica muscolare verso l'Iran, si sia trasformata da spettatrice a protagonista della scena mondiale, diventando un alleato chiave per Donald Trump.

L’INCOGNITA TRUMP Proprio in relazione a Trump, e al G20 che Riad ospiterà per la prima volta a novembre, molti analisti spiegano gli arresti di marzo: i due principi sono accusati di complotto, ma gli osservatori concordano nel dire che, entrambi sorvegliati a vista, sarebbe stato impossibile per loro organizzare un golpe. Possibile invece che si ripromettessero di non giurare alleanza - Bay'ah - a MBS nel consiglio di famiglia al momento della successione. La salute di re Salman è da tempo precaria, e gli arresti hanno fatto pensare a un improvviso peggioramento e quindi a un'accelerazione del passaggio di poteri: per smentire le voci, la corte saudita nei giorni scorsi ha diffuso una foto del re al lavoro.Ma questo non è bastato a placare gli animi. Con le elezioni americane alle porte, e l'ipotesi che Trump sia costretto a lasciare la Casa Bianca, è possibile che il principe voglia arrivare sul trono in tempi rapidi. E senza troppi scossoni. «Ciò a cui abbiamo assistito è un chiaro segno che il futuro delle riforme resta ambiguo» scriveva sul Guardian Madawi al-Rasheed, analista saudita da sempre critica nei confronti dell'erede, «Mohammed bin Salman ha scelto la strada della repressione. E mentre stringe il pugno sul potere dobbiamo aspettarci nuovi arresti». II tempo dei drammi nel regno del deserto e del petrolio non è ancora finito.

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