Ancora missili contro le basi Usa in Iraq dai terroristi filo-iraniani Cronaca di Giordano Stabile
Testata: La Stampa Data: 15 marzo 2020 Pagina: 14 Autore: Giordano Stabile Titolo: «Nuova raffica di razzi delle milizie sciite sulle basi Usa»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 15/03/2020, a pag.14, con il titolo "Nuova raffica di razzi delle milizie sciite sulle basi Usa", la cronaca di Giordano Stabile.
Giordano Stabile
Rappresaglia dopo rappresaglia, l'Iraq scivola verso una guerra fra le forze americane le milizie sciite sostenute dall'Iran. Ieri c'è stato un secondo attacco con razzi katiuscia contro la base Usa a Taji, 20 chilometri a Nord di Baghdad. Tre militari occidentali sono rimasti feriti. Mercoledì un attacco simile, con decine di razzi da 107 millimetri, aveva ucciso un soldato statunitense, un contractor e una soldatessa britannica. Giovedì il Pentagono ha reagito con raid su almeno sei basi e depositi di armi appartenenti alla milizia Kataib Hezbollah. Una «punizione» che doveva indurre alla calma i miliziani in cerca di vendetta per l'uccisione, lo scorso 3 gennaio, del comandante dei Pasdaran Qassem Soleimani e del leader locale Abu Mahdi al-Muhandis. I raid americani di giovedì hanno però finito per causare la morte di tre uomini dell'esercito regolare iracheno, due poliziotti e un civile, mentre cinque miliziani sono rimasti feriti.
L'escalation Le autorità di Baghdad hanno reagito con irritazione. Il presidente iracheno Barham Salih ha condannato la «violazione della sovranità irachena» e avvertito che il Paese può diventare «uno Stato fallito», di nuovo esposto alla minaccia dell'Isis. Il generale dei Marines Kenneth McKenzie, capo del Centcom, ha replicato che i raid hanno colpito «basi di terroristi» e che «non è stata una buona idea» per le forze militari irachene «posizionarsi assieme a Kataib Hezbollah». Il fronte sciita, maggioritario in Parlamento, è però tornato a chiedere al governo di trasformare in legge la richiesta di espellere le truppe statunitensi dal Paese. Gli sciiti ormai ritengono le truppe Usa un «bersaglio legittimo». Un'escalation preoccupante, frenata però da due fattori. Uno è la mancanza di un governo. Il premier Adel Abdel Mahdi è dimissionario da mesi, sull'onda delle manifestazione di massa contro corruzione e crisi economica, cominciate a ottobre. Tutti i tentativi di trovare un nuovo candidato sono andati a vuoto, per la spaccatura fra il fronte più filo-iraniano e quello che vorrebbe mantenere l'equidistanza fra Teheran e Washington. Poi c'è il movimento di protesta, in parte manipolato dal controverso imam Moqtada al-Sadr, un leader imprevedibile, che prima ha cercato di scalzare il governo, ma adesso ha assunto una posizione più prudente. Il tutto mentre la crisi economica si avvita per il crollo delle quotazioni del petrolio. Non è il momento per una guerra aperta contro gli Usa.
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