E. Benbassa e A. Rodrigue - Storia degli ebrei sefarditi
E. Benbassa e A. Rodrigue
STORIA DEGLI EBREI SEFARDITI
Einaudi, 381 pp., euro 30,40
Il 30 marzo 1492 iniziava la diaspora degli ebrei sefarditi, con la cacciata dalla Spagna decretata dai sovrani Isabella e Ferdinando.
Da allora la loro sorte è stata amara, levantinizzati nella più grande famiglia mediorientale o romanticizzati per aver difeso la propria autonomia culturale nei canti e nella lingua, la celebre 'haketia'. Esther Benbassa,
docente all'École Pratique des HautesÉtudes della Sorbona, e Aron Rodrigue, della Stanford University, hanno deciso di ripercorrequesta storia antica, fino alla fondazione dello Stato d'Israele. Il loro sforzo, una "prima" mondiale per ampiezza e profondità, è complementare a quello compiuto in Israele dagli studi scientifici sui "Mizrahim", gli ebrei orientali. La memoria è tanto più necessaria in quanto "la collettività ebraico-spagnola deve ritenersi da ogni
punto di vista scomparsa". La comunità sefardita (da Sefarad, il nome della Spagna secondo gli ebrei che vi vivevano) ha sempre vissuto di continue alleanze di corte, prima con l'Islam iberico, poi con il califfato ottomano,
che si estendeva dal Mediterraneo ai Balcani. Dopo il 1492 presero la strada che li condusse nel sud della Francia, ad Anversa, o verso l'Impero ottomano, le colonie portoghesi d'oltremare e gli instabili domini papali.
Sotto gli ottomani trovarono quiete e possibilità di ripresa, perché la sunna vietava di convertirli con la forza, delegando al potere politico il compito di regolarne la presenza tra i musulmani attraverso la "dhimma" (patto o contratto). Nelle loro peregrinazioni si portarono dietro i nomi di Sarfati, Fransez (francesi) o Harari (Montpellier). Nel 695 un ebreo era responsabile per la moneta dell'intero Islam, proprio mentre Jacob Tam, sei secoli prima di Adam Smith, poneva mano ai fondamenti della moderna economia. Sono i tesorieri di tutte le corti spagnole, del re musulmano di Granada e del Regno delle Due Sicilie. La riconquista mammelucca della Palestina, nel 1516, permise loro un lento reinsediamento con 115 famiglie a Gaza e 324 a Gerusalemme. Costantinopoli
e Salonicco divennero il cuore pulsante del mondo sefardita, come la Polonia per gli ashkenaziti. Si consumano in questo periodo, soprattutto nel Maghreb, i primi conflitti tra gli ebrei in esilio (megusarim) e quelli autoctoni (tosavim): in alcuni casi, come in Marocco, il diritto 'castigliano' s'impose
su tutti. In Turchia, ai già presenti romanioti (gli ebrei bizantini), ungheresi, ashkenaziti, caraiti e italiani, si aggiunsero nomi iberici di città o regioni. In molte città i sefarditi divennero gli addetti a mediare tra le
Compagnie del Levante, i turchi e gli arabi: erano commercianti, finanzieri, medici (i soli ad avere il diritto di sezionare i cadaveri) e traduttori, prima che la fiscalità opprimente, le brusche variazioni dei cambi e l'anarchia
continua non rendessero sempre più precaria la loro situazione. La contaminazione intellettuale fu condotta dai dotti spagnoli che portarono con sé intere biblioteche, dalle famiglie abbienti di Salonicco, come gli
Altun, che fondarono scuole di prim'ordine, mentre fermentava l'hassidismo e rifioriva l'antica scuola talmudica di Safed. E' sicuramente l'effetto più stimolante dell'esilio spagnolo, la fuga dei cabalisti iberici e l'esportazione
dello studio esoterico della Qabbalah e dello Zohar nel Mediterraneo. Quando
nasce la Federazione sionista d'Oriente, nel 1919, insieme al movimento operaista Hitahdut, si consuma la rottura, che arriverà ai giorni nostri, fra l'establishment ashkenazista e quello sefardita, "i sionisti senza sionismo" di cui parlava Meir Dizengoff, primo sindaco di Tel Aviv. La Shoah distrusse
definitivamente la presenza ebraico-spagnola nei Balcani e cancellò per sempre Salonicco, la "Gerusalemme dei Balcani". Più di centomila sefarditi provenienti da Bulgaria e Grecia, Turchia e Iugoslavia, perseguitati anche nei paesi arabi, troveranno rifugio in Israele tra il 1923 e il 1949, così che l'area
culturale sefardita si troverà trapiantata a Gerusalemme. Yoram Ortona, consigliere della comunità ebraica di Milano, fu testimone oculare del pogrom libico che costò la vita a 350 ebrei. Secondo lui la discriminante
con gli ashkenaziti è venuta meno negli ultimi anni: "Basta pensare al folklore e al risorgimento della loro cultura, alla cantante yemenita Noah, al ruolo degli iraniani Shaul Mofaz e Moshe Katzav, dell'iracheno Ben Eliezer, o all'incremento dei matrimoni misti".