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La Repubblica Rassegna Stampa
07.03.2020 Ebrei in fuga dalla Germania nazista: i romanzi di Natasha Solomons
Recensione di Susanna Nirenstein

Testata: La Repubblica
Data: 07 marzo 2020
Pagina: 13
Autore: Susanna Nirenstein
Titolo: «Una profuga a Dowton Abbey»
Riprendiamo da REPUBBLICA - Robinson di oggi, 07/03/2020, a pag.13, con il titolo "Una profuga a Dowton Abbey", la recensione di Susanna Nirenstein.

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Susanna Nirenstein

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La copertina (Neri Pozza ed.)

I nonni ebrei di Natasha Solomons fuggirono dalla Berlino nazista e raggiunsero l'Inghilterra poco prima della Seconda Guerra Mondiale: è questo il tema identitario che lei nei suoi romanzi racconta nelle declinazioni più diverse. In Mr Rosenblum's List una coppia di profughi ebrei arrivata in Gran Bretagna negli anni Trenta viene respinta dalla buona società e si deve inventare un percorso di rivalsa; l Goldbaum invece sono dedicati alle vicende splendide e però ostacolatissime della famiglia Rothschild che si snodano per tutta Europa nell'atmosfera precedente al primo conflitto. Il problema dell'antisemitismo non smette di coinvolgere la scrittrice, e del resto nell'ultimo biennio, in Inghilterra, gli episodi con questa matrice sono raddoppiati. Il passo della Solomons nell'affrontare una questione tanto complicata è particolare, pieno di levitas, di storie d'amore, di fiori, trilli d'uccello, natura rigogliosa. Chissà che così non riesca a entrare nei cuori di chi altrimenti si terrebbe alla larga da una materia così seria. A giudicare dalle vendite, la risposta è positiva. Questa volta, in Casa Tyneford, è Elise la protagonista narrante di ogni pagina. La troviamo diciannovenne a Vienna, all'indomani dell'Anschluss, l'annessione tedesca dell'Austria nel 1938. Nell'agiata famiglia ebraica Landau si respira un'aria allarmata, tanto che la madre Anna, cantante lirica affermata, e il marito scrittore Julian stanno cercando un visto per l'America che qualche grande teatro dovrebbe procurargli, e negli Stati Uniti sono in procinto di andare anche la figlia Margot e il suo sposo scienziato. Per Elise però si profila un'altra strada che in effetti tante ragazze, per quanto benestanti, dovettero percorrere: trovare un posto da cameriera in Inghilterra, poi, sono questi i programmi, i genitori le procureranno un modo per raggiungerli, magari a New York. L'approdo di Elise non è semplice, Londra le appare come «un rancido strato di fumo di carbone, immersa in un'oscurità giallognola», l'agenzia di lavoro le si para ostile davanti, e anche l'arrivo a Tyneford, la splendida magione che l'aspetta nel Dorset, quasi a picco sul mare, è ostico: dovrà pulire, lucidare, strusciare pavimenti e camini, preparare il fuoco, servire — il maggiordomo e la governante le spiegano tutto con tono gentile ma secco, mettendole in mano un grembiule bianco con crestina — e, alla fine della giornata andare a dormire in una fredda stanza nel sottotetto. Un salto nel vuoto. Fin da subito, l'omaggio a JaneEyre e a Charlotte Brontë è evidente (ma anche alla serie tv Downton Abbey). E ancor più chiaro appare quel debito quando compaiono i padroni di casa, il riservato Mr. Rivers e soprattutto il fascinoso ed esuberante figlio Kit, ambedue consci di avere davanti una persona che ha un'educazione degna di questo nome. Dunque il legame di Elise con i signori di casa Tyneford è destinato a cambiare: fino a che punto è da vedere. A creare altre tensioni sono le notizie da Vienna: i genitori di Elise non riescono a lasciare l'Austria. Mentre la sorte degli ebrei precipita. L'assetto del romanzo è questo. Solomons, con passo leggero, rosa, ci fa sentire il fragore delle scogliere, i cinguettii, popola le scene di nuovi personaggi, intesse i rapporti, organizza feste nella villa, fa partire soldati I giovani della zona, incendia nuovi amori, di tanto in tanto ritira fuori la problematica ebraicità di Elise. Non mancheranno le morti, i lutti, l'incedere della Storia. Così come non mancherà la requisizione da parte dell'esercito di Tyneford, che è stata poi la scintilla di tutto il romanzo: fu andando nella tenuta di Tyneham, confiscata dal ministero della Guerra nel 1943 e diventata un luogo fantasma, che Solomons decise di scrivere il romanzo. Sulla porta della chiesa gli abitanti del paese avevano scritto un cartello rivolto alle forze armate: «Vi preghiamo di mostrare riguardo: abbiamo lasciato le abitazioni (...) per dare il nostro contributo alla vittoria della guerra per la libertà. Un giorno torneremo e vi ringrazieremo per aver trattato bene il villaggio». Le cose non andarono come i paesani e i signori di Tyneham avevano sperato. Di quei luoghi non ci sono che macerie, li ha ricostruiti per noi, vivi e vivaci, la fantasia della Solomons.

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