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Informazione Corretta Rassegna Stampa
02.03.2020 IC7 - Il commento di Diego Gabutti: Il passo dell’oca dell’internazionalsocialismo
Dal 24 al 29 febbraio 2020

Testata: Informazione Corretta
Data: 02 marzo 2020
Pagina: 1
Autore: Diego Gabutti
Titolo: «IC7 - Il commento di Diego Gabutti: Il passo dell’oca dell’internazionalsocialismo»
IC7 - Il commento di Diego Gabutti
Dal 24 al 29 febbraio 2020

Il passo dell’oca dell’internazionalsocialismo

Risultato immagini per sinistra

Un primo segno, purtroppo trascurato, fu quando nelle rubriche giornalistiche col mignolino alzato dei giornali de sinistra qualcuno cominciò a vantare la «superiorità antropologica» del progresso sulla reazione, del postcomunismo chic sulle grossolanità del liberalismo rozzo e volgare. C’era stata un’improvvisa evoluzione della specie: all’homo superior era cresciuta, segno di Herrenvolk se mai ce n’è stato uno, una sorta di terza narice metafisica (come ai mutanti, nei romanzi di fantascienza, crescono dietro le orecchie due antennine ad usum telepatico) e all’homo inferior e infimus non restava perciò che uscire umilmente di scena. Doveva farsi indietro, ritirarsi dalle competizioni elettorali, andare a processo (in tribunale e nei talk show) per reati imperscrutabili, come capita a Josef K. nel Processo, e stare insomma al suo posto: due gradini sotto l’uomo. Non era un fenomeno soltanto italiano (come oggi il «coronavirus», emergenza soprattutto locale per la consuetudine, tipica della nostra nomenklatura politica e intellettuale, di non gettare acqua ma benzina sul fuoco quando scoppia un incendio).

Ovunque la sinistra post-sovietica, crollato il Muro di Berlino, cercasse scampo dalle sventure, la specie progressista si evolveva, ogni giorno più superior, ogni giorno più sciccosa. Soltanto un attimo prima inneggiava all’industria pesante e adesso eccola lì a celebrare green economy e decrescita felice. Aveva tifato, settant’anni di fila, per l’Unione sovietica, l’unico paese al mondo in cui servisse un passaporto anche per viaggiare all’interno del territorio nazionale, e adesso era diventata la paladina del globalismo hard: via le frontiere, libera circolazione di merci e persone, Erasmus e barconi ÜberAlles. Indifferente, quand’era l’ora, alle tribolazioni degli insorti di Berlino, di Budapest e di Praga, normalizzati a cannonate dall’Armata rossa, si commuoveva fino alle lacrime per la triste sorte dei palestinesi, vittime dei criminali di guerra (o meglio, dei neonazisti) israeliani. Più che una conversione al perbenismo politico, era un carnevale, una grottesca rifondazione ideologica, ma guai a farglielo notare. Se soltanto provavi a guastarle la festa, anche solo mettendola sul ridere, la sinistra tornava a mostrare i denti e a sfoderare gli artigli, come prima dell’epifania ecumenica e pacifondaia, quando da una parola in su faceva un fischio all’Armata rossa e ai partiti fratelli (adesso, definitivamente esaurita ogni residua «forza propulsiva», come sospirava ai suoi tempi Berlinguer, chiamava al soccorso Repubblica e la magistratura). Due specie, dunque, e specie separate, destinate a non comunicare mai più tra loro, come nella Macchina del tempo di H.G. Wells: gli Eloi (biondi, fragili, gentili) e i Morlocchi (bestiali, mostruosi, cannibali). A sinistra gli Eloi, seduti composti all’ora del tè, e a destra i Morlocchi, che ignorano i deodoranti e mangiano carne umana con le mani. Non è una semplice allucinazione della politica, e non è nemmeno un normale salto della quaglia, di quelli che in politica sono sempre all’ordine del giorno, come ci si potrebbe forse consolare. Questa volta è peggio. Chi sente odore di antisemitismo e di guerra al giudeo può senz’altro fidarsi del proprio naso. Perché proprio di questo si tratta. È come se le classiche formule antisemite, che a lungo sono state applicate in via esclusiva agli ebrei, poi ai «sionisti» e al «Reich israeliano», fossero d’un tratto cresciute a giudizio globale. Cambridge e Harvard mettono all’indice Shakespeare e Mark Twain (imperialisti, razzisti, sessisti) esattamente come gli hitleriani bruciavano in piazza i libri scritti da autori ebrei e «giudaizzanti». Dietro il#MeToo, come nelle illustrazioni della stampa antisemita di fine Ottocento, c’è inconfondibilmente il giudeo ghignante e naso beccuto che seduce e prostituisce le fanciulle ariane.

Quando la sinistra benpensante pronuncia, con una smorfietta schifata, la parola «ricco», o quando Pierluigi Bersani dà spregiativamente del «miliardario» a Berlusconi, ci sono dentro secoli e secoli d’immaginario antisemita, di pregiudizi, di falsi protocolli, di pogrom, di jihad, di difese della razza, di EndlösungderJudenfrage, di leggi speciali, di processi di Mosca. C’è dentro, in buona sostanza, e per venire al nocciolo, la «superiorità antropologica» di cui cominciarono anni fa a vantarsi –e fu un primo segnale d’abominio, che purtroppo abbiamo trascurato – le rubriche giornalistiche col mignolino alzato dei giornali de sinistra, pomposi e buonisti. Quello del primato antropologico non era semplicemente il sogno di uomini ridicoli, come sembrò un po’ a tutti, misurati e pesati i sognatori. Erano incubi politici, invece. Era delirium tremens intellettuale. Era il passo dell’oca dell’internazionalsocialismo.

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Diego Gabutti

takinut3@gmail.com

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