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La Stampa - Il Foglio Rassegna Stampa
29.02.2020 Idlib, Siria: è guerra aperta tra Erdogan e Assad. E la Russia non sta a guardare...
Cronaca della Stampa, analisi di Daniele Raineri

Testata:La Stampa - Il Foglio
Autore: Daniele Raineri
Titolo: «Guerra totale a Idlib, strage di soldati. La Turchia spinge i profughi in Europa - La Russia accelera la crisi in Siria per inondare l'Ue di profughi»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 29/02/2020, a pag. 12, la cronaca "Guerra totale a Idlib, strage di soldati. La Turchia spinge i profughi in Europa"; dal FOGLIO a pag.1 l'analisi di Daniele Raineri "La Russia accelera la crisi in Siria per inondare l'Ue di profughi".

Ecco gli articoli:

LA STAMPA: "Guerra totale a Idlib, strage di soldati. La Turchia spinge i profughi in Europa"

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Idlib, Siria

La guerra a bassa intensità fra Turchia e Siria si trasforma in un conflitto aperto, con centinaia di soldati morti e decine di carri armati e pezzi di artiglieria distrutti. E le conseguenze si riversano sull'Europa perché, dopo aver perso 33 soldati in solo raid dell'aviazione di Damasco, e 56 in meno di un mese, Recep Tayyip Erdogan allenta i controlli alle frontiere e minaccia Bruxelles con un fiume di rifugiati siriani, come nel 2015, quando un milione di persone si riversò sulle coste della Grecia. 
Un assaggio si è già visto ieri, con alcuni gommoni carichi di profughi diretti verso le isole dell'Egeo. Il riesplodere della crisi è dovuto anche alla difficile posizione della Turchia sul fronte siriano. Ha promesso agli alleati ribelli di riconquistare i territori perduti negli ultimi due mesi, e di spingere la linea di demarcazione con il regime a dov'era prima, in base agli accordi di Astana di fine 2018. Ma si trova di fronte, oltre all'esercito governativo di Bashar al-Assad, anche l'aviazione e le forze speciali russe, impegnate in una campagna di annientamento dei gruppi di opposizione, soprattutto jihadisti, che hanno nella provincia di Idlib la loro ultima roccaforte.
Dal 19 dicembre, quando è scattata l'offensiva del regime, i ribelli hanno perso metà degli 8 mila chilometri quadrati che controllavano a Idlib, e nelle confinanti Aleppo e Hama. In un territorio dimezzato, poco più grande della Valle d'Aosta, sono stipate oltre 3 milioni di persone, compresi 980 mila profughi fuggiti dalle loro case negli ultimi due mesi e accampati nelle tende e sotto gli ulivi. Ieri Ankara ha deciso di allentare i filtri, e in migliaia di sono incolonnati verso i posti di frontiera. Una forma di pressione verso l'Ue e la Nato, per strappare un sostegno. Erdogan vuole i sistemi anti-aerei Patriot per fermare i cacciabombardieri siriani, nella prospettiva di imporre una no-fly-zone su tutto il Nord-Ovest della Siria. Il problema è che una no-fly-zone c'è già, quella garantita dai russi, un ombrello che ha permesso ad Assad di avanzare.
Per contrastare le forze del regime la Turchia ha fornito ai ribelli blindati, missili anti-tank e anti-aerei Stinger. Con l'appoggio massiccio dell'artiglieria i gruppi controllati da Ankara e alleati jihadisti hanno negli ultimi tre giorni riconquistato la cittadina strategica di Saraqib, alla congiunzione delle autostrade Lattakia-Aleppo e Damasco-Aleppo. È il primo serio rovescio subito da Assad dal 19 dicembre. La reazione è stata affidata soprattutto ai raid dei cacciabombardieri Su-24 siriani e Su-34 russi, che hanno scatenato l'inferno sulle postazioni ribelli, ma anche su quelle turche, perché in questa fase l'esercito di Ankara, combatte di fatto al fianco dei militanti. E questo spiega il massacro.
La rappresaglia turca è stata pesantissima. Il ministro della Difesa Hulusi Akar ha precisato che l'artiglieria e i droni armati turchi hanno distrutto «5 elicotteri, 23 tank, 23 cannoni, due sistemi di difesa anti-aerea» e «neutralizzato», cioè ucciso e ferito «309 soldati del regime siriano». Un'ulteriore carneficina che ha spinto Putin a chiamare Erdogan. I due hanno concordano di fare ogni sforzo possibile per «soddisfare l'accordo iniziale sulla zona demilitarizzata di Idlib» e si vedranno probabilmente il 6 marzo a Mosca. Il ministro degli Esteri Lavrov, che ha porto le «condoglianze» per i militari ma ha anche puntualizzato che dovrebbero «restare all'interno delle basi di osservazione» e non mischiarsi ai ribelli.
La rottura è stavolta difficile da sanare, e ieri sera si è riunito il Consiglio di sicurezza dell'Onu. A scanso di equivoci Mosca ha inviato nel Mediterraneo, attraverso i Dardanelli, due fregate con missili Kalibr, in grado di colpire fino a 1500 chilometri di distanza. E anche la Nato, riunita di urgenza su richiesta di Ankara, è in allarme Il segretario generale Jens Stoltenberg ha chiamato il ministro degli Esteri turco Cavusoglu e ha condannato «i raid aerei continui e indiscriminati del regime siriano e della Russia». Nel frattempo la Bulgaria ha inviato mille soldati al confine per fermare un'eventuale ondata migratoria, mentre il premier greco Kyriakos Mitsotakis ha detto che «non saranno tollerati ingressi illegali». Ankara ha poi ammorbidito i toni e precisato, con il portavoce del ministero degli Esteri turco Hami Aksoy «non c'è alcun cambiamento nella politica verso i migranti».

IL FOGLIO - Daniele Raineri: "La Russia accelera la crisi in Siria per inondare l'Ue di profughi"

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Daniele Raineri

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Idlib, Siria

Roma. La crisi siriana crea di nuovo una pressione pericolosa verso l'Europa. Non è una svolta inaspettata, anzi era molto prevedibile che si arrivasse a questo punto. Da due mesi le forze militari del rais Bashar el Assad avanzano da sud grazie all'appoggio dei bombardieri russi nella regione di Idlib, che è l'ultima a non essere finita di nuovo sotto il controllo del regime, confina con la Turchia ed è diventata l'ultimo rifugio per circa tre milioni di civili che sul breve termine scappano dalle bombe e sul medio termine scappano dagli assadisti. La Turchia cerca un accordo con la Russia, vorrebbe che l'avanzata si fermasse e che una striscia di territorio fosse risparmiata — per sistemarci i siriani in fuga, che sono sempre più compressi fra il muro di confine turco e il fronte che avanza. C'era un accordo di massima, ma la Russia ha cambiato idea e non parla più di aree da risparmiare, anzi ha accelerato il sostegno all'avanzata assadista. Dal punto di vista della strategia del Cremlino, una nuova ondata di profughi siriani che tracimasse dal confine e cercasse di raggiungere l'Europa sarebbe un fatto vantaggioso, perché tutti ricordiamo cosa successe nel 2015 con la prima ondata. I partiti della destra europea cavalcarono l'emergenza e salirono molto nei sondaggi, vedi per esempio i nazistoidi dell'AfD in Germania — e sono gli stessi partiti che dichiarano un attaccamento ideologico alla Russia di Putin. E' la strategia del caos, che prende forme diverse a seconda del paese preso di mira. In America è stato il sostegno a Trump nel 2016, in Europa è creare lo sfacelo umanitario alle sue porte. La Turchia in questi mesi ha opposto una resistenza militare sempre più aperta, fino al punto di inviare carri armati e di usare missili terra-aria a fianco dei gruppi armati di Idlib — che sono dominati da estremisti islamici pericolosi. Nelle ultime settimane i turchi, con i droni, hanno fatto strage di mezzi corazzati e soldati di Assad. Giovedì sera però un bombardamento aereo ha ucciso in un colpo solo 33 soldati turchi mandati a Idlib. Il presidente turco Erdogan ha scelto la strada della reazione dura. Minaccia di aprire un fronte di guerra ufficiale contro Assad a Idlib, ma sarebbe come dichiarare guerra anche alla Russia. Allora ha coinvolto l'Europa con un messaggio chiaro: se continuate a fare finta di nulla sulla crisi siriana annullo il patto che ho stretto con voi (prevedeva che la Turchia facesse da barriera ai migranti che tentano di raggiungere l'Europa da est e in cambio riceve finanziamenti Ue). E ha ordinato ai media di stato di filmare i primi siriani subito trasportati al confine con la Grecia. Erdogan vuole un patto con la Russia, l'Europa dovrebbe mediare se non vuole una escalation in Siria e una possibile, nuova ondata di profughi.

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