IC7 - Il commento di Davide Romano: Chi non vuole la pace? Dal 17 al 22 febbraio 2020
Testata: Informazione Corretta Data: 24 febbraio 2020 Pagina: 1 Autore: Davide Romano Titolo: «IC7 - Il commento di Davide Romano: Chi non vuole la pace?»
IC7 - Il commento di Davide Romano
Dal 17 al 22 febbraio 2020
Chi non vuole la pace?
Anabta, cittadina nei territori contesi
I politici amano partecipare ai "processi di pace". Partono con l'idea di risolvere i problemi del mondo. Poi le trattative si protraggono, il tempo passa, le elezioni si avvicinano. E loro hanno bisogno delle prime pagine dei giornali. Per questo spesso si fanno prendere dalla smania di raggiungere l'accordo a tutti i costi, perdendo per strada l'obiettivo vero. E' successo tante volte in Medio Oriente (pensiamo solo al trattato obamiano sul nucleare iraniano) di preferire le scorciatoie ai risultati veri. Quanto è stato più facile stringere la mano di Arafat (storicamente sponsorizzato dal blocco sovietico e dal blocco arabo), invece che parlare con i sindaci palestinesi del territorio che conoscevano le esigenze dei propri cittadini? Ma la pace vera, si fa partendo dal basso. Con i palestinesi, non con i loro dittatori. Per questo di fronte ai grandi scenari che i politici amano affrontare per sentirsi importanti, è più opportuno analizzare cosa succede sul campo: Hamdallah Hamdallah, sindaco palestinese della città di Anabta, in Cisgiordania, è stato recentemente costretto a dimettersi dopo aver subito pesanti attacchi da Hamas, Jihad islamica e Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (quest'ultimo fa parte dell'OLP). La sua colpa? avere partecipato a una conferenza con rappresentanti israeliani a Tel Aviv, il cui scopo era esprimere sostegno alla soluzione a due stati e il rifiuto del piano di pace di Trump. Questa notizia non è andata sulle prime pagine dei giornali perché ritenuta secondaria, rispetto ai cosiddetti "grandi scenari". Ma invece è proprio da qui che bisognerebbe ripartire se si vuole parlare di pace. Ovvero il fatto che un sindaco palestinese eletto, e che quindi tocca con mano le esigenze dei propri cittadini, venga "sfiduciato" da terroristi che hanno un loro progetto (la distruzione di Israele) che se ne infischia del paese reale in cui vivono. Non è un caso che gli avversari del sindaco Hamdallah una volta al potere non hanno più permesso le elezioni. A loro del parere dei propri connazionali non interessa nulla. Preferiscono il potere a vita. Per questo è importante che i palestinesi votino ogni 4 anni. Perché solo chi deve rispondere ai propri elettori ha il dovere di portare a casa risultati, e capisce il senso del compromesso. Altrimenti avremo sempre e solo leadership palestinesi tanto fanatiche quanto snob. E che faranno di tutto per stare alla larga dal "pericolo" del voto elettorale che potrebbe mettere a nudo i loro fallimenti di fronte agli elettori.
Davide Romano Conduttore televisivo, scrittore, collabora conLa Repubblica- Milano Già Assessore alla Cultura della Comunità ebraica di Milano
P.S. Senza fare paragoni impropri, anche in Italia è capitato di votare in massa per un partito ideologico. Poi i nostri connazionali hanno capito di avere sbagliato, e corretto il tiro. Solo quando i palestinesi avranno diritto a giudicare l'operato dei propri governi, potremo avere le basi per un dialogo. Insomma, quando anche i rappresentanti palestinesi siederanno al tavolo delle trattative dovendo portare a casa (come gli israeliani) miglioramenti per i propri cittadini, allora e solo allora una pace vera sarà possibile.