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Giuliana Iurlano
Antisemitismo Antisionismo
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Ida Nudel, eroina refusenik, per sempre israeliana 23/02/2020
Ida Nudel, eroina refusenik, finalmente israeliana
Ritratto di Giuliana Iurlano

Risultato immagini per Ida Nudel
Ida Nudel

“Non cerco colpe nella Russia, non cerco colpe nel popolo russo. Sono nata qui e qui ho vissuto per quarant’anni: nessuno può privarmi della mia infanzia. della mia giovinezza o della maturità. Ma appartengo anche a un’altra terra, che rappresenta il sogno del mio popolo – un popolo antico, saggio e furioso il cui destino è il martirio. Non descriverò come siamo stati perseguitati, bruciati, sradicati. Voglio parlare di qualcosa di diverso, di come, sollevato il capo, la mia gente lentamente ma senza posa sta raggiungendo la schiera degli altri popoli della terra. Non tutti ci vogliono riconoscere per ora, non tutti sono felici di sapere che ci uniamo a loro come eguali, ma ci stiamo risollevando, nonostante tutto. Perché non potremmo fare altrimenti. Gli ebrei provenienti da tutti i paesi del mondo si stanno riunendo nella loro madrepatria”. Con queste parole, il 12 settembre 1971, Ida Nudel protestò contro il suo licenziamento perché ebrea e, soprattutto, perché aveva cominciato ad intraprendere la strada di attivista per sostenere il diritto degli ebrei sovietici di tornare nella loro patria ebraica. La storia di Ida Nudel è emblematica della lunga battaglia dei “refusenik”, in russo definiti “otkaznik”. Ida aveva perso i nonni materni, gli zii e cinque cugini piccoli in Crimea, durante l’invasione nazista dell’Unione Sovietica, annientati in una camera a gas mobile piazzata sulla strada che conduceva a una discarica dove i nazisti avevano poi gettato i loro corpi. Col tempo, aveva gradualmente compreso la gravità dell’antisemitismo che permeava la società sovietica, soprattutto dopo il disperato tentativo di un piccolo gruppo di ebrei, che, nel giugno del 1970, aveva tentato di dirottare un aereo per lasciare l’Unione Sovietica. Da quel momento, Ida cominciò a scrivere di continuo lettere agli ebrei detenuti perché condannati dopo processi farsa, tanto da essere definita l’“angelo di Sion”; cercò in tutti i modi di mettere in contatto i correligionari e di condividere con loro tutte le notizie che riusciva ad avere dall’estero. Ida Nudel, così, divenne un simbolo di riscatto e di lotta, ma anche il peggior pericolo per le autorità sovietiche, che cominciarono a perseguitarla in ogni modo, mettendole alle costole i “controllori”, cioè gli agenti del KGB, che la seguivano passo dopo passo, intercettavano le sue conversazioni telefoniche e la spiavano continuamente attraverso un buco nel soffitto della sua casa di Mosca. I “refusenik”, dopo aver presentato la richiesta del visto di espatrio, erano condannati alla “tortura dell’incertezza”: per anni, essi non sapevano per quanto tempo avrebbero dovuto attendere prima di partire e, intanto, scrivevano lettere di protesta alle autorità, organizzavano scioperi della fame o esponevano, dalle finestre delle proprie abitazioni, cartelli con scritto in russo e in ebraico “Lasciateci andare in Israele”. Ida Nudel, arrestata diverse volte, fu poi esiliata in Siberia e, al suo ritorno a Mosca, le fu negato il permesso di residenza nella città in cui aveva la sua casa, ma anche in molte altre città sovietiche. Tuttavia, la mobilitazione internazionale – a cui lei stessa, insieme agli altri “refusenik”, aveva contribuito – raggiunse un livello molto alto e il 15 ottobre 1987, dopo quindici anni di lotta contro il sistema sovietico, poté partire alla volta di Israele;come lei stessa dichiarò nella sua autobiografia (A hand in the darkness: the autobiography of a refusenik, Warner Books, Inc., 1990, trad. it. Una mano nel buio, 1993), fu finalmente “liberata” dalla schiavitù di un sistema totalitario e le fu consentito di ritornare “a casa”.


Giuliana Iurlano è Professore aggregato di Storia delle Relazioni Internazionali presso l'Università del Salento. Collabora a Informazione Corretta


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