Sul libro di Paul Berman, Terrore e liberalismo,uscito in questi giorni da Einaudi, pubblichiamo questa recensione di Christian Rocca uscita sul Foglio del 12 aprile 2003, quando il libro è apparso in USA.
Ne raccomandiamo caldamente la lettura.
Titolo del Foglio:
Paul Berman, il Kagan di sinistra, spiega che questa è una guerra antifascista
12 aprile 2003, il foglio
Il Robert Kagan della sinistra si chiama Paul Berman, ed è un colto intellettuale
della Nuova Sinistra americana. Ha il pedigree corretto, scrive per Dissent
e per il magazine del New York Times ma anche per New Republic e Slate.
Qualche anno fa fece un libro molto importante sulla generazione del 1968.
Ora ne ha scritto un altro che, appunto, è considerato fondamentale per
il futuro della sua parte politica, almeno quanto lo studio di Kagan lo
è stato tra i neoconservatori. Il libro si intitola "Terror and Liberalism"
(Norton, 21 dollari). Il tema è quello della sinistra e della guerra al
terrorismo. O, meglio, dell'errore che ha commesso la sinistra liberal di
fronte alla strategia islamica del terrore. Lo studio di Berman è di taglio
filosofico e storico, ed è volto a dimostrare come la guerra al terrorismo
non sia una guerra imperialista né uno scontro di civiltà, ma una nuova
fase della guerra che scoppiò in Europa più di ottanta anni fa e che non
è mai finita. E' una guerra antifascista, una guerra di sinistra.
Berman sostiene che il fondamentalismo islamico e il socialismo di Saddam
Hussein siano la continuazione morale, ideologica e storica dei movimenti
totalitari del ventesimo secolo. Anche il fascismo e il comunismo, tra l'altro,
sono stati alimentati dalla difficoltà della sinistra liberal di comprendere
la natura irrazionale di quei movimenti. La medesima cecità che imperversa
oggi e che, inspiegabilmente, vede alleate la sinistra e i realisti di destra
kissingeriana.
Per liberalismo, Berman intende l'arco politico e filosofico che va dall'opposizione
alla Seconda guerra mondiale dei socialisti francesi, all'odierno anti interventismo
della sinistra europea e americana, fino al "realismo" dei governi europei
e dell'establishment diplomatico statunitense. Costoro, si legge nel libro,
sono convinti che i popoli agiscano sempre razionalmente nel proprio interesse.
Sostengono che il conflitto sia sempre uno scontro tra interessi, cosicché
se compaiono movimenti di massa che usano la violenza come strumento di
lotta, ci dovrà pur essere un motivo, un torto, un'ingiustizia, e quindi
o lo sfruttamento dei poveri da parte dei ricchi o l'umiliazione da parte
dei potenti. Secondo quest'ottica, più la violenza è senza senso, cioè più
la brutalità si dispiega contro chi non ha altra colpa se non quella di
trovarsi per caso in una Torre gemella o in una strada di Gerusalemme, o
magari di essere ebreo o addirittura una donna che osa mostrare la sua faccia,
più si dimostra che questi criminali sono usciti fuori di cranio per colpa