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La Repubblica Rassegna Stampa
20.02.2020 Iran al voto ma non cambierà nulla, ecco perché
Commento di Giampaolo Cadalanu

Testata: La Repubblica
Data: 20 febbraio 2020
Pagina: 15
Autore: Giampaolo Cadalanu
Titolo: «Iran, nella sfida fra i conservatori vincono già i ribelli del non voto»
Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 20/02/2020, a pag.15, con il titolo "Iran, nella sfida fra i conservatori vincono già i ribelli del non voto", la cronaca di Giampaolo Cadalanu.

Perché la maggioranza degli iraniani non andrà neanche a votare nelle elezioni per il rinnovo del parlamento di Teheran? Il motivo è semplice: tutti i candidati sono selezionati dagli ayatollah, che compongono il clero sciita estremista che guida il Paese. La differenza quindi tra "radicali" e "moderati" - come vengono definiti in occidente con una terminologia fuorviante - è minima. Gli elettori iraniani lo sanno perfettamente e per questo non vanno a votare: la loro scelta è esclusivamente formale e non ha alcuna conseguenza concreta. A governare l'iran non è una democrazia, ma una teocrazia.

Ecco l'articolo:

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Giampaolo Cadalanu

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La teocrazia iraniana spiegata: "Voi votate, Dio decide"

Nella sala riunioni della moschea Imam Sadeq l'unico momento di delusione è quando lo speaker annuncia che Mohammad Bager Qalibaf, ex sindaco di Teheran e star dei conservatori, «è stato trattenuto in una riunione particolare». Lo capiscono tutti: «particolare» vuol dire che si parla di sicurezza. Così, a parte pochi malumori, la presentazione della lista "Iran a testa alta" va avanti con discreto affollamento e persino momenti di entusiasmo. È un appuntamento importante per i conservatori, in vista del voto per il rinnovo del Parlamento, domani. Il loro uomo di punta è sostenuto dai Pasdaran, con buone possibilità di diventare presidente dell'assemblea, e potrebbe rendere ancora più difficile la vita al presidente Hassan Rouhani, quanto meno per l'anno che manca alla fine del suo mandato. Con le fila decimate dai "veti" arrivati a migliaia dal Consiglio dei Guardiani, che ha dimezzato le candidature ed escluso oltre settemila nomi, i riformisti si avviano a un molo marginale. Sono in tanti gli analisti che concordano: il voto per rinnovare i 290 seggi del Majlis sarà una corsa riservata a conservatori e ultrà, che nella lista di Qalibaf si presentano uniti. Così la serata elettorale vicino alla piazza Palestina è piena di sorrisi. Quanto meno, sembrano euforici gli intervenuti e mostra allegria anche un grande ritratto di Qalibaf. Le altre immagini esposte, quelle dei padri e dei martiri della patria, indicano la nuova tappa della Rivoluzione islamica con la severità di sempre. Sono l'ayatollah Khomeini, la Guida suprema Khamenei, e il nuovo simbolo del sacrificio, il generale Qassem Soleimani. Con queste benedizioni, i conservatori si avviano a stravincere, con slogan che parlano di fermare l'inflazione e calmierare i prezzi. A meno che non sia l'astensione a segnalare che una grossa fetta del Paese resta scontenta. Sondaggi non ufficiali arrivano a segnalare che nella capitale due terzi degli elettori vogliono restare a casa. E di fronte ai tiepidi incoraggiamenti al voto dei riformisti, presidente Rouhani compreso, a stimolare la partecipazione è sceso in campo anche Ali Khamenei. La Guida suprema ha ricordato che votare «non è solo una responsabilità nazionale e rivoluzionaria, è anche un dovere religioso», e un'alta affluenza alle urne «mostrerà l'unità della Repubblica islamica di fronte ai nemici». Chi non fa il suo dovere elettorale, in altre parole, è complice degli Stati Uniti che «vogliono influenzare l'elezione». Per questo la riunione dei radicali è una serata di impegno politico e di preghiera. Dopo la proiezione di immagini storiche e dell'elogio di Khamenei alla memoria del generale assassinato da un missile, è il momento di una poesia sul dodicesimo imam, il Mahdi nascosto da oltre mille anni, che tornerà a mostrarsi assieme a Gesù per portare la pace nel mondo. «Faremo un tappeto di fiori per il tuo ritorno», recita il poeta. E non appare incongruo nemmeno il piccolo drone che si libra per riprendere la folla, perché secondo alcuni studiosi dell'islam sciita, l'imam nascosto si gioverà delle moderne tecnologie. Accanto al richiamo religioso, però, c'è quello concreto. Bisogna vincere bene, senza diserzioni: «Ognuno di noi deve portare dieci persone a votare», invita l'ingegner Mehdi Chamran, nome di rispetto fra gli ultraconservatori, anche perché fratello di un martire della guerra con l'Iraq. Non c'è distinzione fra l'appello al voto e il richiamo alla fede nemmeno nel discorso del conduttore tv Abbas Nejad, che invita chi appoggia la lista ultrà ad alzare la mano destra, poi, deluso dalla mancata unanimità, invita allo stesso gesto «tutti coloro che amano la propria mamma». Lo stile è quello televisivo, ma prima di ogni pausa c'è un riferimento al Profeta, così che diventi spazio perché i sostenitori ripetano la frase rituale di lode, «Che la pace sia sudi lui». A intonare l'augurio sono famiglie intere: donne con il velo che non lascia fuori nemmeno un capello, uomini con la barba e il colletto della camicia chiuso, ma senza cravatta. E' quasi un'uniforme per i conservatori, e il codice di abbigliamento non risparmia nemmeno le bambine, velate sin da piccole al contrario delle coetanee. Velate al completo sono anche le donne parenti dei caduti. Al cimitero dei Martiri, poco lontano dal mausoleo di Khomeini, Maryam è venuta a ricordare suo marito Navid, ucciso a un anno dal matrimonio in Siria nei pressi di Deir Ezzor durante una battaglia con l'Isis. «Certo che andrò a votare, è mio dovere. Non è in gioco solo il destino del Paese, ma di tutto l'Islam. E il popolo iraniano è pronto al sacrificio, perché senza martiri si diventa schiavi.». Shireen invece nel cimitero ha due cognati, caduti nella guerra contro l'Iraq: «Andrò a votare, in omaggio al loro sacrificio. Non so se sarebbero contenti oggi di com'è l'Iran, e dei politici. Noi dobbiamo scegliere quelli giusti, ma poi del loro comportamento dovranno rispondere a Dio».

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