Un remake della guerra di Crimea?
Commento di Michelle Mazel
(Traduzione di Yehudit Weisz)
Quasi due secoli fa, durante la guerra di Crimea, l'impero ottomano, sostenuto in particolare da Francia e Inghilterra, aveva affrontato la Russia. Cosa sta succedendo oggi in Siria, e più precisamente nella regione di Idlib? Le Monde del 13 febbraio dedica a questo tema il suo editoriale: “Tre milioni di civili si trovano schiacciati tra 20.000 combattenti ribelli, principalmente jihadisti, sostenuti dalla Turchia, e le forze governative aiutate dai bombardamenti russi che non risparmiano né ospedali né scuole né mercati, secondo un metodo già sperimentato da Vladimir Putin in Cecenia. Il regime di Bashar Al-Assad sta completando il sanguinoso lavoro di riconquista del suo territorio.” L'editoriale sembra mettere sotto accusa la barbarie dei russi. Tuttavia, in un altro articolo pubblicato lo stesso giorno, si può leggere che " mercoledì 12 febbraio, il Presidente turco, Recep Tayyip Erdogan ha dichiarato di essere pronto a colpire le forze del regime di Damasco ‘ovunque’ se le posizioni della Turchia nella regione di Idlib saranno di nuovo sotto attacco.”
Bashar al Assad
Questa sobria osservazione è seguita da un'accurata analisi della situazione, come questo grande quotidiano sa fare. Tuttavia, a ben cercarla, manca la minima condanna delle minacce fatte dal sultano di Ankara contro un Paese vicino, sulla base del fatto che il detto vicino si oppone ad una presenza militare turca in casa propria. La regione di Idlib infatti è in Siria, non in Turchia. Inoltre, è la presenza di 20.000 ribelli jihadisti sostenuti dalla Turchia a mettere in pericolo i tre milioni di abitanti della regione. Si sa bene che il rispetto dell'integrità territoriale di un Paese sovrano non sia una preoccupazione fondamentale per i leader turchi. Si è già visto a Cipro, lo vediamo anche in Libia. E’ meno comprensibile l’atteggiamento dei Paesi occidentali, che evitano accuratamente di schierarsi. A priori, i jihadisti non sono anche i loro nemici? E allora perché non condannano la Turchia? Oltretutto, questo Paese è ben un membro della NATO, il cui statuto specifica che "Le parti si impegnano a risolvere con mezzi pacifici tutte le controversie internazionali in cui potrebbero essere coinvolte, in modo che la pace e la sicurezza internazionali, nonché la giustizia, non siano messe in pericolo e ad astenersi nelle loro relazioni internazionali a ricorrere alla minaccia o all'uso della forza, assolutamente incompatibili con gli scopi delle Nazioni Unite ”. Che questa mancanza di condanna non sia conseguente alla questione dei rifugiati? Il Presidente Erdogan, che riceve milioni di dollari dall'Europa per arginare la marea dei richiedenti asilo, potrebbe allentare un po’ il suo controllo se l'Europa si permettesse di fargli delle rimostranze. È più facile criticare la Russia, che non fa parte dell'Alleanza Atlantica, e di cui essa è il principale nemico. Solo che lei interviene su richiesta di Bashar Assad, che è il Capo del governo legittimo della Siria e che, a priori, possiamo comprendere desideri solo ripristinare la propria autorità su tutto il territorio e porre fine a nove anni di guerra civile. Si obietterà che è un leader assetato di sangue, che ha fatto centinaia di migliaia di vittime tra la sua stessa popolazione. È vero, ma non è per difendere questa popolazione che la Turchia, che non è certo più tenera con il proprio popolo, manda i suoi veicoli blindati oltre confine.
Michelle Mazel scrittrice israeliana nata in Francia. Ha vissuto otto anni al Cairo quando il marito era Ambasciatore d’Israele in Egitto. Profonda conoscitrice del Medio Oriente, ha scritto “La Prostituée de Jericho”, “Le Kabyle de Jérusalem” non ancora tradotti in italiano. E' in uscita il nuovo volume della trilogia/spionaggio: “Le Cheikh de Hébron".
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