Arabi israeliani: nessuno vuole uno Stato palestinese, preferiscono la democrazia israeliana Commento di Giordano Stabile
Testata: La Stampa Data: 05 febbraio 2020 Pagina: 10 Autore: Giordano Stabile Titolo: «La rivolta dell'enclave araba: 'Vogliamo restare con Israele'»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 05/02/2020, a pag.10, con il titolo "La rivolta dell'enclave araba: 'Vogliamo restare con Israele' ", la cronaca di Giordano Stabile.
A destra: un arabo israeliano al voto durante un appuntamento elettorale
Bene fa Giordano Stabile a ricordare che gli arabi israeliani - cittadini dello Stato ebraico a tutti gli effetti e con tutti i diritti - in grande maggioranza vogliono rimanere sotto il governo israeliano. Sanno bene, infatti, che Israele è l'unico Paese in Medio Oriente in cui è in vigore la democrazia, a Ramallah c'è una dittatura mentre a Gaza i terroristi di Hamas tengono sotto controllo le vite di milioni di persone senza diritti. Nei Paesi arabi circostanti, infine, la situazione non è molto migliore.
Ecco l'articolo:
Giordano Stabile
Il piano di pace americano è stato respinto in blocco dai palestinesi, che temono di ritrovarsi alla fine con un «mezzo-Stato», amputato di gran parte dei territori della Cisgiordania. Ma ci sono anche palestinesi che del futuro Stato non vogliono far parte e temono di essere staccati da Israele nelle future trattative. È il caso di Umm al-Fahm, una cittadina arabo-israeliana in cima a una collina nel Nord del Paese, 50 mila abitanti, citata a pagina tredici della corposa proposta di Donald Trump. La città, assieme a una corona di 14 villaggi, in tutto 260 mila persone, è adesso in allarme perché è stata «offerta» all'Autorità palestinese come territorio di scambio con parti dei Territori che saranno annessi dallo Stato ebraico. La maggior parte dei residenti è convinta da non avere nulla da guadagnarci. Umm al-Fahm è diventata parte di Israele dopo la prima guerra arabo-israeliana del 1948-49. La Nabka, la catastrofe dei palestinesi, con l'esodo di 700 mila profughi, aveva coinvolto anche questa parte del nascente Stato ebraico. Alla fine però gli abitanti rimasti erano stati riconosciuti come cittadini israeliani, con gli stessi diritti, compreso quello di voto, e doveri, a parte l'obbligo del servizio militare, come tutta la minoranza arabo-israeliana che ora conta 1,8 milioni di persone. La convivenza non è stata facile, specie durante dal Seconda intifada agli inizi degli Anni Duemila, quando è stato costruito un muro per separare il distretto dai confinanti Territori palestinesi ed evitare infiltrazioni. Nell'ultimo decennio però le cose sono cambiate. Anche Umm al-Fahm ha cominciato a beneficiare del boom economico israeliano e le condizioni sono cambiate. I cittadini sono anche protetti da uno Stato sociale di stampo europeo, con per esempio la Sanità gratuita, e possono spostarsi senza problemi in tutta Israele, dove hanno famigliari e parenti. Il che spiega l'ostilità all'idea di essere «trasferiti» al futuro Stato palestinese. «Sono arabo, palestinese, e sono anche un cittadino israeliano – puntualizza il parlamentare Yousef Jabareen, nativo di Umm al-Fahm -. Siamo parte delle minoranza araba e viviamo nella nostra terra nazionale. Dal piano non abbiamo nulla da guadagnare. Diventeremmo un cantone isolato, un ghetto separato dal resto della Palestina». Jabareen è stato eletto nella Lista unita araba, che alle ultime elezioni ha conquistato 13 seggi alla Knesset e spera di replicare l'exploit al voto del 2 marzo. Il timore è anche che gli «scambi di territori» previsti dal piano finiscano per «erodere» l'influenza degli arabo-israeliani, che adesso rappresentano il 21 per cento della popolazione in Israele è sono diventati indispensabili per formare una maggioranza di centrosinistra, come ha dovuto constatare Benny Gantz in questa legislatura. Con il piano Trump in 260 mila si ritroverebbero di colpo fuori dai confini di Israele e la minoranza scenderebbe a circa il 15 per cento. È il paradosso degli arabo-israeliani: con l'indipendenza della Palestina rischiano di perdere più di quanto possono ottenere.
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