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Il lato nascosto del piano di pace
Commento di Michelle Mazel
(Traduzione di Yehudit Weisz)
Benjamin Netanyahu, Donald Trump Se l'accordo del secolo non fa più notizia sulle prime pagine dei quotidiani francesi, continuano i commenti. In primo luogo c'è la delusione, per non dire il dispiacere, dei commentatori che constatano che per l’ennesima volta la Francia e l'Europa in generale, erano soltanto delle semplici comparse, a cui non era stata neppure richiesta un’opinione; ma ciò che sgomenta di più i commentatori è il dover prendere atto che i Paesi arabi moderati, lungi dal condannare con fermezza il piano, hanno accolto invece con favore i suoi aspetti positivi e hanno incoraggiato i palestinesi a cogliere questa opportunità per ottenere finalmente il loro Stato e avviare i negoziati come previsto dal detto piano… Un punto sul quale si raggiunge quasi l’unanimità, o quasi, dei media è quando sottolineano la volontà di elaborarlo senza consultare i palestinesi, i principali interessati. Di fatto, per Piotr Smolar su Le Monde del 29 gennaio, “L'amministrazione Trump, pretende fin dall'inizio, di far saltare tutte le basi del consenso internazionale su una risoluzione negoziata del conflitto israelo-palestinese.” Solo che questo ammirevole consenso internazionale, queste consultazioni che tutti reclamano con veemenza, vanno a cozzare contro l’ostinato rifiuto dei palestinesi di negoziare non solo con gli Stati Uniti, ma anche con Israele. Un altro problema che non solo questo quotidiano, ma tutti i media francesi, si guardano bene di affrontare, è la spinosa questione degli scambi di territori. Eppure è proprio lei che agita gli arabi israeliani. In realtà, il piano ha l'incredibile audacia di suggerire che la regione conosciuta come “il piccolo triangolo” - hameshulash in ebraico - situata ad Est della pianura di Sharon lungo il confine con l'Autorità Palestinese, faccia parte dello Stato palestinese quando quest'ultimo sarà creato. Questo "piccolo triangolo" ha circa 300.000 cittadini arabi israeliani che vivono in una dozzina di centri urbani, di cui il più grande è Umm al-Fahm con i suoi cinquantamila abitanti, tutti arabi. È anche il bastione del ramo settentrionale del movimento islamico in Israele, campione dell'opposizione a Israele e del sostegno al nazionalismo palestinese. Sotto la guida del loro leader Raed Salah, gli attivisti del movimento - tutti cittadini israeliani - sfilano sotto la bandiera palestinese e scandiscono slogan contro lo Stato di Israele. Ci si poteva aspettare che le popolazioni del “piccolo triangolo” avrebbero accettato con entusiasmo l'idea di unirsi ai loro fratelli dall'altra parte del confine e inserirsi così in questo Stato palestinese che comunque sia, loro auspicano E invece non è così. Bisogna sentire certi loro leader, mano sul cuore, spiegare che loro non sono contrari alla creazione di uno Stato palestinese, ma che non vogliono in alcun modo perdere la cittadinanza israeliana. Dei leader che non hanno timore di aggiungere che non vorrebbero vivere sotto l'Autorità palestinese per nessun prezzo. Questi ovviamente non sono certo argomenti che la comunità internazionale vuole sentire. Quindi a questo scopo, altri leader parlano invece di "trasferimento" delle popolazioni a causa del razzismo israeliano, che cerca di liberarsi di una parte della popolazione araba, senza considerare invece il fatto che non ci può essere alcun problema di trasferimento di popolazioni dato che gli abitanti del "triangolo" sarebbero già a casa loro. Per quanto riguarda i sostenitori del BDS, non si chiedono perché gli arabi israeliani non colgano al volo l'occasione per sfuggire all'Autorità di uno Stato accusato di praticare l'apartheid, per vivere in piena uguaglianza con i loro fratelli in uno Stato che potrebbe essere il loro.
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