Incontro Putin-Netanyahu per discutere del piano di Trump Cronaca di Giordano Stabile
Testata: La Stampa Data: 31 gennaio 2020 Pagina: 19 Autore: Giordano Stabile Titolo: «Netanyahu vola da Putin per incassare un sì al piano di pace»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 31/01/2020, a pag.19, con il titolo "Netanyahu vola da Putin per incassare un sì al piano di pace", la cronaca di Giordano Stabile.
Giordano Stabile
Alla fine Benjamin Netanyahu è salito sull'aereo diretto all'aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv con al suo fianco Naama Issachar. «Ora torniamo a casa», ha detto con un tocco enfatico alla 26enne arrestata due anni fa con 9,5 grammi di hashish nello zaino e condannata a 7 anni e mezzo di prigione. Naama tornava da un viaggio in India, con scalo al ritorno a Mosca, ed è finita in un ingranaggio internazionale, al centro delle trattative per il rilascio di un hacker russo detenuto in Israele e ricercato dagli Stati Uniti. Vladimir Putin, dopo l'accoglienza da Zar a Gerusalemme per il Forum sull'Olocausto, ha deciso di graziarla e l'ha consegnata direttamente a «King Bibi». Un altro «regalo elettorale» dopo quello, ben più consistente, di Donald Trump martedì a Washington, con la presentazione del piano di pace più favorevole allo Stato ebraico che sia mai stato concepito.
Benjamin Netanyahu
La risposta tiepida del Cremlino Nel nuovo mondo multipolare anche la Russia ha però il suo ruolo e Netanyahu l'ha capito prima di altri. Ha fatto anche lui tappa a Mosca sulla via del ritorno, con l'obiettivo di conquistarsi per lo meno la neutralità del Cremlino in questa fase delicata. Dopo aver incassato pareri favorevoli da metà dei Paesi arabi, ieri anche dal Marocco, il premier israeliano ha bisogno che Putin, e la Cina, non si mettano di traverso. Prima dell'incontro ha sottolineato che il capo del Cremlino «è il primo leader che vedo dopo la presentazione del piano di Trump». Poi, un messaggio in russo su Twitter, ha sottolineato «l'importante incontro di lavoro: relazioni tra Israele e Russia non sono mai state così buone e durature. Grazie, presidente Putin!». La risposta è stata più fredda, ma cortese. Il Cremlino «continua ad analizzare il piano proposto da Trump per il Medio Oriente», ha precisato il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov. Né un sì, né un no, come sperava Netanyahu. Adesso la battaglia passa sul fronte interno, e verte soprattutto sui tempi dell'annessione di quel 30% della Cisgiordania attribuito a Israele nella proposta americana. Gli stessi Stati Uniti, con il negoziatore Jared Kushner, frenano e preferirebbero che fosse rimandata a dopo il voto del 2 marzo. Anche il capo di stato maggiore, generale Aviv Kochavi, e il direttore dei servizi interni (Shin Bet) Nadav Argaman hanno espresso preoccupazioni. Il rischio non è una insurrezione palestinese, improbabile, ma una crisi in Giordania, dove re Abdullah è indebolito dalla stagnazione economica e dalla fronda palestinese interna.
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