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La Repubblica Rassegna Stampa
29.01.2020 Su Repubblica i fatti trasformati in falsi
Disinformazione contro Israele firmata Francesca Caferri

Testata: La Repubblica
Data: 29 gennaio 2020
Pagina: 15
Autore: Francesca Caferri
Titolo: «I Paesi arabi si spaccano, addio al sogno palestinese»

Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 29/01/2020, a pag.15 con il titolo "I Paesi arabi si spaccano, addio al sogno palestinese", il commento di Francesca Caferri.

Fin dal titolo "Addio al sogno palestinese" il pezzo di Francesca Caferri si presenta per quello che è, cioè un articolo di disinformazione contro Israele. Qual è il sogno palestinese al quale si dice addio, se non quello della desiderata distruzione di Israele attraverso il massacro della popolazione ebraica? Questo però Caferri non lo scrive, preferendo invocare il presunto "diritto al ritorno" dei presunti "profughi palestinesi" (che sono pochissimi, mentre molti sono i loro discendenti: un'altra distinzione che Caferri omette). La Repubblica è ormai quasi al livello di disinformazione del Manifesto, se continua così presto lo supererà in peggio.

Ecco l'articolo:

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Francesca Caferri

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Il fatto trasformato in falso su Repubblica

«Vorrei ringraziare gli ambasciatori di Oman, Emirati arabi uniti e Bahrein per essere presenti con noi». La spaccatura che da anni divide il mondo arabo sta tutta lì, nelle poche parole che Donald Trump pronuncia alla Casa Bianca presentando il suo "Accordo del secolo". Per anni la causa palestinese è stata l'unico collante che aldilà delle rivalità ha unito tutti i Paesi del mondo arabo e musulmano: da tempo ormai, si sapeva che non era più così. Lo sapevano i giovani palestinesi che nel 2017 di fronte alla scelta americana di riconoscere Gerusalemme come capitale di Israele lamentavano l'abbandono dei Paesi arabi. E lo sapeva l'Iran sciita, che in questi anni si è progressivamente avvicinato ai sunniti di Hamas, approfittando del vuoto lasciato dai vecchi alleati egiziani e sauditi. Ma ieri tutto questo è apparso agli occhi del mondo: compresi quelli di un trionfante Netanyahu, che ha salutato la presenza dei diplomatici, e dunque il loro appoggio al piano dl Trump, come lo specchio del «Medio oriente che sarà. Anzi che è già». Quello in cui lo schieramento è fra chi è pro o contro l'Iran: non più fra chi sostiene o meno i palestinesi. Alle spalle dei tre diplomatici del Golfo infatti non e difficile intravedere un altro attore chiave, l'Arabia Saudita di Mohammed bin Salman, che già nel 2017 aveva tentato di convincere Abu Mazen ad accettare Abu Dis come capitale e che ha nell'Iran il nemico numero uno. E un passo ancora più indietro, il genero di Trump, Jared Kushner, uno degli autori del piano: l'uomo che in questi tre anni ha pazientemente lavorato per rafforzare l'asse che fra Israele e i Paesi del Golfo, per prima l'Arabia Saudita, in chiave anti-Iran. Cosi il grido di preoccupazione della Giordania, il vaso di coccio della regione, troppo debole e povero per ribellarsi al volere americano, ma destinata a tenere in casa i milioni di palestinesi a cui viene negato il diritto al ritorno, passa quasi inosservato. Schiacciato dalle aperture che invece arrivano, oltre che dal Golfo, dall'Egitto. Non c'è da stupirsi dunque che il "no" più deciso sia giunto dall'asse sciita che sI muove intorno a Teheran: «Questo non è un piano di pace ma un piano di imposizioni e di sanzioni», ha twittato Hesameddin Ashena, consigliere della Guida suprema iraniana Ali Khamenei. Mentre Hezbollah ha diffuso un comunicato in cui parla di «tentativo di liberarsi del diritto al ritorno e di privare i palestinesi della loro terra».

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