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La Stampa Rassegna Stampa
23.01.2020 Ancora alta tensione in Libano
Cronaca di Giordano Stabile

Testata: La Stampa
Data: 23 gennaio 2020
Pagina: 16
Autore: Giordano Stabile
Titolo: «Scontri e proteste contro il nuovo governo: 'Grave insulto al Paese'»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 23/01/2020, a pag.16, con il titolo "Scontri e proteste contro il nuovo governo: 'Grave insulto al Paese' ", la cronaca di Giordano Stabile.

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Giordano Stabile

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Le proteste a Beirut

Il Libano ha un nuovo governo ma non è certo quello che hanno chiesto milioni di manifestanti in quasi cento giorni di proteste. La «rivoluzione del 17 ottobre» ha ottenuto quasi subito la caduta di Saad Hariri e voleva un esecutivo di «tecnocrati». Una pulizia totale al grido «killon yani killon», tutti significa tutti, cioè dimissioni in massa della classe politica. Il nuovo esecutivo guidato da Hassan Diab, un ingegnere, vicepresidente dell'American University di Beirut, ha una crosta «apolitica» ma nasce su vecchi equilibri e non sembra in grado di garantire riforme radicali. Fra i venti ministri, cinque donne, non ci sono parlamentari e questo dovrebbe dare il «carattere tecnico». 
In realtà è il frutto del compromesso fra tre partiti, la Corrente patriottica libera del presidente Michel Aoun, gli sciiti Amal ed Hezbollah. Il Partito di Dio mantiene due dicasteri, compreso quello della Salute. Il ministero dell'Informazione passa per la prima volta a una donna, drusa. L'aspetto interconfessionale è rappresentato dalla nuova ministra della Difesa Zeina Acar, una cristiana ortodossa sposata a un popolare uomo d'affari sunnita. Un altro movimento cristiano, Marada di Sleiman Frangieh, ha strappato in extremis due ministeri. Questo però ha portato all'esclusione di quattro pesi massimi: il Mostaqbal dell'ex premier Hariri, i cristiani falangisti delle Kataeb di Sami Gemayel, le Forze Libanesi guidate da Samir Geagea, il Partito socialista progressista del druso Walid Joumblatt. Si riapre così la frattura fra i due grandi schieramenti libanesi. Quello dell'8 marzo che raggruppa i partiti «filo-siriani», oggi si direbbe filo-iraniani, e quello del 14 marzo, nato dopo l'uccisione del premier Rafik Hariri nel 2005 e che aveva portato all'espulsione delle truppe di Damasco dal Paese e che adesso si ritrova all'opposizione. I due schieramenti si erano ricomposti quattro anni fa nell'operazione che aveva portato Aoun alla presidenza e Hariri alla premiership. La crisi economica ha fatto saltare tutto. Con un deficit all'11%, un debito al 150%, riserve valutarie per 11,5 miliardi di dollari che coprono soltanto 10 mesi di importazioni, il nuovo premier Diab dovrà fare miracoli. E sconta la diffidenza degli Stati Uniti, che avrebbero voluto l'uscita totale di Hezbollah dal governo. Mike Pompeo ha detto che non sa se Washington «collaborerà» con il nuovo esecutivo. Ma soprattutto non sono convinti i libanesi. Ieri proteste e scontri hanno infiammato Beirut e Tripoli, mentre il principale movimento di opposizione al sistema, Beirut Madinati, ha giudicato il governo «un insulto, una provocazione, il disprezzo della dignità del popolo».

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