GIULIO BUSI
"Lontano da Gerusalemme"
Ed. Einaudi - € 9
Recensione di Giulio Meotti per "Il Domenicale" (17 gennaio 2004)
Cronache ebraiche contemporanee, cronache di libri soprattutto, perché la mikra, la riunione testuale, la “patria scritta” di Heine, per molti è la vera casa del giudaismo, e l’ebraico, lingua ontogena, dispiega l’essere nei luoghi. In questo libro di Giulio Busi tutto viene da un passato insepolto, da Cochin, India, uno dei pochi posti al mondo dove il giudaismo non è mai stato bandito, pieno di sinagoghe prima delle aliah verso Israele. Di Atene si ricorda una celebre vittoria di ben Chananyah in eloquenza sui dotti della città, di Soncino, un paese tra Brescia e Cremona dove non un solo ebreo ha più abitato dopo il XVI secolo, l’aver ospitato il primo grande progetto editoriale del giudaismo. Era stupenda Cracovia, prima che Auschwitz dove “la quiete s’irrigidisce in angoscia” la inghiottisse, una delle capitali dell’ebraismo ashkenazita, dove “il gotico s’ibrida di rinascimento e barocco” e domina un “esotismo inturgidito”. Si passa per la corte estense filoebraica di Ferrara e il laboratorio cabalistico di Mantova, per Gerusalemme, dove alla Biblioteca Nazionale ci sono i lavori di Gershom Scholem, tra “rare edizioni italiane del Cinquecento accanto a fragili fogli usciti dalle tipografie chasidiche dell’Europa orientale”, fino alla Parigi di Paul Celan, che scriveva in tedesco e “misurava in questa lingua vitrea la propria distanza da un punto di origine non più raggiungibile”. A Praga la stella di David include un cappello, simboleggiava la partecipazione culturale e il livello di integrazione economica che venne raggiunta dagli ebrei boemi. A Berlino, Grunewald, segnato “da uno stile esitante tra neoclassicismo e neobarocco”, era il quartiere della ricca borghesia assimilata, oggi c’è l’ambasciata israeliana. Ad Amsterdam la libreria Montezinos è un vero capolavoro, la più antica biblioteca pubblica ebraica del mondo, e il Talmud Torah, la scuola dove insegnò Menasseh ben Israel “che vestì la teologia ebraica di panni umanistici” e che ebbe tra gli studenti Spinoza, dove “il plurilinguismo della diaspora sommuove questa biblioteca con un’inquietudine non ancora placata”. Maresfileld Gardens è stata la casa di Freud a Londra nel suo ultimo anno di vita, tutto lì evoca “un’altra lingua e un altro Geist” che stona con la “cauta empiria inglese”, sa di Mitteleuropea trapiantata in fretta e furia. Golders Green è il quartiere che reca le tracce di un “tessuto ebraico più omogeneo”, ma nulla è interamente ebraico nell’esilio, vicino c’è la splendida chiesa greca di San Michele. Per lo shabbat si manifesta “un intimo controtempo, un desiderio di articolare- ancora un volta- le sillabe della tradizione”. Busi arriva così, tra presenze smarrite e frammenti liturgici informali, alla leggenda dell’insediamento a Toledo e alla mappa ebraica di New York, tra il Lower East Side e Brooklyn, dove la cronaca si chiude con il traffico che si intravede dalla più fornita libreria ebraica d’America, che “sembra giungere da un futuro estraneo”. |