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Il nuovo ruolo di Washington nel Medio Oriente
Analisi di Antonio Donno A destra: Donald Trump
La Guida Suprema, Ali Khamenei, ha dichiarato che i contestatori interni erano poche centinaia e che il popolo iraniano è compatto nel seguire la strada maestra. Gli americani, sostiene Khamenei, sono dei criminali e perciò saranno puniti. Insomma, il solito refrain, pieno di minacce altisonanti e di formule stereotipate contro i nemici del popolo iraniano. Il problema, oggi, è quanto sia esteso il popolo iraniano che crede nelle parole della Guida Suprema e quanto si stia allargando il dissenso, soprattutto tra le nuove generazioni, che sfilano evitando di calpestare la bandiera americana e, straordinaria novità, quella israeliana. Nello stesso tempo, i fatti che sono seguiti all’uccisione di Soleimani hanno dimostrato che l’azione di Trump non è stata dettata da impulsi emotivi, come qualcuno in Italia ha superficialmente dichiarato, ma da un calcolo ben preciso delle conseguenze che ne sarebbero derivato all’interno della società iraniana. Infatti, la contestazione si è manifestata massicciamente e la reazione degli scherani del regime non si è avuta, per una decisione opportunistica dei capi, consapevoli dell’impatto estremamente negativo a livello internazionale che sarebbe derivato dalle violenza contro i dimostranti. Ma non c’è dubbio che a livello sotterraneo, e soprattutto quando la vicenda si sarà sfocata nella stampa mondiale, la reazione sarà durissima: silenziosa, diluita nel tempo, ma durissima. È il comportamento tipico di tutte le dittature e, in particolare, dei totalitarismi: negare la realtà o piegarla agli interessi dei regimi. L’intervento di Trump, però, non può che preludere ad un atteggiamento più attento e fermo da parte americana.
La repressione interna sarà silenziosa, ma non mancheranno all’intelligence americana notizie sullo sviluppo della caccia ai contestatori. Su questo punto, sarà difficile per Washington progettare una risposta, trattandosi di fatti interni nei quali il Presidente ha già detto di non voler interferire; ma le notizie che in un modo o nell’altro supereranno i confini iraniani potranno essere un segnale di una iniziativa su più larga scala. I pasdaran iraniani e gli altri gruppi terroristici presenti nella regione saranno mobilitati per dare una risposta agli americani e, nel caso, agli israeliani. Il regime ha bisogno di recuperare il prestigio perso nella vicenda Soleimani e lo può fare soltanto ribadendo con la forza la propria presenza nella regione. La questione è, quindi, foriera di nuovi sviluppi, cui il governo americano dovrà essere pronto a rispondere, se nel caso. Su questo problema, il dibattito interno alla dirigenza iraniana è presumibilmente molto serrato. Il confronto tra gli oltranzisti e i moderati partorirà decisioni che oggi non si possono prevedere.
Ali Khamenei
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