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Avvenire Rassegna Stampa
14.01.2020 Noemi Di Segni: 'Visitare Auschwitz un dovere per tutti'
La intervista Paolo Ferrario

Testata: Avvenire
Data: 14 gennaio 2020
Pagina: 8
Autore: Paolo Ferrario
Titolo: «Noemi Di Segni: chi moltiplica l'odio venga a vedere questi posti»

Riprendiamo da AVVENIRE di oggi, 14/01/2020, a pag.8 con il titolo "Noemi Di Segni: chi moltiplica l'odio venga a vedere questi posti", il commento di Paolo Ferrario.

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Noemi Di Segni, presidente Ucei

«Una parola d'odio può essere molto piccola, ma quando è usata da una massa di persone e viene trasmessa attraverso strumenti di grande divulgazione, attecchisce e fa molti danni. E noi ascoltiamo parole d'odio sia in contesti molto degradati, sia in contesti che dovrebbero essere animati da goliardia e divertimento, come il calcio, sia in contesti alti, accademici e scientifici». Contrastare l'avanzata del fiume di intolleranza che, soprattutto negli ultimi tempi e in ambiti diversi, è andato via via ingrossandosi fino a tracimare in vere e proprie derive di stampo razzista, è la "grande sfida" che abbiamo di fronte, secondo la presidente dell'Unione delle Comunità ebraiche italiane, Noemi Di Segni. Con gli studenti del viaggio della Memoria, è entrata anche lei nelle baracche di Auschwitz dove sono stati deportati e assassinati milioni di ebrei. Baratro di una tragedia senza eguali nella storia, che ha fatto proprio delle espressioni d'odio le proprie parole d'ordine.

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Eppure, 75 anni dopo questi fatti, c'è ancora chi non crede che tutto questo sia avvenuto. Che cosa direbbe a queste persone? Li farei venire qui ad Auschwitz. Farei fare questa esperienza a tutte le persone che osano digitare una parola d'odio o le danno risonanza attraverso la Rete. Se venissero qui si renderebbero conto di dove porta questo odio, di dove ha portato. La nostra sfida è far capire che questo luogo è esistito ed esiste ancora. Che è stato un luogo orribile per sei milioni di persone, insieme agli altri campi di sterminio. Questa verità deve far parte dell'identità delle persone.
Quali attenzioni ulteriori chiedete alle istituzioni, alla politica, per contrastare queste parole d'odio, questo antisemitismo montante? Noi dobbiamo lavorare sul piano della scuola, fin dal primo giorno di scuola, a partire dalla scuola dell'infanzia. Bisogna fare un lavoro di convivenza e di conoscenza. Poi bisogna lavorare sulla magistratura italiana. Perché anche II c'è una necessità di comprendere la fenomenologia di queste situazioni e saperle interpretare in modo corretto.
A che cosa fa riferimento? Ancora oggi, leggiamo sentenze che negano che determinati atti siano di antisemitismo, di odio razziale, o apologia del fascismo. A 80 anni e passa dalle leggi razziali, ci sono sentenze della Corte dei Conti che chiedono alle persone di dimostrare di avere sofferto, di essere stati perseguitati. Come si può chiedere a una persona di dimostrare di essere stata perseguitata?
E sul piano delle leggi, a che punto siamo? Anche qui si deve intervenire. Le leggi vanno integrate, affinate, in modo che rispondano al vero bene che si vuole tutelare. Diciamo cose ovvie. Stiamo chiedendo di poter vivere una vita normale.
Agli studenti ha chiesto di farsi «faro della memoria»: c'è speranza, allora? Assolutamente. In Italia ci sono tantissimi ragazzi belli e volenterosi, che hanno voglia di sapere, di conoscere, di essere. E per loro che dobbiamo impegnarci tra istituzioni. Per far capire loro che questo viaggio non finisce quando si ritorna a casa, ma diventa parte di un orizzonte. E loro ci devono aiutare, ciascuno nel proprio ambito, per portare avanti questo tema della verità. Una verità che va difesa.

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lettere@avvenire.it

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