E’ la violenza ad essere cieca?
Commento di Michelle Mazel
(Traduzione di Yehudit Weisz)
Villejuif
“Noi continueremo la nostra battaglia contro la cieca violenza”ha twittato il Presidente Macron dopo quello che viene chiamato “il dramma di Villejuif”. Un morto, tre feriti gravi, e il sospettato, che li aveva attaccati con un coltello gridando secondo testimoni “Allah Akhbar”, ucciso dalle forze di polizia. Il che ci offre l’occasione di rileggere quel che scriveva Albert Londres nel 1929 nel suo celebre “L’Ebreo errante è arrivato”. “Il pogrom è una specie di rabbia…Gli arrabbiati non mordono chiunque. Solo gli ebrei portano i segni dei loro denti.” Evidentemente in Francia il fenomeno non è assolutamente identico. Gli arrabbiati non attaccano soltanto gli ebrei. Ma cos’è che li fa arrabbiare? Ai tempi di Albert Londres, le cose erano semplici: secondo lui, erano i governi. Ma oggi? Non si può che perdersi in congetture su quel che spinge gli individui ad attaccare i propri simili invocando una divinità del medio oriente. Non si tratta di certo di una loro appartenenza ad una religione di pace; e ancor meno di una fedeltà ad un’organizzazione terroristica che si appella a questa religione, e che vuole imporla al mondo intero. Giustizia e pubblici poteri si dimostrano ben fermi su questo punto. No, quel che fa scattare questa cieca violenza, imprevedibile, è innanzitutto un disturbo mentale.
Albert Londres
Dato che la giustizia e gli specialisti della sanità mentale non hanno respinto con forza questa spiegazione troppo semplice, si potrebbe credere che questo disturbo colpisca più facilmente una certa categoria di individui. No, non è così: occorre che a questo disturbo mentale si aggiunga un fattore indipendente. Noi sappiamo che questo fattore può essere la droga, che l’individuo avrebbe assunto proprio per le turbe psichiche di cui soffriva. Allora è il puro caso che ha scatenato una cieca violenza contro una ebrea, violenza di cui lui non è evidentemente responsabile. Nel caso di Villejuif, abbiamo a che fare con un tutt’altro scenario. Cominciamo con i fatti secondo Le Monde: “Un morto in un aggressione al coltello a Villejuif, il sospetto soffriva di turbe psichiche. L’aggressore, che è stato ucciso dalla polizia, non era noto per essersi radicalizzato”. Prosegue il quotidiano: ”Coltello in mano, vestito con la djellaba, il giovane di 22 anni e originario della regione parigina, ha colpito poco prima tre persone”. Cos’è che ha spinto questo giovane ad agire? Le Monde non si pone la domanda. Il giornale Le Parisien invece dà una spiegazione. “Un appartamento vuoto, un testamento… Secondo le nostre informazioni, numerosi elementi farebbero pensare che l’autore dell’attacco di Villejuif aveva previsto una fine fatale prima di passare all’azione”. Perché andare a cercare più lontano? Il disgraziato, che soffriva anch’egli di turbe psichiche, voleva semplicemente porre fine alla sua esistenza e non sapendo come procedere, ha deciso di far fare ai poliziotti il lavoro in vece sua. Che abbia pensato che, coinvolgendo dei passanti incontrati sul suo cammino, si sarebbe garantito il paradiso? Non c’è nulla che lo faccia pensare.
Michelle Mazel scrittrice israeliana nata in Francia. Ha vissuto otto anni al Cairo quando il marito era Ambasciatore d’Israele in Egitto. Profonda conoscitrice del Medio Oriente, ha scritto “La Prostituée de Jericho”, “Le Kabyle de Jérusalem” non ancora tradotti in italiano. E' in uscita il nuovo volume della trilogia/spionaggio: “Le Cheikh de Hébron".