L'Iran e la strategia di Mosca Commento di Micol Flammini
Testata: Il Foglio Data: 07 gennaio 2020 Pagina: 3 Autore: Micol Flammini Titolo: «I calcoli di Mosca»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 07/01/2020, a pag. 3 con il titolo "I calcoli di Mosca", il commento di Micol Flammini.
Micol Flammini
Ali Khamenei con Vladimir Putin
Roma. Prima la telefonata con Emmanuel Macron che, all'indomani dell'uccisione di Qassem Suleimani, ha sentito Vladimir Putin per chiarire quali potrebbero essere i futuri rischi perla regione. Poi l'annuncio dell'arrivo di Angela Merkel al Cremlino previsto per l'll gennaio per parlare di medio oriente. Certo, a invitarla è stato il presidente russo ma, vista la situazione, la cancelliera tedesca ha risposto in modo rapido e affermativo, forse sperando che Putin eviterà questa volta di accoglierla con i suoi cani, un vecchio scherzo che la mise in imbarazzo anni fa: lei ha paura dei cani. Le tensioni tra Stati Uniti e Iran il capo del Cremlino le fissa con attenzione, come Teheran vuole che l'influenza americana in medio oriente si riduca il più possibile, ma sono altre le occasioni che Putin vede nel dopo Suleimani, nelle minacce e nelle rappresaglie. Alcune riguardano il suo rapporto con l'Europa. II presidente russo si rende conto che le conseguenze dell'omicidio del capo delle forze al Quds possono minare i rapporti già difficili tra Stati Uniti e Unione europea. I leader europei, da quando Donald Trump ha deciso di ritirarsi dall'accordo sul nucleare, firmato dal suo predecessore nel 2015, hanno avuto difficoltà a tenere in piedi un accordo imperfetto e reso ancor più evanescente dal ritiro americano. Ragioni economiche - il trattato sul nucleare ha aperto un mercato per le aziende Ue - hanno così spinto i leader europei a mantenersi su posizioni filoiraniane - spesso in passato l'Unione ha avuto difficoltà nel condannare le violazioni dei diritti umani di Teheran - che hanno contribuito a logorare il rapporto con la Casa Bianca. Ora Vladimir Putin vede la possibilità di inserirsi in questa relazione frastagliata e di riavvicinarsi agli europei, sa che Emmanuel Macron è il maggior alfiere, parla da questa estate della necessità di un rapporto più complice e più stretto con Mosca. Davanti al trumpismo, sempre bizzoso e sproporzionato, anche in una decisione giusta come quella di eliminare una minaccia perla stabilità dell'area e per la sicurezza della propria nazione, il putinismo ha l'occasione di potersi mostrare agli occhi degli europei come un potenziale mediatore, come la controparte ragionevole. La notizia della morte di Suleimani è stata condannata dal Cremlino mantenendo i toni pacati di chi vuole mostrare le sue capacità di conciliazione. L'ansia di Putin è quella di elevare il suo ruolo internazionale e in questa occasione si è avvicinato a Merkel e a Macron, non è interessato al ruolo del perturbatore, ma a quello del mediatore ed è mostrando tutta la sua disponibilità agli alleati di Trump, delusi per il fatto che il presidente americano non li abbia nemmeno avvisati dell'attacco, che cerca di essere riammesso nel circolo delle potenze internazionali. Le altre occasioni per Mosca stanno invece nel suo rapporto con Teheran. Come scrive l'esperto di affari russi Mark Galeotti, Russia e Iran non sono del tutto amici, sarebbe più corretto definirli frenemies, nemici-amici. Alleati contro l'America, ma abituati a non perdersi mai di vista. Per il Cremlino vedere il regime sfidato in modo così aperto ha dei vantaggi. Quando la Russia intervenne in Siria nel 2015 fu anche per evitare che lo stato diventasse vassallo di Teheran. Ci sono anche stati scontri tra le milizie affiliate alle forze al Quds e quelle affiliate a Mosca, ad esempio lo scorso anno ad Aleppo all'aeroporto di al Nayrab, una delle basi più importanti delle guardie della rivoluzione. Altro momento di tensione tra le due nazioni è stato quando pochi mesi fa l'Iran aveva arrestato la giornalista russa Yulia Yuzik, sostenendo che fosse una spia israeliana. Putin non è interessato a mostrare la sua affidabilità soltanto rispetto a Trump, ma anche rispetto al regime dei mullah. E' lui quello affidabile con cui trattare, soprattutto dopo l'annuncio della violazione dell'accordo sul nucleare. Il capo del Cremlino si muove a passi felpati, pronto a cogliere tutte le possibilità che questa crisi in medio oriente può offrirgli con l'Unione europea, con gli Stati Uniti o con l'Iran. La prima è stata di natura economica: il prezzo del petrolio è aumentato del due per cento e ha superato i 70 dollari al barile dopo la morte del generale Qassem Suleimani. Per Mosca è un'ottima notizia.
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