Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 07/01/2020, a pag.19, con il titolo "La morte di Soleimani può spingere l'Iran verso il pragmatismo", l'analisi di Masih Alinejad, scrittrice iraniana dissidente e attivista
per i diritti umani.
Masih Alinejad
Qassem Soleimani, il famoso comandante della Forza Al Quds, l'unità delle Guardie Rivoluzionarie della Repubblica islamica, dev'essersi sentito invincibile dopo anni passati a colpire le forze Usa che invece erano tenute a freno dai politici. Fino a quando il gioco non è cambiato e non è stato più invincibile. La morte di Soleimani, colpito da un drone a fianco di un comandante della milizia noto per aver ucciso truppe Usa, avrà conseguenze importanti per il Medio Oriente e l'Iran.
Soprannominato il «comandante ombra», Soleimani e la sua Forza Al Quds erano le unità speciali che sostenevano l'uomo forte siriano, Bashar Assad, il leader di Hezbollah Hassan Nasrallah e vari altri capi militari in Iraq e nello Yemen.
Soleimani era più di un semplice militare - era anche il miglior diplomatico della Repubblica Islamica nella regione. Fu lui, e non il ministro degli Esteri Javad Zarif, a tenere incontri cruciali con i leader arabi vitali per gli interessi del regime. Durante la guerra civile siriana, con le forze di Assad che rischiavano la sconfitta su più fronti, Soleimani volò a Mosca per incontrare Vladimir Putin e convincerlo a entrare apertamente nel conflitto in difesa di Assad.
Ha contribuito a creare una rete regionale di milizie sostenute dall'Iran che conta oltre 100 mila uomini, una «mezzaluna sciita» che va dall'Afghanistan al Mediterraneo. Ha trasformato Hezbollah in una risorsa in grado di operare come forza militare al di fuori dei confini del Libano contro i ribelli siriani. Quando le truppe dell'Isis attaccarono l'Iraq e si avvicinarono al confine iraniano, fu Soleimani a collaborare con i comandanti militari sciiti locali per organizzare la controffensiva.
Ha eliminato tutti quelli che si sono messi sulla sua strada. Era coinvolto nella sponsorizzazione di attacchi terroristici, sosteneva despoti come Assad in Siria e aiutò ad assassinare almeno un leader straniero: il primo ministro del Libano, Rafik Hariri. E ovviamente centinaia di soldati americani.
Donald Trump, Ali Khamenei
Per anni, il regime di Teheran aveva presentato Soleimani come una combinazione tra il generale Patton, James Bond e Superman. Trasudava un'aura di invincibilità. Scherniva i generali statunitensi, presentandosi sui campi di battaglia in Iraq o spostandosi apertamente per il Libano nonostante fosse nella lista nera delle Nazioni Unite.
Naturalmente, indipendentemente da chi governa Teheran, l'Iran esercita la sua influenza in tutto il mondo arabo. Immaginare il contrario è antistorico. L'influenza dell'Iran nella regione precede di molto le rivoluzioni iraniane. Sotto l'ultimo Shah, Mohmmad Reza Pahlavi, l'Iran ha sostenuto la rivolta curda in Iraq e negli Anni '70 ha dispiegato truppe in Oman per aiutare il sultano Qaboos a reprimere un'insurrezione marxista.
Operativamente, il successore di Soleimani alla testa della Forza Al Quds è stato annunciato entro 12 ore, ma la perdita di Soleimani è enorme. Il suo sostituto eredita una legione straniera sciita che ha combattuto in Iraq, Siria e Yemen ma, senza la sua leadership carismatica, avrà vita difficile.
Charles De Gaulle disse una volta che i cimiteri sono pieni di uomini indispensabili, ma non si può negare che Soleimani non sia facilmente sostituibile. Il leader supremo Ali Khamenei trattava Soleimani come un figlio adottivo che portava sempre a casa il risultato anche contro ogni pronostico. Nel 2018, fu Soleimani ad accompagnare il presidente siriano Assad a incontrare il leader supremo. Nemmeno il presidente Rohani fu informato della visita che fu una straordinaria violazione del protocollo. Rohani fu poi avvisato all'ultimo minuto, ma Zarif venne lasciato fuori dal giro.
Soleimani è stato vittima delle fiamme della guerra che ha alimentato per quasi due decenni.
Al di là delle sue capacità militari, la Repubblica islamica ha perso la sua spavalderia. Negli ultimi tre anni, l'audacia di Soleimani è stata utilizzata per aizzare i fedeli contro Trump, ma ora la sua perdita diventerà più dolorosa a ogni futura battuta d'arresto.
Quindi che cosa accadrà adesso? Com'era prevedibile, le autorità iraniane hanno promesso «gravi ritorsioni». Di certo non mancano obiettivi statunitensi nella regione, ma le allarmistiche ipotesi sulla Terza Guerra Mondiale sono semplicemente stupide. Anche una guerra circoscritta è improbabile. La Repubblica islamica è sopravvissuta per 40 anni perché la gerarchia clericale ha una missione strategica globale: la sopravvivenza.
La Repubblica islamica non ha la forza economica o militare per sfidare gli Stati Uniti. L'obiettivo principale del regime è quello di consolidare la sua base sul fronte interno. Nonostante le immagini di folle che urlano «Morte all'America» mostrate su canali televisivi controllati dallo Stato, il regime è traballante. Invece di rischiare la guerra con gli Stati Uniti, la Repubblica islamica affiderà la risposta a Hezbollah. Ma questo è un azzardo dato che anche Israele può sentirsi incoraggiato a intraprendere azioni militari.
Proprio lo scorso novembre, migliaia di iraniani sono scesi in piazza. Secondo la Reuters, il leader supremo disse alle Guardie rivoluzionarie di fare ciò che era necessario per porre fine alla protesta. Alla fine della settimana, erano state uccise più di 1.500 persone e almeno 7.000 erano state arrestate. A distanza di 50 giorni, il governo non ha fornito il bilancio ufficiale delle vittime.
L'Iraq è il gioiello della corona. La Repubblica islamica cercherà ancora di mantenerne il controllo attraverso le milizie sciite e le sue organizzazioni di copertura. Ma ora che Soleimani è stato eliminato, gli altri leader militari saranno più cauti. Mettendo da parte la spavalderia, è stata tracciata una linea rossa e Trump è imprevedibile. La sopravvivenza è una soluzione preferibile al caos di una guerra con gli Stati Uniti.
Dato che altri quattro anni di Trump non possono essere esclusi, la perdita di Soleimani potrebbe effettivamente introdurre un elemento di realismo nella politica estera della Repubblica islamica.
(Traduzione di Carla Reschia)
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