Libia: Erdogan non scherza, serve opporsi all'espansionismo turco Commento di Francesco Semprini
Testata: La Stampa Data: 03 gennaio 2020 Pagina: 2 Autore: Francesco Semprini Titolo: «Ankara vuole il controllo di tutta la Tripolitania»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 03/01/2020, a pag.2, con il titolo "Ankara vuole il controllo di tutta la Tripolitania" l'analisi di Francesco Semprini
Erdogan stringe la mano di Serraj
Francesco Semprini
Il via libera del parlamento di Ankara all'invio di militari turchi in Libia per sostenere il Governo di accordo nazionale nella guerra contro Khalifa Haftar è destinato a incidere sui rapporti di forza e sugli sviluppi futuri del Paese. E lo farà con effetto immediato perché, al netto di un assai improbabile ritiro del generale dalla Tripolitania, Ankara provvederà a dispiegare già nelle prossime ore le sue forze, che andranno ad infoltire le fila delle prime avanguardie militari giunte nel Paese nordafricano nelle scorse settimane, assieme a combattenti della jihad siriana reclutati tra i reduci di origine turcomanna. L'ingresso dell'armata del Sultano sullo scacchiere libico è destinato a «internazionalizzare» ulteriormente un conflitto che ha già assunto i connotati della guerra regionale e per procura, e che è caratterizzato da un avvicendamento di attori principali che oggi sono la Turchia da una parte e la Russia dall'altra. Mosca, sebbene abbia sempre mantenuto rapporti con Tripoli, sul campo ha di fatto sostenuto l'uomo forte della Cirenaica, in ultimo con l'invio di mercenari di Wagner, la società di Yevgheni Prigozhin, fedelissimo di Vladimir Putin. Il loro arrivo ha cambiato gli equilibri sul campo dando maggiore incisività alle azioni di terra delle forze di Haftar che godevano già di una superiorità aerea rispetto a quelle di Sarraj grazie all'apporto dei caccia e dei droni emiratini, senza tuttavia dimostrarsi mai decisiva. La Russia mira ad ampliare la propria area di influenza sulla sponda sud del Mediterraneo, il tutto nell'ambito di quella visione strategica con cui Vladimir Putin vuole far tornare il suo Paese ad essere una superpotenza e interlocutore privilegiato della regione allargata del Medio oriente e Africa settentrionale. Schema simile a quello di Erdogan il cui intervento in Libia porterà a decisive mutazioni sul campo e cambi di equilibri, visto che notoriamente la Turchia quando entra in una partita difficilmente abbandona il gioco, specie perché animata da quella voglia di ritorno alla «grandezza ottomana» che la vede protagonista in Siria e Somalia. L'intervento turco sarà concentrato nelle zone occidentali del Paese ma con una attenzione verso la minoranza turcofona di Misurata funzionale a giustificarne l'interventismo a «protezione dei fratelli». Ma ancor più funzionale al progetto di creare una base di espansione dell'«islam politico» in Libia. Le dinamiche in atto mostrano che Mosca e Ankara potrebbero decidere a tavolino un «pareggio» per la spartizione del Paese, con la Cirenaica e il Fezzan gravitanti nell'orbita di Russia, Egitto, Emirati e Francia (sempre abile a smarcarsi e reinserirsi nei dossier di interesse, in questa caso per la Total verso i giacimenti nell'est). E la Tripolitania sotto l'egida di Ankara con Misurata punto di riferimento del nuovo assetto turcocentrico. Elementi al riguardo potrebbero arrivare già l'8 gennaio con l'incontro Erdogan-Putin e il ritiro di alcuni volontari di Wagner dai dintorni di Tripoli potrebbe essere un segnale verso questo nuovo «equilibrio di forza» nel cortile di casa dell'Italia, che paga il fatto di essere stata incapace di prendere una posizione forte.
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