Dall'Iran minacce contro gli Stati Uniti e i loro alleati Cronaca di Francesco Semprini
Testata: La Stampa Data: 31 dicembre 2019 Pagina: 13 Autore: Francesco Semprini Titolo: «La rabbia di Teheran: 'Colpiremo gli Usa e i loro mercenari'»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 31/12/2019, a pag.13, con il titolo "La rabbia di Teheran: 'Colpiremo gli Usa e i loro mercenari' " l'analisi di Francesco Semprini.
Francesco Semprini
Il simbolo di Kataib Hezbollah
La dichiarazione arriva nel cuore della notte attraverso un comunicato rimbalzato su Twitter in cui le Unità di mobilitazione popolare (Pmu), ovvero l'ombrello a cui fanno capo le brigate sciite attive in Iraq, annuncia l'avvio di una «nuova fase» che ha come obiettivo «la cacciata del nemico americano» dal Paese. È ormai guerra aperta tra gli Stati Uniti e le milizie irachene vicine alle forze Quds dei Guardiani della rivoluzione islamica dell'Iran, dopo l'attacco concentrico condotto dagli Usa contro basi strategiche di Kataib Hezbollah, nei pressi del valico di al Qaim, al confine con la Siria, che ha provocato 25 morti e 55 feriti. Una ritorsione all'attacco missilistico alla base di Kirkuk di venerdì in cui è rimasto ucciso un contractor americano e feriti alcuni militari Usa. Il segretario degli Esteri Mike Pompeo, nel corso di un vertice straordinario a Mar-a-Lago col presidente Donald Trump e il segretario alla Difesa Mark Esper, ha assicurato che sarà intrapresa ogni azione volta a contrastare potenziali minacce nei confronti degli Usa che si trascinavano da settimane. «Non staremo a guardare il l'Iran intraprendere azioni che mettano in pericolo uomini e donne americane», spiega il capo della diplomazia Usa.
I "Guardiani della Rivoluzione" iraniani
Teheran tuona contro Washington: «L'aggressione è un esempio manifesto di terrorismo», dice Abbas Mousavi, portavoce del ministero degli Esteri iraniano. Una sorta di via libera alla mobilitazione delle forze irachene alleate. «Oggi non abbiamo altra scelta che affrontare gli Stati Uniti e i loro mercenari, nessuno ci potrà impedire di rispondere a chi ha colpito il nostro paese - afferma il comunicato dell'ufficio di sicurezza di Mpu -. Lasciate che Trump sappia che pagherà un prezzo salato in Iraq e in tutti i paesi in cui le sue forze criminali sono dislocate». Del resto una prima risposta si è vista nella notte tra domenica e lunedì con il lancio di razzi Katyusha su una base irachena nei pressi di Baghdad che ospita contractor e militari americani. Le forze di mobilitazione popolare, conosciute anche come Hashed Shaabi, hanno avuto un ruolo cruciale nella lotta contro lo Stato islamico in Iraq contribuendo alla liberazione di due terzi del Paese. Dopo la caduta del califfato sono state incorporate in una struttura di sicurezza governativa accusata di essere altamente politicizzata e influenza dalle forze filo-iraniane. Tanto da divenire bersaglio delle proteste popolari dell'autunno caldo iracheno in cui hanno perso la vita almeno 450 civili, e degli americani che vedono in loro la lunga mano minacciosa di Teheran. I raid americani sono stati definiti una pugnalata alle spalle dal portavoce delle forze armate di Baghdad, Abdelkarim Khalaf, mentre lo stesso premier dimissionario, Abdul Mahdi, condanna ogni azione unilaterale. Baghdad era stata avvertita mezz'ora prima del raid e ha chiesto a Washington di desistere, invano. A scagliarsi contro gli Usa è l'alleanza Fatih, seconda realtà parlamentare irachena costituita da diversi leader militari, parla di violazione della sovranità. Condanna e chiamate alla mobilitazione sono arrivate dagli Hezbollah libanesi di Hassan Nasrallah. Anche Mosca condanna i raid Usa di ieri definendoli «inaccettabili e controproducenti» e invita tutte le parti ad astenersi da azioni ostili. La mobilitazione delle formazioni pro-Iran, che cade nell'anniversario dell'esecuzione di Saddam Hussein avvenuta il 30 dicembre del 2006, ha spinto i miliari americani a rafforzare i presidi nelle aree di Nineveh, Mosul, Qayarah e Kirkuk. Washington è consapevole che quello che si sta profilando è un nuovo capitolo della guerra «tiepida» con Teheran iniziata con la cancellazione dell'accordo sul nucleare, e condotta secondo la strategia della «massima pressione» alla quale Teheran risponde con quella della «massima resistenza».
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