Proteste a Gaza: cronaca di un fallimento annunciato
Commento di Michelle Mazel
(Traduzione di Yehudit Weisz)
Terroristi di Hamas lanciano contro le città israeliane razzi e aquiloni con esplosivi e la svastica
"Gaza: ultimo raduno al confine con Israele per almeno tre mesi", annuncia sobriamente Le Figaro del 27 dicembre. Secondo il quotidiano, solo “poche centinaia di palestinesi” hanno partecipato “alla protesta settimanale”. Non ce ne saranno altre prima del 30 marzo, secondo “il membro del comitato responsabile di queste manifestazioni dette “marce del ritorno “. Le Figaro ha ricordato: "Da marzo del 2018, dei palestinesi si ritrovavano ogni venerdì lungo la barriera sotto stretto controllo dell'esercito israeliano per chiedere “il diritto al ritorno” dei palestinesi cacciati dalle loro terre o che erano fuggiti alla creazione di Israele nel 1948”. E’ davvero incredibile! All'improvviso non si tratta più di gazawi ma di palestinesi che "si ritrovavano lungo la barriera" senza dubbio per un pacifico happening; se andavano lì, era per “rivendicare” il diritto al ritorno. Rivendicare, nient’altro. Allora, abbiamo già dimenticato “la grande marcia del ritorno” che ha visto decine di migliaia di abitanti di Gaza, alcuni armati di esplosivi o di grandi coltelli e circondati da militanti incappucciati che marciavano verso la barriera, sotto gli incitamenti dei leader di Hamas che proclamavano forte e chiaro - ma solo in arabo - la loro intenzione di irrompere in Israele e di sterminare le popolazioni civili dei kibbutz vicini? Abbiamo già cancellato dalla memoria gli articoli pieni di entusiasmo che esaltavano il coraggio dei combattenti, le foto scelte artatamente per mostrare gli eroi a torso nudo che tengono in una mano la bandiera della Palestina e nell'altra una fionda? Dove sono spariti i corrispondenti speciali inviati da Parigi per seguire questi tentativi di colpire la sovranità di uno Stato membro delle Nazioni Unite con l'intenzione di distruggerlo? Cosa vuoi, succedono così tante cose nel mondo ... E poi il coordinatore delle Nazioni Unite per il Medio Oriente si è permesso di condannare apertamente l'uso cinico dei bambini come scudi umani da parte di Hamas. Aggiungi poi lo scandalo dell'UNWRA che mette in risalto la corruzione che c’é a Gaza. Certo, i media hanno sempre evitato di menzionare i palloni e i droni incendiari o carichi di esplosivi lanciati, giorno dopo giorno, sulle popolazioni civili israeliane ai confini di Gaza, i raccolti distrutti, le riserve naturali in fiamme, i piccoli animali dei campi carbonizzati. Tuttavia, le proteste non mietevano più consensi. Eppure Hamas non voleva ammettere la sconfitta. Ha continuato la sua battaglia suicida, inviando ogni venerdì nuove ondate di gazawi solidamente inquadrati e trasportati su dei suoi autocarri per assaltare il confine, senza essersi reso conto che poco per volta, i lunghi articoli sui media francesi hanno lasciato il posto a brevi trafiletti che semplicemente citano il numero di morti e feriti durante gli scontri violenti del venerdì. Anche a Gaza era sempre più difficile riuscire a mobilitare masse di persone. Un risentimento silenzioso era nell’aria. Si parlava dei leader e del loro stile di vita troppo appariscente, dei loro figli inviati a studiare lontano dalla Striscia di Gaza e dai suoi conflitti. “Morire per niente a Gaza” avevo scritto su questo sito lo scorso gennaio. Ma come ben sappiamo, non si ascolta mai la voce delle Cassandre.
Michelle Mazel scrittrice israeliana nata in Francia. Ha vissuto otto anni al Cairo quando il marito era Ambasciatore d’Israele in Egitto. Profonda conoscitrice del Medio Oriente, ha scritto “La Prostituée de Jericho”, “Le Kabyle de Jérusalem” non ancora tradotti in italiano. E' in uscita il nuovo volume della trilogia/spionaggio: “Le Cheikh de Hébron".