Pubblichiamo oggi, 19/12/2019, dalla STAMPA, a pag. 19, con il titolo "A Diab, sostenuto da Hezbollah l'incarico di fare il nuovo governo", l'analisi di Rolla Scolari.
A destra: Hezbollah, longa manus dell'Iran
Con il sostegno esplicito del movimento terroristico sciita Hezbollah al governo libanese, il Libano cade sempre più sotto il controllo del regime criminale iraniano, che controlla Hezbollah nel Paese dei cedri. Nessuna reazione, per ora, dai Paesi occidentali.
Rolla Scolari
La nomina dopo settimane di stallo di un primo ministro non svuoterà la piazza in Libano. E non calmerà le divisioni interne al palazzo. La scelta del presidente Michel Aoun dopo le consultazioni di ieri non ha infatti per nulla ricucito le fratture. Hassan Diab, il nuovo premier libanese, è più conosciuto nelle aule universitarie che nei corridoi della politica. Ingegnere formatosi in Gran Bretagna, Diab è vice presidente della prestigiosa università americana di Beirut. Benché abbia servito tra il 2011 e il 2014 come ministro dell'Educazione, non è un nome che ha lasciato traccia nell'intricata storia politica del paese. A essere divisivo non è tanto la sua figura, quanto lo scontro interno alla politica libanese sul tipo di governo che dovrebbe emergere per traghettare un paese attraversato da ottobre da proteste contro il sistema, la corruzione, il confessionalismo, e sempre più vicino al collasso economico. Fino a mercoledì, Saad Hariri, l'ex primo ministro che si è dimesso a ottobre sotto la pressione della piazza, sembrava essere il candidato in grado ancora una volta di mettere d'accordo, anche se a malincuore, tutti i partiti (non il movimento di contestazione). Poi, c'è stato il passo indietro: la sua richiesta, quella di un governo di tecnocrati, rivendicazione dei manifestanti, non trova l'appoggio della maggior parte dei politici che, nonostante il dissenso popolare, sembra non aver intenzione di lasciare la poltrona, occupata nella maggior parte dei casi da decenni, se non tramandata di padre in figlio. Il nuovo leader, sunnita, come impone il sistema settario del paese, in cui il presidente è cristiano, e lo speaker del Parlamento sciita, è stato votato soltanto da una manciata di parlamentari sunniti. Il partito del Futuro, del premier uscente Hariri, ha preso infatti le distanze dal candidato, appoggiato invece in massa dai movimenti sciiti Amal, Hezbollah e dagli alleati cristiani del presidente Aoun: 128 deputati pro-siriani e sostenuti dall'Iran. Teheran ottiene con questa nomina una vittoria rischiosa per il Libano. Ammesso che Diab, con la sua poca esperienza politica, riesca a formare un governo - i sunniti di Hariri hanno già fatto sapere che non lo appoggeranno- la chiara impronta pro-iraniana dell'eventuale esecutivo renderebbe complicato negoziare con potenziali donatori come l'Arabia Saudita, rivale regionale dell'Iran, o con l'alleato americano gli aiuti finanziari sempre più necessari per evitare il tracollo economico.
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