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Gentilissima Signora Fait, purtroppo è vero che, nella predicazione, nella catechesi e in molte note e commenti alla Bibbia, spesso si usa il termine ‘Palestina’ per indicare Eretz Israel al tempo di Gesù. L’ho fatto anch’io, nei miei primi anni da catechista, prima che Arafat osasse, in un’intervista televisiva, arabizzare S. Pietro Apostolo (a Gesù non si era ancora arrivati) giocando sul termine ‘palestinese’. Tuttavia, nella mia esperienza, ciò non equivale a ‘degiudaizzare’ Gesù, giacché l’ebraicità sua, di Maria, di Giuseppe, degli Apostoli e primi discepoli è molto frequentemente ricordata e, già tra la seconda e terza classe di catechismo, viene raccontata tutta la storia di Israele da Abramo al ritorno dall’esilio babilonese. Il problema è che, in Italia, è comune pensare che ‘Palestina’ sia un termine ‘neutro’ per indicare la ‘regione storica’ sulle due rive del Giordano e la propaganda antisraeliana ne approfitta per suggerire che Gesù sia connazionale degli attuali abitanti arabi del medesimo territorio. Anche i ‘presepi palestinesi’ sono, il più delle volte, semplici rappresentazioni di come si pensa fosse Betlemme al tempo di Gesù, in contrapposizione a quelli di stile napoletano o, comunque, di ambientazione della Natività nel luogo in cui il presepe viene realizzato. Purtroppo, la mancanza di un’iconografia antica nota al grande pubblico del paesaggio di Eretz Israel venti secoli fa spesso induce i fabbricanti di statuine e disegnatori dei fondali ad ispirarsi ad architetture arabeggianti e, peggio ancora, oasi in un deserto di dune. Con i più cordiali saluti,
Annalisa Ferramosca
P.S.: Il Vangelo di Luca tace sul riscatto di Gesù come primogenito (che poteva essere compiuto anche fuori del Tempio) e collega espressamente la visita al Tempio di Maria e Giuseppe con Gesù neonato al tempo della purificazione della madre, che non poteva avvenire, secondo il Levitico, prima di quaranta giorni dal parto, nel caso di un figlio maschio (il doppio per una figlia femmina). Solo per inciso, il fulcro del racconto evangelico è la presentazione-offerta-consacrazione del Bambino a Dio, suo Padre, accompagnata dalle profezie degli anziani Simeone e Anna sul suo ruolo di Redentore e sul suo essere luce per la rivelazione alle genti e gloria di Israele.
Gentile Annalisa,
Il problema non è la rappresentazione dei presepi che ogni popolo realizza giustamente a seconda della propria cultura e tradizione, bensì le parole. La propaganda del "tutto è palestinese da Adamo ed Eva in poi" fatta dai propal entra profondamente nel cervello delle persone ed è questo il pericolo. Il negazionismo è il nuovo mezzo per diffondere l'odio antiebraico, si nega Gesù ebreo, si nega la Shoah, si nega il diritto di Israele ad esistere, si nega la verità storica costruendo montagne di menzogne e si offre il tutto, su un piatto d'argento, all'opinione pubblica come verità assoluta. Goebbels ne sarebbe molto orgoglioso.
Un cordiale shalom |
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