Iran-Russia: ecco l'asse delle dittature. E Teheran prova ad aggirare le sanzioni americane Cronaca di Giordano Stabile, analisi di Lorenzo Bagnoli, Matteo Civillini, Gianluca Paolucci
Testata: La Stampa Data: 09 dicembre 2019 Pagina: 8 Autore: Giordano Stabile - Lorenzo Bagnoli, Matteo Civillini, Gianluca Paolucci Titolo: «Teheran, nel budget arrivano i soldi russi - Il petrolio iraniano a Londra per evitare le sanzioni americane»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 09/12/2019, a pag.8, con il titolo "Teheran, nel budget arrivano i soldi russi", la cronaca di Giordano Stabile; a pag. 1, con il titolo "Il petrolio iraniano a Londra per evitare le sanzioni americane", l'analisi di Lorenzo Bagnoli, Matteo Civillini, Gianluca Paolucci.
Ecco gli articoli:
Giordano Stabile: "Teheran, nel budget arrivano i soldi russi"
Giordano Stabile
Lo scambio di prigionieri fra l'Iran e gli Stati Uniti ha aperto sabato una piccola finestra di trattative mala Repubblica islamica sembra determinata ad andare avanti nella sua sfida all'Occidente. Ieri il presidente Hassan Rohani ha presentato la finanziaria per l'anno fiscale 2020-2021 e l'ha definita di «resistenza», una manovra lacrime e sangue per «ridurre al minimo la dipendenza dal petrolio» e superare la crisi economica innescata dalle sanzioni americane. In un anno e mezzo, dal maggio 2018, le esportazioni di greggio sono crollate da 2,8 milioni di barili al giorno a meno di un milione. L'unico grande cliente rimasto è la Cina, anche centinaia di migliaia di barili passano attraverso triangolazioni con Paesi amici o neutrali, come la Turchia o la Malaysia. In ogni caso Teheran ha perso la principale fonte di entrate per le casse statali. La manovra sarà di 40 miliardi, su un Pil di 450, e prevede tagli massicci, a cominciare dalla fine dei sussidi ai prezzi dei carburanti. Il costo della benzina è già triplicato e la misura ha innescato la rivolta del 15-19 novembre, repressa con una brutalità senza precedenti, oltre mille morti. In questo caso il fronte riformista, rappresentato da Rohani e il ministro degli Esteri Javad Zarif, si è allineato agli oltranzisti. Le riforme economiche sono indispensabili a sopravvivere e i sussidi costavano l'1,6 per cento del Pil, oltre a sottrarre altre risorse alla Stato a causa del contrabbando verso il Pakistan. Il nuovo budget prevede anche un «prestito russo da 5 miliardi di dollari» e conta di far ripartire la crescita già nel prossimo anno, dopo due esercizi in recessione pesante, fino al 7 per cento quest'anno. La dirigenza iraniana è convinta di aver superato il peggio. Dall'anno prossimo potrà di nuovo importare armi, in base agli accordi con l'Onu, e la Russia è già pronta a vendere caccia Su-35 e sistemi anti-aerei. Il memorandum d'intesa con la Cina, firmato a settembre, prevede invece 400 miliardi di investimenti in infrastrutture e settore energetico. In questo contesto di «autarchia» e inserimento nella «Via della Seta», Teheran si sente in grado di resistere alle pressioni occidentali. Sabato il capo dell'agenzia atomica Asghar Zarean ha annunciato che a breve inaugurerà altre centrifughe per arricchire l'uranio, «concepite e prodotte in casa». Una nuova sfida all'America e all'Europa.
Lorenzo Bagnoli, Matteo Civillini, Gianluca Paolucci: "Il petrolio iraniano a Londra per evitare le sanzioni americane"
La società petrolifera nazionale iraniana, un uomo d'affari turco-iraniano vicino al presidente Recep Tayyip Erdogan, le sanzioni degli Stati Uniti verso Teheran. E sullo sfondo, l'avvocato personale del presidente Usa Donald Trump ed ex sindaco di New York, Rudy Giuliani, e le tensioni tra i due Paesi per l'estradizione ad Ankara di Fethullah Gulen, il clerico accusato di essere la mente dietro al tentato colpo di Stato del 2016 contro Erdogan. I documenti del leak di Formations House dimostrano come anche questa vicenda passa dagli uffici al 29 di Harley Street, nel cuore di Londra. Tra i documenti del leak c'è infatti il registro degli azionisti di una società, la Nico Ltd (Naftiran Intertrade Company). Dove compare, come soggetto che esercita il controllo, la National Iranian Oil Company, ovvero la compagnia petrolifera statale iraniana. E nel suo consiglio d'amministrazione, cinque cittadini iraniani. Nel 2016, a Miami, viene arrestato Reza Zarrab. Di origini iraniane ma con passaporto turco, secondo le autorità Usa aveva cercato, passando da una banca turca e da istituti di credito statunitensi, di vendere oro (il suo settore) in cambio di gas e petrolio iraniano, passando proprio dalla Nico Ltd.
I legami con Erdogan Ma Zarrab non è un tipo qualunque: amico del presidente Recep Tayyip Erdogan, nel 2013 è stato arrestato in Turchia nell'ambito dell'Operazione Grande Tangente, con l'accusa di far parte di un'associazione a delinquere insieme ai figli di alcuni dei più importanti ministri del governo Erdogan. L'episodio sarebbe stato tra le cause scatenanti del tentato golpe del 2016 che ha dato il via alle «purghe» di Erdogan contro i suoi oppositori. A marzo 2017 Zarrab assolda come legale, per un breve periodo, Rudolph Giuliani, oggi avvocato personale di Trump, per difenderlo nella causa giudiziaria di Miami. Giuliani, secondo una ricostruzione del Washington Post, sarà uno di quelli che cercherà di persuadere il presidente americano ad estradare Fetullah Gulen, l'oppositore di Erdogan considerato in Turchia come l'artefice del «golpe». Lo stesso Giuliani ha anche definito l'ayatollah Ali Khamenei «un malato di mente» e il suo entourage «maniaci omicidi-suicidi». La stessa Repubblica islamica che ha ingaggiato il suo assistito. Alla fine l'imprenditore iraniano ha patteggiato nel 2017. Non è la prima volta che la Nico Ltd viene «attenzionata» dalle autorità Usa. Nel 2013 gli Stati Uniti mettono sotto sanzione un imprenditore iraniano, Babak Zanjani, perché aveva cercato di aiutare a muovere «decine di miliardi di dollari» verso la Nico, che le autorità statunitensi definiscono «società delle Guardie islamiche rivoluzionarie». Racconta McClatchy, partner australiano del consorzio che ha lavorato al leak - per l'Italia La Stampa e Irpi -, che Formations House entra in questa vicenda ancora prima, nel 2014, quando la Nico cerca di cambiare indirizzo di residenza. La società di Harley Street 29 è in grado di offrire una soluzione in Gambia, dove il governo di Yahya Jammeh le ha affidato lo sviluppo di una «zona economica speciale».
Il cuore in Pakistan Gli interlocutori della società iraniana sono in contatto con la numero uno di Formations House, Charlotte Pawar, e con un certo Oliver Hartmann, un dipendente. Come scoperto dai giornalisti di The News, partner pakistano del consorzio, Oliver Hartmann altri non è che Syed Rizwan Ahmed, cittadino pachistano. Lo conferma lui stesso. Oliver Hartmann era il suo "nome d'arte" per gli affari: il suono tedesco dava maggiore sicurezza negli affari. Un'operazione di marketing che dà i suoi frutti: una mail di uno dei tanti imprenditori italiani a caccia d'opportunità in Gambia - settore in cui «Oliver» è tra i consulenti più utilizzati - si rivolge a lui in questo modo: «Posso contare sulla tua efficienza teutonica? :-)». Perché se a Harley Street 29 c'è la sede e un ufficio di Formations House, il vero cuore operativo dell'azienda è in Pakistan, paese d'origine della famiglia di Charlotte Pawar, a capo dell'azienda dal 2014. Pawar sostiene che i dati le siano stati rubati e i giornalisti, di conseguenza, sono «responsabili di una tentata estorsione e di un crimine», ha spiegato Pawar, senza però mai fornire le prove richieste. L'imprenditrice guida l'azienda dopo il patrigno, morto appena prima di cominciare le udienze di un processo in cui era accusato di aver favorito delle pratiche di riciclaggio. Quando i reporter hanno chiesto alla responsabile come mai queste falle nel sistema di verifica delle identità dei clienti, Pawar ha risposto: «Non abbiamo controllo sulle azioni di aziende e direttori una volta che abbiamo fornito loro il servizio di formazione dell'azienda. Le aziende costituite da Formations House hanno passato un processo di due diligence».
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