Non c'è più carisma, cara signora
Commento di Diego Gabutti
Mentre un tempo, e già non era una bella cosa, si guardava ai politici di panza come a grand’uomini, possenti nel bene come nel male, oggi li si guarda un po’ dall’alto in basso, come a pari grado se non addirittura come a soggetti inferiori, meno intelligenti, meno istruiti. Da padri dei popoli, nel volgere di pochi decenni, da «Migliori» e da «Cinghialoni», i politici si sono trasformati in sfigati senz’arte né parte, buoni soltanto (pensano gli elettori, e non soltanto chi s’astiene dal voto) a scroccare uno stipendio pubblico. Ieri si portava rispetto, un rispetto esagerato, per le prediche dadaiste d’Enrico Berlinguer, leader e santo, mentre oggi nemmeno in famiglia, figurarsi nel partito o tra «le masse», si porta rispetto al fratello svigorito (e insieme giulivo) del Commissario Montalbano. Con le sue pause studiate e i suoi saggi su Proudhon, che non scriveva lui ma che almeno firmava con un sincero svolazzo anti-marxleninista, c’era Bettino Craxi, mentre oggi c’è Matteo Renzi, con le sue discusse Fondazioni e quella sua eterna aria spigliata e malandrina da «la porti un bacione a Firenze». Di «bacioni, bacioni» si strafoga, bulimico e sbrodoloso, anche l’altro Matteo, già leader taragno, oggi nazional-sovranista (l’Italia non una ma due volte agl’italiani). Nessuno, o ben pochi, vedono in costoro dei capipopolo, come lo sono stati i grandi leader delle democrazie occidentali (lasciamo stare i «leader eterni» e i «cari leader» dei totalitarismi): Churchill e Roosevelt, Charles De Gaulle, Margaret Thatcher e Ronald Reagan, da noi Croce e Alcide De Gasperi, e persino un po’ Silvio Berlusconi (con la sua intendenza di «yesmen», ballerine di can can, parlamentari fotogenici, Ive Zanicchi). Carlo Calenda non era carismatico nemmeno da bambino, quando suo nonno, il regista Luigi Comencini, gli aveva affidato la parte del «piccolo Enrico» (tutto pulitino, contegnoso, un gran secchione) nella versione televisiva del libro Cuore. Qualcuno seriamente stravede per Giorgia Meloni, sorella d’Italia? Per il suo look sempre più sciccosetto, per i suoi modi da dominatrice sadomaso «de noantri», per il suo partito perennemente a rischio d’antisemitismo e di nazionalismo da barzelletta mussoliniana? Quanto alla sinistra cosiddetta «estrema», la Ditta di Pierluigi Bersani e degli altri nostalgici dei piani quinquennali, se ne sono perdute non soltanto le tracce ma persino la memoria, che non viene ravvivata neppure dalla rara elemosina di qualche comparsata nei talk show a intellettualini blasé come Gianni Cuperlo o a megafonatori strepitanti (sono l’equivalente, a sx, dei manganellatori) come Stefano Fassina, Vauro Senesi o Giorgio Cremaschi. Ultimi, ma (purtroppo) non per importanza, i Pupi 5 Stelle di Beppe Grillo, con la sua barba incolta e le sue urla scomposte da Mangiafuoco. Se tutti i politici, «de destra» e «de sinistra», non hanno più carisma, cara signora, nel caso dei cinquestelle siamo all’esatto contrario del carisma. Per rendere conto delle giravolte e dei saltafossi, degli strafalcioni, delle figuracce, dell’indifferenza per il diritto (ma anche per il rovescio) di Giggino, di «Dibba», di «Virginia, Virginia», del ministro Bonafede (in un’altra vita «Fofò il Dj») e di tutti gli altri miracolati dal voto autolesionista degl’italiani, suggerisco l’adozione d’un neologismo: «scarisma». «Scarisma», in effetti, è la perfetta descrizione, oltre che delle marionette pentastellari, anche di tutti gli altri fenomeni di questa terza o forse quarta repubblica (non so voi, ma io ho perso il conto). Capi «scarismatici», nemmeno il più bovino dei popoli può seriamente fare conto (così Max Weber) «sulla devozione all’eccezionale santità, eroismo o carattere esemplare d’una singola persona e dei modelli normativi o ordini rivelati o impartiti da tali soggetti». Di costoro non s’ammira la sapienza, ma ci si fa beffe (o peggio) della crassa, pluridocumentata incompetenza di cui danno incessantemente prova. Non divertiti oppure disgustati, ma disgustati e divertiti insieme, gl’italiani guardano con sprezzo del ridicolo nell’abisso dell’attuale fase politica, e l’abisso ricambia il loro sguardo con occhialoni colorati, da clown, e un naso finto, a forma di banana.
Diego Gabutti