Sudan: ecco perché il regime di sharia è in difficoltà Cronaca di Giordano Stabile
Testata: La Stampa Data: 30 novembre 2019 Pagina: 17 Autore: Giordano Stabile Titolo: «Sciolto il partito del dittatore Omar Al-Bashir. Addio alla sharia»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 30/11/2019, a pag.17, con il titolo "Sciolto il partito del dittatore Omar Al-Bashir. Addio alla sharia", la cronaca di Giordano Stabile.
Giordano Stabile
Omar Al-Bashir
Alaa Salah adesso potrà mettersi i pantaloni. Lo scorso aprile la studentessa è diventata il simbolo della rivolta contro il regime di Omar al-Bashir, quando dal tetto di una macchina incitava la folla vestita nel tradizionale soprabito bianco. Era la forza della «regina nubiana», la forza delle donne. Ma per la maggior parte della sudanesi il velo e gli abiti lunghi fino ai piedi non erano una scelta libera. Una legge approvata subito dopo il colpo di stato del 1989 proibiva, fino a ieri, ogni «tenuta indecente», compreso indossare i jeans o ballare a una festa di compleanno, e puniva le colpevoli con multe, carcere e nei casi più gravi scudisciate. Il regolamento medievale era il prezzo pagato dall'ex raiss al suo mentore ideologico, l'imam Hassan al-Turabi, una delle figure più influenti e controverse nel salafismo sunnita. Al-Turabi è caduto in disgrazia molti anni prima del dittatore, adesso a processo per corruzione, ma la legge è rimasta. E i militari, anche se ridimensionati dalla sollevazione che il 30 giugno ha fatto crollare il regime, potevano continuare a imporre le loro angherie. L'eredità della dittatura Ieri il premier Abdalla Hamdok ha annunciato la soppressione della legge in un pacchetto di misure che punta a liberare il Paese dall'eredità di trent'anni di dittatura. Il compromesso raggiunto il 5 luglio scorso, con la costituzione di un Consiglio esecutivo supremo, metà civile, metà militare, è rimasto impastoiato in questi mesi nelle discussioni costituzionali. La crisi economica, che giusto un anno fa aveva innescato la rivoluzione, si è aggravata. Le inondazioni del Nilo di quest'estate hanno peggiorato le condizioni della gente e smorzato l'euforia. Il governo ha mostrato i suoi limiti e neppure l'inizio del processo ad Al-Bashir è bastato a recuperare consensi. Serviva un taglio netto con il passato. Gli Stati Uniti hanno promesso aiuti e la fine delle sanzioni, non ancora revocate nonostante la caduta del raiss. Il premier Hamdok ha così anche annunciato la «dissoluzione» del Partito del Congresso, il braccio politico di Al-Bashir che controllava anche reparti delle forze di sicurezza responsabili del massacro del 3 giugno scorso, oltre cento morti a Khartoum. Hamdok ha promesso «lo smantellamento» del regime. D'ora in poi sarà proibito «esporre i suoi simboli» e la ricostituzione del partito è proibita per «dieci anni». Non basterà a rimettere in piedi un Paese devastato dalla corruzione, dalla guerra civile che ha portato alla secessione del Sud, dai terribili massacri nel Darfour. L'erede di Al-Bashir, il generale Dagalo, resta ancora al suo posto nel Consiglio, garante dei vecchi arnesi del regime. Ma le nuove leggi sono destinate ad accorciargli le unghie.
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