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Informazione Corretta Rassegna Stampa
26.11.2019 Iran in ginocchio, responsabile la politica degli ayatollah
Analisi di Antonio Donno

Testata: Informazione Corretta
Data: 26 novembre 2019
Pagina: 1
Autore: Antonio Donno
Titolo: «Iran in ginocchio, responsabile la politica degli ayatollah»
Iran in ginocchio, responsabile la politica degli ayatollah
Analisi di Antonio Donno

Risultati immagini per khamenei
L'ayatollah supremo Khamenei

Il mondo arabo è in subbuglio e lo è contro l’Iran. I nodi vengono al pettine e le manifestazioni che si susseguono in Libano e in Iraq lasciano presagire che la situazione del regime degli ayatollah e dei suoi associati non potrà che peggiorare. Se le repressioni in corso potranno momentaneamente sedare le rivolte, la tendenza è quella di una lotta senza quartiere per cacciare l’Iran dalle posizioni acquisite nel mondo arabo. Ma il punto di partenza politico e sociale della rivolta è nel seno stesso del regime iraniano. Benché le notizie filtrino stentatamente fuori dall’Iran, per le misure di blocco messe in atto dal regime, esse sono sufficienti per rivelare che è in atto nella società iraniana una rivolta contro il regime che non si fermerà. Del resto, le misere condizioni economiche alle quali Khamenei e soci hanno ridotto la popolazione del paese non potranno che fomentare sempre di più una ribellione che andrà incrementandosi con il passare del tempo e con il peggioramento della situazione economica. Oggi, possiamo cominciare a dire con sufficiente certezza che il regime ha fatto il passo più lungo della gamba. Le richieste sempre più incalzanti di denaro da parte delle formazioni terroristiche al soldo di Teheran rivelano che il denaro comincia a scarseggiare nei forzieri del regime. L’aumento del costo della benzina, per un paese che è tra i massimi produttori di petrolio, è ironicamente il segno di una crisi che non potrà che peggiorare. Tuttavia, quando la crisi sarà al culmine, la reazione del regime sarà ancora più feroce, come sempre accade quando le dittature sono al loro momento di massima crisi, quella che precede la loro fine. I prossimi anni saranno molto più duri di oggi per il Medio Oriente. Del resto, anche la situazione economica della Russia non brilla. Tutti i dati in nostro possesso indicano che il livello di vita della grande massa della gente comune è in via di peggioramento, e lo dimostra il calo drastico della popolarità del suo dittatore. Nel caso della Russia, siamo ancora ben lontani dalle manifestazioni di rivolta che si succedono in Iran, ma, se le condizioni economiche dovessero continuare a peggiorare, Putin, per mantenere il potere, dovrà giungere a riconsiderare i suoi piani nel Medio Oriente. Lo sforzo economico della Russia sul piano dello sviluppo nucleare e su quello della ricerca del petrolio nelle regioni artiche non potrà che avere delle ripercussioni negative sul livello di vita del popolo russo. Anche per il regime di Putin l’impegno economico nel Medio Oriente dovrà subire una profonda riconsiderazione. Ma tutto ciò comporterà i tempi necessari. Per questo motivo, la situazione del Medio Oriente andrà peggiorando e Israele dovrà affrontare situazioni impegnative. È molto probabile che il paese andrà a nuove elezioni, con la speranza che la situazione odierna di stallo politico si risolva. Ma, rispetto al resto del Medio Oriente, la democrazia israeliana è solida e fa affidamento su una classe politica che ha sempre trovato, nella sua storia, una soluzione positiva. I pericoli per Israele sono sempre venuti da fuori, non da dentro la sua struttura politica e sociale. Il riconoscimento da parte americana che gli insediamenti ebraici in Cisgiordania non sono illegittimi è stato un passo ulteriore da parte dell’Amministrazione Trump verso il riconoscimento dei diritti di Gerusalemme in faccia a coloro, soprattutto in Europa, che si ostinano a considerare Israele come l’elemento principale di destabilizzazione della regione. Un atteggiamento osceno che proviene, per la gran parte, proprio da quei paesi che hanno la coscienza sporca nei confronti del popolo ebraico. Un altro motivo per dire “no” all’ingresso di Israele in Europa, dove l’antisemitismo sta rivelando nuovamente la sua faccia orrenda. Israele non ha alcun interesse a fare questo passo. La storia insegna qualcosa a chi ne ha subito la violenza.

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Antonio Donno

takinut3@gmail.com

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