Iran, Amnesty: 'Almeno 143 morti nella repressione da parte del regime' Cronaca di Giordano Stabile
Testata: La Stampa Data: 26 novembre 2019 Pagina: 17 Autore: Giordano Stabile Titolo: «Amnesty rivela: 'Almeno 143 morti nella repressione delle proteste'»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 26/11/2019, a pag.17, con il titolo "Amnesty rivela: 'Almeno 143 morti nella repressione delle proteste' ", la cronaca di Giordano Stabile.
Giordano Stabile
Proteste a Teheran contro il regime
Sono almeno 143 le vittime della repressione in Iran, dopo le rivolte innescate dall'aumento del prezzo della benzina. È questo il bilancio stilato da Amnesty International. La ong ha raccolto testimonianze ed esaminato immagini e filmati filtrati in Occidente nonostante il blocco quasi totale di Internet. Secondo Amnesty «la maggior parte delle vittime è stata uccisa da armi da fuoco», comprese quelle di cecchini appostati sui tetti, come mostrano alcuni video. La repressione è stata fulminea. Dopo un primo giorno di disordini, il 15 novembre, il regime ha imposto il blackout su web e comunicazione con l'esterno. Forze di sicurezza e «basiji», i miliziani difensori dell'ordine, hanno usato una forza preponderante e stroncato la rivolta. Nel giro di una settimana sono rimasti soltanto piccoli focolai. Il regime ha così potuto proclamare quasi subito la vittoria, con la guida suprema Ali Khamenei e il presidente Hassan Rohani, un riformista che però in questo caso si è schierato senza esitazione con l'ala dura del regime. Anche perché la fine dei sussidi sui carburanti è essenziale per sopravvivere alla sanzioni americane. Le sovvenzioni costano 2,5 miliardi di dollari all'anno e causano una perdita di quasi 10 miliardi di Pil. La benzina sovvenzionata costa l'equivalente di 8 centesimi di dollaro e viene contrabbandata in Pakistan. C'è carenza sul mercato interno e lo Stato perde miliardi di possibili esportazioni.
Le contro-manifestazioni Il regime, ricompattato, ha organizzato ieri manifestazioni «contro i disordini» e portato in piazza decine di migliaia di persone. I toni sono stati ancor più trionfali. Il generale Hossein Salami ha arringato la folla e minacciato America, Arabia Saudita e Israele: «Se superano la linea rossa li distruggeremo. Avete già sconfitto l'arroganza straniera. Abbiamo inferto il colpo di grazia». Minacce che potrebbero preludere, secondo analisti israeliani, a nuovi attacchi nel Golfo. Informazioni di Intelligence hanno fatto trapelare che i raid del 14 settembre contro le infrastrutture petrolifere saudite sono stati decisi poche settimane prima in «una riunione a porte chiuse fra i massimi vertici militari e politici», con l'avallo di Khamenei. Potrebbero anche esserci nuovi attacchi alle petroliere nel Golfo, come quelli di giugno. Ieri il ministro della Difesa francese, Florence Parly, ha annunciato durante la sua visita negli Emirati l'avvio della missione di pattugliamento europea. Il centro di comando sarà nella base transalpina di Abu Dhabi, dove stazionano 700 militari francesi, sui 2400 complessivi in Medio Oriente.
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