Riprendiamo da LIBERO di oggi, 26/11/2019, a pag.9, con il titolo "Oggi esplode la rabbia araba contro Israele" la cronaca di Daniel Mosseri.
A destra: Abu Mazen
Daniel Mosseri
Oggi i palestinesi manifestano nella "giornata della rabbia" contro Donald Trump e il suo segretario di Stato Mike Pompeo. Per una volta non sono Hamas e la Jihad islamica a fare notizia dalla Striscia di Gaza ma è stata l'Autorità palestinese (Ap) presieduta da Abu Mazen, alias Mahmoud Abbas, a prendere l'iniziativa delle proteste. A chiamare a raccolta i palestinesi di Gaza e Cisgiordania contro l'amministrazione a stelle e strisce è stato Wasel Abu Yousef del comitato esecutivo dell'Olp. «Condanniamo nel modo più assoluto il tentativo americano di legittimare gli insediamenti».
LA SVOLTA STORICA A scatenare la rabbia dei palestinesi sono state le parole con cui Pompeo una settimana fa ha dichiarato che il Dipartimento di Stato ha abbandonato la dettata da un suo stesso documento del 1978. «Non consideriamo gli insediamenti di civili [nei territori conquistati da Israele con la Guerra dei Sei Giorni nel 1967, ndr] incompatibili con il diritto internazionale». Una frase pronunciata per rimarcare l'inversione a U rispetto al lascito dell'amministrazione precedente. A fine dicembre 2016, pochi giorni prima della fine del secondo mandato di Barack Obama, l'ambasciatore Usa all'Onu non oppose il proprio veto a una risoluzione secondo cui tutti gli insediamenti israeliani costituiscono una violazione del diritto internazionale. Allora protestarono tanto il premier israeliano Benjamin Netanyahu quanto il presidente-eletto Donald Trump. Oggi è il turno dei palestinesi, sostenuti dalla Lega araba che ha tenuto una riunione di emergenza per respingere la decisione Usa «ingiustamente di parte e inaccettabile» in virtù della quale gli Stati Uniti «hanno perso il loro ruolo di arbitro fra israeliani e palestinesi». Mike Pompeo non ha battuto ciglio, e alla dura presa di posizione della Lega ha replicato con un tweet invitando il mondo arabo «ad abbandonare la politica dei boicottaggi e a discutere con Israele». Questo era d'altronde il nocciolo della sua decisione precedente: gli Usa non credono che la posizione sulla presunta illegalità degli insediamenti abbia contributo al progresso della pace «e la dura verità è che non ci sarà mai una soluzione del conflitto per via giudiziaria». Sedetevi e discutete.
RECIPROCITÀ Le sue parole sono state accolte favorevolmente dalla grande maggioranza dei partiti israeliani di maggioranza e di opposizione, secondo i quali cosi come in Israele vive una larga minoranza araba, gli ebrei hanno il diritto di vivere in Giudea e in Samaria (e oggi gli insediamenti israeliani contano circa 700 mila residenti). L'Olp e l'Autorità palestinese sono del parere opposto, e anche l'Unione europea ha ribadito che «ogni attività di insediamento è illegale ai sensi del diritto internazionale ed erode la fattibilità della soluzione a due Stati e le prospettive di una pace duratura». Secondo il giornale israeliano Yedioth Ahronoth che riporta fonti dell'Ap, le proteste saranno guidate dal leader palestinese Mahmoud Aloul. «Crediamo che sarà un giorno molto violento in Cisgiordania», ha riferito la fonte, aggiungendo che «se ci saranno vittime da parte palestinese, si arriverà a uri escalation». Le principali dimostrazioni sono attese al checkpoint di Huwara nei pressi di Nablus, a Hebron e a Ramallah, ha anche scritto Yedioth, aggiungendo che allo scopo di massimizzare la partecipazione alle proteste, l'Ap ha stabilito che le scuole della Cisgiordania oggi chiudano i battenti alle 11.30. Da Gaza l'annuncio della protesta è stato salutato lunedì con l'esplosione di un colpo di mortaio verso il sud d'Israele che ha creato allarme fra la popolazione locale.
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