Riprendiamo da LIBERO di oggi, 16/11/2019, a pag.12, con il titolo "Lo scivolone di Papa Francesco. In Vaticano con l'imam antisemita" il commento di Giovanni Sallusti
Papa Francesco con l'imam anisemita al Tayed
Come il rifiuto di Liliana Segre alla cittadinanza di Napoli, rinviata al mittente De Magistris, ignorata oggi da tutti i quotidiani tranne Libero, anche l'incontro tra il Papa e l'imam Al Tayed non è stato giudicato degno di attenzione da tutti i media tranne Libero, con il commento di Giovanni Sallusti, degno esempio di giornalismo investigativo.
Giovanni Sallusti
Ha dannatamente ragione, Jorge Mario Bergoglio: il mostro dell'antisemitismo contemporaneo sta rialzando la testa. Probabilmente si è solo dimenticato di ricordarlo a Bergoglio Mario Jorge, che ieri ha ricevuto con sommi onori in Vaticano un manifesto antisemita.
Andiamo con ordine. E qualche giorno che Papa Francesco batte sul «rischio antisemitismo», che «non è umano né cristiano». Ieri ha scomodato anche lo spettro perenne del Novecento: «A volte ricompaiono emblemi e azioni tipiche del nazismo», che con le sue persecuzioni «rappresenta il modello negativo per eccellenza di cultura dello scarto e dell'odio», ha ricordato a una delegazione di penalisti ricevuta in udienza. Chiudendo con l'appello: «Occorre vigilare, sia nell'ambito civile sia in quello ecclesiale, per evitare ogni possibile compromesso - che si presuppone involontario - con queste degenerazioni».
Si presuppone involontariamente, poche ore prima il Pontefice aveva abbassato un po' la guardia, e probabilmente si era scordato di «vigilare» sulle «degenerazioni» delle proprie frequentazioni. Sempre in udienza, infatti, aveva ospitato la visita di Ahmad Al-Tayeb, Grande Imam di Al-Azhar, la massima autorità spirituale del mondo islamico sunnita. «Mi riempie tanto di gioia vederla», avrebbe detto Francesco all'interlocutore, donando a lui e alla sua delegazione una scultura a forma di ulivo: «Siate messaggeri di pace», Ed ecco la storia e le gambe che dovrebbero portare in giro per il mondo quest'ambasciata sulla "Fratellanza umana", come si chiama il documento firmato dai due in un precedente incontro di agosto (ormai sono intimi, il che alla luce di quanto segue non lascia serenissimo chiunque sia preoccupato dall'antisemitismo montante).
Già quand'era Gran Muftì d'Egitto, owero massimo giureconsulto islamico, Al-Tayeb proponeva una serie di pacifiche e fraterne riflessioni a proposito del disteso rapporto che intercorre tra islam e questione ebraica. «La soluzione al terrore israeliano risiede nella proliferazione degli attacchi suicidi che diffondono terrore nel cuore dei nemici di Allah». Attentati che sono legittimati politicamente: «I paesi, governanti e sovrani islamici devono sostenere questi attacchi di martirio».
E perfino teologicamente (del resto nella cultura del Grande Imam sono due lati della stessa medaglia, in assenza di qualunque vago cenno di secolarizzazione): «Le operazioni di martirio in cui i palestinesi si fanno esplodere sono permesse al cento per cento secondo la legge islamica».
Per questi suoi reiterati inviti a far saltare in aria gli ebrei, i civili, le donne, i bambini, Al-Tayeb venne duramente attaccato da un rapporto del Congresso americano, ma evidentemente in queste posizioni Papa Francesco non ravvisa tracce di antisemitismo, nonostante "vigili" notte e giorno.
Né pare aver turbato il Santo Padre quell'intervista rilasciata dal suo dirimpettaio al Canale 1 egiziano nell'ottobre 2013, in cui ricacciava il più trito topos dell'antisemitismo storico, quello secondo cui gli ebrei praticano sistematicamente l'usura.
Del resto, Al-Tayeb non cela e nemmeno edulcora le proprie opinioni, anzi ha più volte chiamato all'unità il mondo arabo e musulmano contro il «comune nemico sionista». E si tratta di convincimenti radicati, dal momento che già nel settembre 2004, durante uno degli incontri interreligiosi di pace organizzati dalla Comunità di Sant'Egidio, offri pubblicamente la propria interpretazione del dialogo con l'altro, approvando senza riserve le stragi dei kamikaze palestinesi.
Durante una tavola rotonda intitolata "Disarmare il terrore. Un ruolo per i credenti", ebbe l'ironia tragica di affermare che non si può «affibbiare l'etichetta di terrorismo a quella che è solo una reazione di autodifesa per proteggersi da qualcosa, come nel caso della resistenza nei confronti di forze d'occupazione».
Anche a un olfatto particolarmente pigro, pare proprio di sentire tanfo di antisemitismo, nei pensieri, nelle parole e nelle opere di Ahmad Al-Tayeb. Il quale, per inciso, nel gennaio 2011 ruppe qualsiasi relazione con la Santa Sede, perché l'allora Papa Benedetto XVI aveva condannato l'attentato islamista di Capodanno in una chiesa cristiana copta di Alessandria.
Un «intervento inaccettabile negli affari dell'Egitto», tuonò l'imam, altro che fratellanza universale. E aggiunse che avrebbe considerato chiuso qualsiasi dialogo con la Chiesa cattolica finché Benedetto non si fosse scusato pubblicamente. Cosa che ovviamente Ratzinger si guardò bene dal fare.
Altri tempi, e altri Papi.
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