Gaza: per ora regge la tregua Cronaca di Giordano Stabile
Testata: La Stampa Data: 15 novembre 2019 Pagina: 14 Autore: Giordano Stabile Titolo: «Regge la tregua a Gaza, Netanyahu: 'Vittoria'»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 15/11/2019, a pag.14, con il titolo "Regge la tregua a Gaza, Netanyahu: 'Vittoria' " la cronaca di Giordano Stabile.
Giordano Stabile
Una raffica di missili sparati da Gaza contro Isrele
Fra Israele e la Jihad islamica di Gaza è tregua dopo due giorni di scontri di una intensità senza precedenti. L'accordo è stato raggiunto nella notte fra mercoledì e giovedì e ha retto nonostante il lancio di almeno cinque razzi nel corso della giornata di ieri. La mediazione di Egitto e Onu ha alla fine convinto la leadership del gruppo jihadista, che alle 5 e 30 del mattino ha confermato il cessate-il-fuoco. Oltre alle pressioni dei mediatori sono state decisive anche quelle di Hamas, il movimento che governa la Striscia dal 2007, ora scavalcato in estremismo. La Jihad ha rivendicato la fine degli «omicidi mirati» promessa da Israele, anche se non ci sono conferme ufficiali. Hamas ha aggiunto di aver ottenuto la limitazione dell'uso di proiettili veri contro le «marce della pace» che si tengono ogni venerdì. I palestinesi sembrano soddisfatti, nonostante le 34 vittime subite, compresi alcuni civili e un bambino. Benjamin Netanyahu ha invece rivendicato in pieno «la vittoria». L'operazione, ha spiegato, «ha avuto successo» e «i nostri nemici hanno ricevuto il messaggio». Cioè il rischio di essere eliminati in qualsiasi momento, come accaduto al leader dell'ala militare della Jihad, Baha Abu al-Ata, ucciso martedì in un raid chirurgico contro la sua abitazione. I palestinesi contano anche 97 feriti, mentre 50 israeliani sono stati ricoverati per ferite lievi o in stato di choc. I jihadisti hanno però dato prova della loro pericolosità. In 48 ore hanno lanciato 400 razzi, mentre durante l'operazione Piombo Fuso (2008-2009) in venti giorni Hamas era riuscita a utilizzarne 380. Questo ridimensiona in parte il successo rivendicato da Netanyahu e cioè l'aver «fatto fuori un comandante della Jihad islamica assieme a decine di terroristi e di importanti infrastrutture». L'arsenale del gruppo jihadista era temuto dalle forze armate israeliane, tanto che l'operazione contro Abu al-Ata era già pronta da due anni ma è stata tenuta in sospeso. Finché il premier e il neoministro della Difesa Naftali Bennett hanno deciso di correre il rischio, anche su consiglio del direttore dei Servizi interni, lo Shin Bet, Nadav Argaman. Ieri l'esercito ha tolto le restrizioni di sicurezza e la gente è tornata alla vita normale. Sono stati anche riaperti il valico pedonale di Erez e quello commerciale di Kerem Shalm con Gaza. Uno sporadico lancio di razzi, cinque in tutto, non ha influito sull'accordo, anche se il ministro degli Esteri israeliano, Yisrael Katz, ha ribadito che Israele manterrà il cessate il fuoco fino a quando le milizie palestinesi rispetteranno i patti: «Alla calma risponderemo con la calma».
Il nodo del governo Netanyahu ora torna alle battaglie politiche. La situazione di emergenza ha ridato fiato a fautori di un governo di unità nazionale, compreso il suo sfidante all'interno del Likud, Gideon Saar. Il problema è che il leader dell'altro grande partito e premier incaricato, Benny Gantz, ha posto come condizione che Netanyahu ne stia fuori. Ha ancora una settimana per riuscire a trovare una maggioranza. Poi si rischiano le terze elezioni anticipate.
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