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Il Foglio - La Verità Rassegna Stampa
12.11.2019 Chef Rubio: un antisemita fanatico senza attenuanti, Matteo Renzi lo sostiene
Editoriale del Foglio, commento di Francesco Borgonovo

Testata:Il Foglio - La Verità
Autore: Francesco Borgonovo
Titolo: «Odiatori di odiatori - Italia Viva vuoi portare in Rai Rubio lo chef che odia Israele»
Riprendiamo dalla VERITA' di oggi, 12/11/2019, a pag. 17, con il titolo "Italia Viva vuoi portare in Rai Rubio lo chef che odia Israele", il commento di Francesco Borgonovo; dal FOGLIO, a pag. 3, l'editoriale "Odiatori di odiatori".

Il fanatismo antisemita di Chef Rubio, un cuoco tv in cerca di visibilità, non ha limiti. Rubio ha invitato a "eliminare fisicamente" i cittadini di Israele e più volte equiparato Israele al nazismo. I suoi tweet che riproduciamo di seguito in questa pagina danno un'idea delle sue posizioni, di fronte alle quali la condanna dovrebbe essere unanime. Italia Viva di Matteo Renzi lo sostiene.

Ecco gli articoli:

LA VERITA' - Francesco Borgonovo: "Italia Viva vuole portare in Rai Rubio lo chef che odia Israele"

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Francesco Borgonovo
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Un tweet antisemita di Chef Rubio

La brillante idea è venuta a Michele Anzaldi, un vero genio della televisione, deputato di Italia Viva e segretario della commissione di Vigilanza Rai. L'elevato pensiero è stato affidato a Twitter: «Chef Rubio lascia Discovery: la Rai avrà il coraggio di proporgli un programma, magari che parli di ultimi e periferie e sappia interessare i giovani? Oppure ci sarà un pregiudizio politico per le sue idee? In questa Rai vengono ingaggiati solo biografi e supporter di Salvini?». Piccolo riepilogo per chi non avesse seguito le puntate precedenti. Chef Rubio, alias Gabriele Rubini (36 anni, diplomato all'Alma di Gualtiero Marchetti) ha condotto per anni sui canali del gruppo Discovery trasmissioni anche divertenti - a tratti - come Unti e bisunti e Camionisti in trattoria. Nei giorni scorsi si è saputo che il nostro eroe e il grande gruppo televisivo hanno rotto. Il diretto interessato ci ha subito tenuto a precisare che «si tratta di una scelta mia», dunque non l'hanno licenziato causa bassi ascolti. Anche se poi Rubio ha dichiarato: «Continuare a girare per gli ascolti non è mai stata e mai sarà una mia peculiarità e farlo mi avrebbe reso infelice Tempo fa scrisse sui social network «Prima pecore poi lupi. Lo sanno tutti che il terrorismo non ha la kefiah ma va in giro con i carri armati» e ancora più nervoso di quanto già non fossi alla fine della terza stagione». Leggendo queste parole viene da pensare che, in effetti, qualche problemino di ascolti magari ci fosse. E purtroppo quella dello share è la dura legge della tv commerciale: se la gente ti guarda, bene; altrimenti tanti saluti. Certo, sarebbe opportuno che alcuni programmi di particolare valore sociale e culturale non fossero soggetti alla mannaia dello share, ma non è il caso delle trasmissioni di Rubio. Tra l'altro lui si propone come «voce del popolo», e se il popolo non lo segue come dovrebbe mica pub lamentarsi. Parte della sinistra, tuttavia, ha già trasformato il cuoco rosso in una icona rivoluzionaria. Ieri su Repubblica Licia Granello ha spiegato che «Rubio si è speso moltissimo per affermare un'idea di cucina democratica e inclusiva infarcita di commenti al vetriolo contro la destra e un occhio di riguardo per Matteo Salvini». Secondo la Granello, «solo Rubio e i responsabili di Discovery sanno la verità sul divorzio: censura, mobbing o semplice disamore. Certo, veder spadellare con la vacua leggerezza di Nonna Papera riesce molto più rassicurante per autori e spettatori. Basta sapersi accontentare». Ah, ecco Rubio il martire, alfiere della democrazia ai fornelli ed eroico nemico della destra. E infatti ecco arrivare l'immancabile Anzaldi a rivendicare per l'indomito progressista un posto sull'emittente pubblica (anche se poi ha cercato di fare una mezza retromarcia). Grande trovata, dicevamo: è noto che in Rai basta avere una copertura politica e come per magia gli ascolti non sono più un problema. Se stai dalla parte giusta puoi tirare dritto anche se il pubblico ti evita. L'aspetto grottesco di tutta questa vicenda, però, non riguarda gli ascolti bensì le posizioni politiche e ideologiche che Rubio - da un bel po' di tempo a questa parte - esprime sui social network e altrove. Tanto per fare un esempio, lo scorso agosto il cuoco ha pubblicato online un post in cui spiegava: «Se volete salvare il pianeta spendete meno, consumate meno, ed eliminate fisicamente i sovranisti e co». I suoi tweet contro Salvini (e, più in generale, contro qualunque essere umano vagamente riconducibile alla destra) sono tristemente noti, e sono giunti in qualche caso a minacce d'aggressione fisica. Per quanto disgustosi, tuttavia, gli insulti ai «sovranisti» non sono nulla di nuovo sotto il sole. La vera specialità dello chef sono gli attacchi a Israele. Secondo Rubio «non è una democrazia». Ed ecco il motivo: «Se lo Stato di Israele è ebraico non può essere democratico, perché non esiste uguaglianza. Se è democratico, non può essere ebraico, poiché una democrazia non garantisce privilegi sulla base dell'origine etnica. Fine della storia». Sono anni che Rubio va avanti così. Nel 2017 scrisse: «Rabbi la storia è ciclica: prima pecore e poi lupi. E lo sanno tutti che il terrorismo non ha la kefiah ma va in giro con i tank». Più di recente ha definito gli israeliani «esseri abominevoli». Ora, Rubio è certamente libero di pensarla come vuole e di scrivere ciò che gli pare. Il punto è: come è possibile che la sinistra italiana (o una parte di essa) ne faccia un eroe? Repubblica lo difende per via della sua cucina «democratica e inclusiva». Già, così inclusiva da invitare allo sterminio dei sovranisti e degli israeliani. Il renziano Anzaldi lo vorrebbe nei canali di Stato. Stiamo davvero parlando della stessa sinistra che ogni giorno si riempie la bocca con l'importanza della commissione Segre? Sei progressisti fossero coerenti, direbbero che Rubio ha - molto più di altri - il perfetto profilo dell'odiatore social. Invece lo difendendo. Si vede che allo chef «inclusivo» è concesso dire che gli ebrei d'Israele sono «esseri abominevoli». Più che un posto in Rai, gli dovrebbero dare un posto nel Reich.

IL FOGLIO: "Odiatori di odiatori"
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Un tweet intriso nell'odio di Chef Rubio

In un periodo in cui gli odiatori hanno successo, non potevano non averne altrettanto gli odiatori di odiatori. E’ il caso di Chef Rubio, un personaggio televisivo che si occupa di cucina – in realtà più come consumatore che come preparatore di cibi da trattoria – e che si è costruito una certa fama social come rivale social di Matteo Salvini. E’ un truce di sinistra e il suo linguaggio uguale e contrario a quello del truce di destra lo ha fatto diventare popolare. In questi giorni è stata annunciata la sua separazione da Discovery, l’emittente televisiva per cui conduceva un paio di programmi. Non si sa quali siano i motivi dell’interruzione della collaborazione, ma questo è bastato a trasformare il cuoco antisalviniano in intellettuale e libero pensatore. Un parlamentare di Italia viva, Michele Anzaldi, ha persino chiesto alla televisione pubblica di affidargli uno spazio: “La Rai avrà il coraggio di proporgli un programma, magari che parli di ultimi e periferie e sappia interessare i giovani? Oppure ci sarà un pregiudizio politico per le sue idee?”. Ma la presa di posizione più surreale è quella di Cathy La Torre, attivista per i diritti Lgbt e animatrice della campagna #odiareticosta che punta a “garantire che a ogni commento d’odio in rete corrisponda un risarcimento danni”. In pratica: chi sparge odio paga. La Torre ha scritto un post in difesa della libertà di opinione di Chef Rubio, “una di quelle persone che, dicendo e urlando il suo pensiero (a volte un po’ brusco, certo) non guadagnava nulla, anzi”. La cosa surreale è che Chef Rubio è un odiatore professionista, i suoi “pensieri bruschi” sono ripetuti e violenti insulti antisionisti e antisemiti. Tipo “Vermi sionisti”e “nazisti sionisti”, definisce Israele “cancro del mondo” e “nonstato nazista” e attinge alla più vergognosa retorica antisemita definendo gli ebrei “pulciari e avari dalla notte dei tempi”. Così alla fine gli animatori di #odiareticosta si ritrovano a difendere un odiatore in nome del free speech: un cortocircuito totale per un gruppo che punta a limitare la parola degli hater. Ma che dice molto su certe campagne, caratterizzate da un forte bias ideologico, che alcuni odiatori – quelli amici – anziché denunciarli finiscono per difenderli.

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