Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 09/11/2019, a pag.16, con il titolo "L'accusa dell'inviato americano Roebuck 'In Siria in corso una pulizia etnica" l'analisi di Giordano Stabile
Giordano Stabile
Nel Nord-Est della Siria è in corso una «pulizia etnica» e gli Stati Uniti «non hanno fatto abbastanza» per fermare l'offensiva turca contro i curdi. L'atto di accusa arriva da William Roebuck, inviato speciale Usa presso la Coalizione internazionale anti-Isis. In questo ruolo Roebuck ha vissuto per 4 anni a fianco dei guerriglieri che hanno sconfitto lo Stato islamico a Raqqa e assistito con sgomento al ritiro improvviso deciso da Trump. Per questo ha scritto un rapporto destinato agli alti funzionari della Casa Bianca e in particolare all'inviato speciale per la Siria, James Jeffrey. L'offensiva turca Secondo Roebuck, le operazioni turche, condotte da «gruppi islamisti» sono «un tentativo intenzionale di pulizia etnica», con abusi che possono essere descritti «come crimini di guerra». Un giorno, continua Roebock, «la gente si chiederà che cosa è accaduto e perché l'America non han fatto di più per fermare la Turchia» in un'offensiva che ha provocato la morte di 200 persone e 100 mila sfollati. Ormai è tardi per rimediare, ma in ogni caso Washington dovrebbe «parlare a voce alta e sottolineare le responsabilità turche nei confronti delle popolazioni civili». Roebuck è un importante interlocutore del comandante dei curdi siriani, Mazlum Abdi Kobani, protagonista della lotta all'Isis e ora della resistenza contro i nuovi jihadisti.
Il generale continua a chiedere protezione contro la «pulizia etnica» nei confronti dei curdi nelle aree conquistate dai ribelli filo-turchi. E le parole di Roebuck, fatte trapelare dal «New York Times», arrivano proprio mentre l'inviato della Casa Bianca Jeffrey è ad Ankara per preparare la visita di Erdogan a Washington, mercoledl prossimo.
Il vertice con Trump non si presenta facile. La pressione del Congresso perché il presidente imponga nuove sanzioni è fortissima. Le voci a favore dei curdi si fanno sentire sempre di più. Le immagini dello scempio subito dalla 35enne Hevrin Khalaf dai ribelli jihadisti alleati della Turchia continua a scioccare, cosl quelle dell'oltraggio ai cadaveri delle guerrigliere.
Per il leader turco sarà difficile rimediare alla crisi nei rapporti dell'America, cominciata già con la decisione di acquistare missili russi e precipitata dopo l'invasione del Kurdistan siriano. Ma secondo l'analista dell'Ecfr Asli Aydmtasbas «quello che conta per Erdogan è poter dire che ha messo fine all'autogoverno dei curdi in Siria e di essere capace di agire senza il consenso di Washington, persino in aree con presenza militare americana».
Per inviare alla Stampa la propria opinione, telefonare: 011/65681, oppure cliccare sulla e-mail sottostante