Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 09/11/2019, a pag.9, con il titolo "L'antisemitismo più grave è quello a bassa intensità", l'intervista di Francesca Sforza a Felix Klein
Felix Klein
Quando Felix Klein venne nominato da Angela Merkel 'commissario per affrontare la diffusione dell'antisemitismo in Germania' dichiarò che gli ebrei non dovevano più andare in giro con la kippà e qualsiasi altro segno che li rendesse riconoscibili. Parole che stupirono alquanto, almeno sulla sua capacità di valutazione del problema.
Dall'intervista che segue qualche passo in avanti l'ha fatto, non molti per la verità. Dichiarare che in Italia l'antisemitismo sia soltanto di destra significa ignorare il problema legato agli insegnamenti che avvengono nelle moschee, gli sarebbe utile un incontro, durante il suo attuale tour italiano, con il giornalista Alberto Giannoni, uno dei maggiori esperti di antisemitismo islamico in Italia.
Ecco l'intervista:
Francesca Sforza
In Italia il nuovo antisemitismo risorge dall'estremismo di destra, in Francia è più legato alla matrice araba, in Germania e nei paesi dell'Est Europa le ragioni storiche si saldano alla presa di consenso dei movimenti neonazisti: «Le situazioni di partenza sono tutte diverse, ma l'avanzata dell'antisemitismo è un dato che si registra ovunque in Europa», ci dice Felix Klein, a capo dell'ufficio governativo che è stato istituito per la prima volta a Berlino nel maggio 2018 per contrastare il fenomeno e che dipende direttamente dal ministero dell'Interno.
Felix Klein, che dimensioni ha l'antisemitismo oggi in Germania?
«Per quanto riguarda i reati perseguibili veri e propri si è registrato un aumento del 20 per cento degli episodi tra il 2017 e il 2018. La cosa grave però è l'antisemitismo a bassa intensità: teniamo presente che in Germania c'è sempre stata una percentuale di atteggiamenti antisemiti compresa tra il 15 e il 20 per cento, ma adesso questi atteggiamenti vengono resi pubblici in particolare grazie ai social e a Internet. Il clima inoltre è sempre più teso nelle scuole e negli stadi».
C'è un antisemitismo quotidiano più forte?
«Si, soprattutto nelle scuole, dove la parola ebreo è diventata un insulto, ai miei tempi non era assolutamente così. Oggi l'antisemitismo quotidiano che gli ebrei respirano è molto sottile, imparagonabile al passato».
Qualche esempio?
«La scena rap è un luogo particolarmente preoccupante: la voglia di provocazione è aumentata, l'anno scorso ci sono stati due rapper che hanno scritto un testo prendendo in giro l'Olocausto, delle cose incredibili. Siamo di fronte a un'onda crescente dove è normale usare la parola ebreo come un insulto».
Quanto incide secondo lei Bds, la campagna internazionale di boicottaggio dei prodotti israeliani, nel fomentarel'antisemitismo?
«Molto, considero la Bds davvero pericolosa perché mette in questione la stessa esistenza dello stato di Israele. "Non comprate dagli ebrei" era uno slogan dei nazisti, non dobbiamo dimenticarlo. E' una delegittimàzione di Israele, che usa la critica politica come cortina di fumo. Dietro c'è solo l'odio per gli ebrei».
La Germania ha lavorato molto sul suo passato. Cosa non ha funzionato?
«La cultura del ricordo è stato qualcosa di molto bello e importante per la Germania, e ha immunizzato a lungo contro l'antisemitismo, ma l'antisemitismo era ancora lì, il fatto che non fosse manifesto non significa che non ci fosse. Il problema è che i testimoni dell'Olocausto sono sempre meno, gli studenti non li conoscono più, le forme del ricordo del passato oggi non funzionano più, bisogna trovare qualcosa di nuovo. Dobbiamo offrite nuovi progetti con nuovi media, con forme interattive». Strategie per fronteggiare il fenomeno?
«Occorre adattare le forme della cultura del ricordo al presente. A Berlino ad esempio abbiamo fatto un progetto in cui si racconta di una famiglia egiziana che ha salvato una famiglia ebrea durante il nazismo; ha funzionato molto bene tra i bambini arabi, turchi ed ebrei che vi hanno partecipato. Un modo per cambiare la cultura del ricordo rispetto al passato. E poi bisogna promuovere i giorni della cultura ebraica, le visite in sinagoga, i ristoranti ebraici, parti della realtà quotidiana, e cambiare i libri di scuola, perché gli ebrei in Germania non sono state soltanto le vittime dei nazisti, ma anche una parte fondamentale per la formazione della cultura europea».
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