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Quando Nedo Fiano parla della Shoa' fa venire i brividi perche' lui non racconta, non spiega, lui rivive, lui grida, lui piange, lui rigurgita l'Olocausto da ogni poro della sua pelle. Ho avuto il privilegio e l'onore di avere Nedo Fiano ospite a Merano alcuni anni fa per tenere una "conferenza" sulla Shoa' al pubblico meranese. Ho messo le virgolette a conferenza perche' il suo e' stato un grido di disperazione, un urlo di incommensurabile dolore, lui ha pianto lacrime vere, ha parlato della Madre singhiozzando come se la sua morte nel crematorio di Auschwitz fosse avvenuta un giorno , non 50 anni, prima. La sua non e' stata una conferenza ma un' invocazione inconsolabile: "Questo e' stato e io sono ancora vivo e voi siete ancora vivi e l'umanita' esiste ancora dopo questo". Ricordo che, quando Nedo Fiano smise di colpirci a sangue con le sue parole strozzate da singhiozzi , la sala piombo' nel silenzio piu' atroce, un silenzio che gonfiava le pareti e che dava la sensazione strana e paurosa che potesse esplodere da un momento all'altro. Un'esplosione di silenzio, il silenzio di sei milioni di anime urlanti, il silenzio delle fiamme e della cenere umana. Il silenzio di un milione e mezzo di bambini che, trasformati in fumo, uscivano dal camino nero dei campi della morte. Passo' diverso tempo prima che ci riprendessimo e fossimo in grado di parlare con voce quasi normale, ci fu chi usci' a testa bassa senza dire una parola e senza guardare nessuno. Ognuno solo con se stesso, con il dolore e la vergogna che tutti provavamo come esseri umani ancora vivi dopo quello che avevamo sentito penetrare nella nostra carne, non solo nel nostro cervello e nel nostro cuore. Oggi ho rivisto il signor Fiano a Unomattina dove era stato invitato per "raccontare", cosa che lui, come sempre, non ha fatto. Nedo Fiano ha trasmesso emozioni e dolore, non ha raccontato perche' la Shoa' con tutti gli annessi e connessi, non si puo' raccontare ma, chi l'ha vissuta, puo' solo urlarla, gridarla, con disperazione e con l'inconsolabile consapevolezza che mai nessuno capira'. Il 16 ottobre 1943, all'alba di quel sabato che verra' sempre ricordato come il sabato nero, aveva inizio il rastrellamento degli ebrei romani. Di casa in casa i tedeschi di Kappler, che aveva appena intascato i 50 chili d'oro raccolti dagli ebrei per aver salva la vita, strappavano le famiglie, le persone, senza fare distinzione tra donne uomini vecchi o bambini, erano ebrei e tanto bastava. Venivano portati via dalla loro vita perche' si chiamavano Davide o Sabatino, Sara o Settimia. Furono rastrellate 1.022 persone, portate alla stazione Tiburtina, gettati nel carri bestiame da la' incomincio' il viaggio verso Aushwitz. Giorni e giorni senza bere, senza mangiare, tra gli escrementi, con i bambini che urlavano disperatamente. Giorni e giorni di buio , di terrore, di non sapere dove li portavano, vedendo che i piu' deboli e spaventati gia' incominciavano a morire prima di essere vomitati fuori dai carri e, tra calci e urla della bestia nazista, disposti in due file. La fila di quelli che dovevano morire piu' tardi, dopo aver lavorato come schiavi, dopo essere stati sottoposti a esperimenti chirurgici senza anestesia, dopo essere stati torturati e aver visto i loro figli bambini dati, ancora vivi, in pasto ai cani. L'altra fila era per quelli che avevano il privilegio, perche' troppo vecchi o troppo giovani, quindi inutili, di essere mandati a morte subito: gas e crematorio per poi posarsi , cenere, sulla neve. Per ogni ebreo preso in Italia c'era una spia dei tedeschi e ogni spia riceveva in premio 5000 lire e un chilo di sale. "La vita di un ebreo valeva meno di una Topolino e di un po' di sale", sussurra Fiano davanti alle telecamere. 16 ottobre 1943, il sabato nero per gli ebrei e per ogni essere umano. Tornarono in 16. Nessun bambino. Sono passati 60 anni, Nedo Fiano continua a gridare la sua storia davanti agli studenti delle scuole italiane, continua a parlare di sua Madre piangendo come se l'avessero ammazzata ieri. Continua Nedo Fiano e forse le lacrime scendono sul suo viso non solo per il ricordo insostenibile, lo stesso ricordo che ha portato Primo Levi al suicidio, ma perche' si rende conto che l'antisemitismo non e' morto la' tra i forni di Aushwitz dove furono bruciate 2.500.000 di persone. L'antisemitismo e' piu' vivo che mai, ha avuto una mutazione ma e' sempre in movimento e questa volta si muove verso Israele ed esplode contro lo stato degli ebrei. Ancora odio feroce ma, se possibile, piu' isterico perche' l'antisemitismo, come un qualcosa di vivo e pensante, si e' reso conto che loro, gli ebrei, non sono piu' disposti a farsi ammazzare gratis e che, dopo duemila anni di atrocita', hanno deciso di difendersi a qualunque costo. Oggi i tempi si sono evoluti, il mondo e' cambiato e lui, l'antisemitismo, non si accontenta piu' di 5000 lire e di un chilo di sale. Oggi vuole di piu', molto di piu', vuole un Paese, vuole una Democrazia, vuole mangiarsi gli ebrei ma il prezzo e' salito perche' c'e' un'alleanza tra l'odio occidentale e l'odio islamico. Il petrolio vale molto e va sfruttato alla bisogna. Deborah Fait |
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