Arabia Saudita: il piano economico di Mohammed bin Salman Cronaca di Roberto Bongiorni
Testata: Il Sole 24 Ore Data: 05 novembre 2019 Pagina: 11 Autore: Roberto Bongiorni Titolo: «Il piano ambizioso del principe per ridisegnare l'Arabia Saudita»
Riprendiamo dal SOLE24ORE di oggi, 05/11/2019, a pag.11, con il titolo "Il piano ambizioso del principe per ridisegnare l'Arabia Saudita" l'analisi di Roberto Bongiorni.
Uno stabilimento della Saudi Aramco
Non si tratta soltanto di una questione di prezzo. La quotazione in borsa del colosso energetico saudita, la Saudi Aramco, è un percorso quasi obbligato per rastrellare parte dei fondi destinati a Vision 2030. L'ambizioso- e costoso - piano voluto dal giovane principe reggente Mohammed Bin Salman, volto a diversificare l'economia saudita e affrancarla dalla dipendenza del greggio, non può non passare dall'Ipo più grande della storia. In altre parole la compagnia petrolifera più grande al mondo, capace di estrarre 10 milioni di barili di greggio al giorno (l'n% dell'offerta mondiale), servirà a rendere meno dipendente dal greggio un Paese conosciuto come la Banca mondiale del petrolio. Ci sono varie ragioni perché l'uomo più influente del Regno, conosciuto con l'acronimo di Mbs, vuole ostinatamente l'Ipo di Aramco in tempi brevi. La transizione energetica già iniziata. Più passa il tempo, infatti, più il mondo intero avrà sempre meno bisogno degli idrocarburi. Insomma, la domanda di petrolio sembra destinata a non crescere più forse già tra 10 anni, per poi iniziare una parabola discendente. Il prezzo del barile ne risentirà inevitabilmente. Grazie alle sempre più diffuse politiche di risparmio energico, all'introduzione di norme ambientali più rigide in molti Paesi consumatori, e soprattutto alla rivoluzione delle auto elettriche, il processo appare irreversibile.
Mohammed Bin Salman
Un terzo del petrolio consumato al mondo è infatti assorbito dal settore dell'autotrazione. A meno di shock internazionali imprevisti, l'era delle vacche grasse vista dal 2008 al 2013, ovvero quella del petrolio saldamente sopra i 100 dollari al barile (tranne una breve parentesi), sembra tramontata A dare il colpo di grazia era stata un'altra rivoluzione energetica: quella dello shale oil, che ha reso gli Stati Uniti, di gran lunga i primi consumatori di greggio al mondo, energeticamente quasi autonomi. La crisi è iniziata nel 2014, quando il prezzo del barile è crollato dai 114 dollari di giugno ai 40 di gennaio. E, tra alti e bassi, continua. Da allora le casse del Regno non versano in una situazione felice. Soldi per finanziare il faraonico piano di trasformazione dell'economia ce ne sono sempre meno. Gli investimenti stranieri divengono dunque una priorità. Anche per il 2020 Riad ha rivisto i suoi calcoli. In peggio. Le stime ufficiali indicano per il 2020 un deficit di 49,2 miliardi di dollari. La precedente stima indicava un buco di 35 miliardi. Ciò significa che il budget arriverà al 6,5% del Pil (era al 5,9% nel 2018) anziché al 4,7% previsto prima. A ciò si aggiunga che, secondo l'Imf, il Pil, al netto dell'inflazione, sarà fermo allo 0,2% quest'anno per poi salire solo al 2,2% nel 2020. Il ministro delle Finanze Mohammed al-Jadaan ha preferito sottolineare l'incremento del 10% degli investimenti esteri diretti. Ma la fiducia dei businessman occidentali verso Riad non è più quella di prima D'altronde non sono stati pochi i "problemi" "che hanno appannato l'immagine di Bin Salman. A cominciare dalla controversa maxi retata anti-corruzione, scattata il 4 novembre 2017, e culminata nell'arresto di 200 fra ministri, businessmen e principi. Questa operazione voluta da Mbs, peraltro senza pubblicare prove e accuse formali, somigliava più ad un colpo di mano per sbarazzarsi del dissenso interno. Già nel 2015, quando era ministro della Difesa, Mbs è stato il promotore della campagna militare saudita in Yemen, scattata nel marzo 2015 contro i ribelli Houti, sostenuti dall'Iran. Quella che doveva essere una guerra rapida si è presto trasformata in una sorta di Vietnam saudita, che ha un impatto negativo anche sull'Ipo di Saudi Aramco. Nonostante i martellanti bombardamenti - tutt'altro che chirurgici - la campagna non ha sortito i risultati sperati. Ma ha largamente contribuito fare dello Yemen. Paese la peggior crisi umanitaria del 2018. Il brutale assassinio del giornalista dissidente Jamal Khashoggi, avvenuto nell'ottobre 2018 all'interno del consolato saudita a Istanbul, è probabilmente quello che ha più nuociuto all'immagine di Mbs. Il coinvolgimento diretto di alti membri dell'Intelligence vicini al principe e le accuse (non provate) di essere stato il mandante, hanno provocato reazioni di indignazione e imbarazzo in diversi Paesi Anche l'embargo contro il Qatar non sembra aver giovato alla sua immagine del Regno. Nel frattempo un altro "danno collaterale" della guerra in Yemen rischia di ripercuotersi sull'Ipo di Saudi Aramco. L'attacco missilistico avvenuto in settembre contro due grandi installazioni petrolifere saudite, che ha bloccato la produzione nazionale del 50,70, ha messo a nudo le vulnerabilità dell'apparato di sicurezza sugli asset strategici. E solleva diversi dubbi sui potenziali investitori. Vision 2030 è senz'altro un piano tanto coraggioso quanto ambizioso. Apprezzabile. E imprescindibile. Per diversificare l'economia punta su energie rinnovabili, turismo, hi-tech. L'obiettivo è creare posti di lavoro. Il fine è senz'altro nobile. I mezzi potrebbero, però, non esser sufficienti.
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