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Zvi Mazel/Michelle Mazel
Diplomazia/Europa e medioriente
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Gaza e il cinismo dell’Occidente 05/11/2019
Gaza e il cinismo dell’Occidente
Commento di Michelle Mazel

(Traduzione di Yehudit Weisz)

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Terroristi di Hamas lanciano contro le città israeliane razzi e gli acquiloni con esplosivi e la svastica

“Venerdì sera dopo l’inizio di Shabbat”, ha scritto Le Monde il 2 novembre, “una dozzina di razzi sono stati lanciati sulla città israeliana di Sderot, al confine con la Striscia di Gaza”. Ciò faceva seguito a una nuova giornata di proteste che reclamavano, spiega il giornale “ il ritorno dei rifugiati palestinesi nella terra da cui furono cacciati o da cui erano fuggiti nel 1948, alla creazione dello Stato di Israele. Queste manifestazioni si concentrano sul lato gazawi dell’ampia barriera controllata dall’esercito israeliano”. Ma cos'è questa ampia barriera? Perché è controllata dall’esercito israeliano? Sarebbe stato utile sottolineare che è lì a segnare il confine tra la Striscia di Gaza e Israele, all’interno dei suoi confini riconosciuti a livello internazionale, in particolare da Francia, Unione Europea e Nazioni Unite. Perché a differenza dei Paesi che sono in pace e che non hanno nulla da temere l'uno dall'altro, qui è una barriera che deve materializza il confine. Questo perché gli abitanti di Gaza non hanno bisogno del diritto internazionale e, fermamente supportati se non spinti dall’organizzazione terroristica che è Hamas, ora si ammassano a decine di migliaia davanti a detta barriera allo scopo ripetuto più volte, di distruggerla e di riversarsi nelle cittadine e nei villaggi israeliani situati dall’altra parte. Si tratta proprio di quella che i media occidentali chiamano “la grande marcia del ritorno”. E più precisamente come abbiamo visto sopra “il ritorno dei rifugiati palestinesi nella terra da cui furono cacciati o da cui erano fuggiti nel 1948, alla creazione dello Stato di Israele”. Questo va sottolineato. Innanzitutto perché tra le decine di migliaia, e talvolta anche di più, che manifestano da molti mesi ogni venerdì, non c'è, non potrebbe esserci, più di una manciata di venerabili arabi nati prima del 1948. Precisiamo che secondo i dati ufficiali dell’UNWRA, nel 1950 a Gaza c'erano meno di 300.000 persone. Le Monde, Le Figaro e altri quotidiani pensano davvero che questa rivendicazione dei gazawi sia legittima? Che ci sarebbe stato un permesso a lasciar "tornare" in Israele tre milioni di arabi che non vi avevano mai messo piede prima ma che sarebbero felici di entrare in Israele? In effetti, i quotidiani hanno la memoria corta ma degli eccellenti archivi. Scopriamo che nel 1948 l’Egitto aveva preso il controllo della Striscia di Gaza e la governò per quasi vent'anni senza mai conceder alcun diritto ai suoi abitanti. Israele la conquistò durante la Guerra dei Sei Giorni nel 1967 e l’avrebbe consegnata volentieri all’ Egitto a seguito degli accordi di pace. Ma Sadat non accettò. Secondo gli accordi di Oslo del 1993, Gaza godeva di uno statuto autonomo e nel 2005 Israele si ritirò completamente. Due anni dopo, Hamas prese il potere con un sanguinoso colpo di Stato, dando la caccia o massacrando i funzionari dell'Autorità Palestinese che ne avevano preso il controllo. Da allora, il movimento terroristico Hamas ha destinato tutte le risorse di Gaza e tutti gli aiuti internazionali ricevuti, non allo sviluppo e al benessere della popolazione, ma alla costruzione di una forza militare. Sostenuto dall'Iran, che gli fornisce missili e finanziamenti, Hamas ha ripetutamente affermato che non riconosce Israele e che intende distruggere lo Stato ebraico. C’è però un’altra rivendicazione, perfettamente legittima, che è passata sotto silenzio. Quella della popolazione civile che vive sul “lato israeliano” della barriera. Sono uomini, donne e bambini esposti al terrorismo quotidiano che proviene da Gaza: ieri sera di nuovo, “dopo l’inizio di Shabbat”, per evitare la morte che arrivava dal cielo, hanno dovuto correre al riparo nei rifugi. Hanno trascorso tutta la notte lì. Quindi non ci son state vittime, sottolinea con cinismo Le Monde.

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Michelle Mazel scrittrice israeliana nata in Francia. Ha vissuto otto anni al Cairo quando il marito era Ambasciatore d’Israele in Egitto. Profonda conoscitrice del Medio Oriente, ha scritto “La Prostituée de Jericho”, “Le Kabyle de Jérusalem” non ancora tradotti in italiano. E' in uscita il nuovo volume della trilogia/spionaggio: “Le Cheikh de Hébron".

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