Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 30/10/2019, a pag.10 con il titolo "Siria, la tregua vacilla. Scontri al confine fra Erdogan ed Assad" la cronaca di Giordano Stabile.
Giordano Stabile
Peshmerga kurdi
L'accordo di Sochi fra Putin ed Erdogan sul Nord-Est della Siria regge, ma è difficile definirlo una «tregua», tanto meno la fine delle ostilità. Ancor prima della scadenza del cessate-il-fuoco, le 18 di ieri sera, i combattenti arabo-sunniti della divisione Sultan Murad hanno dato l'assalto a un villaggio vicino al confine con la Turchia appena ceduto dai curdi all'esercito governativo. I miliziani, con l'appoggio dell'artiglieria turca, hanno spazzato via le linee di difesa dei soldati di Bashar al-Assad, ne hanno uccisi sei, catturati altri due. Poi sono avanzati a Est di Ras al-Ayn e hanno conquistato altre tre località. È stato il primo scontro diretto fra turchi ed esercito siriano in una regione dove il ritiro Usa ha lasciato una situazione fluida, un vuoto che le forze di Damasco e la polizia militare russa stentano a colmare. I miliziani di Sultan Murad hanno rivendicato l'uccisione di «20 soldati» e hanno poi proseguito verso Est, sempre coperti dal fuoco dell'artiglieria di Ankara. E nel pomeriggio si è sfiorato l'incidente che poteva far saltare l'intesa. Un proiettile è caduto vicino a una pattuglia russa, accompagnata da alcuni civili, nella cittadina di Dirbesiyeh. Fonti curde locali hanno parlato di «sei feriti», compresi due militari di Mosca. Poco dopo il ministero della Difesa russo ha smentito, nonostante ci fossero anche immagini a confermare l'attacco. In questo momento la cosa più importante, per Putin ed Erdogan, è far funzionare l'accordo di Sochi. La Turchia preme perché i curdi rispettino i patti e stiano ad almeno 30 chilometri dal confine. Ieri sera il ministro della Difesa russo Sergei Shoigu ha annunciato il ritiro «di tutte le unità armate curde dalla zona di sicurezza», mentre polizia russa e governativi si erano posizionati «lungo l'intera frontiera». Erdogan è parso soddisfatto. Le sanzioni della Casa Bianca alla fine sono state ritirate, Bruxelles non morde e con i russi l'intesa, pur tra tensioni continue, per ora regge. Alla fine Ankara ha ottenuto il ritiro di 34 mila combattenti, ben addestrati, dai suoi confini. Resterebbero però alcune unità delle Ypg curde nel cosiddetto triangolo fra Turchia, Siria, Iraq, vicino al valico di Semalka. Lunedì i turchi hanno bombardato i villaggi di Derek e Malikiyah a mo' di avvertimento. Mosca continua a inviare blindati e uomini, ma devono atterrare nella base di Hmeimim, nell'Ovest, e poi percorrere mille chilometri per arrivare all'estremo Nord-Est. E poi c'è una questione strategica. I curdi non vogliono cedere il valico di Semalka, l'unico ancora sotto il loro controllo, che li collega al Kurdistan iracheno. È anche la strada che usano le truppe Usa per rifornire il contingente rimasto a guardia dei pozzi petroliferi e il Pentagono li incoraggia a non mollare.
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