Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 29/10/2019, a pag.12 con il titolo "Minacce social a Liliana Segre. La procura indaga per molestie" la cronaca di Massimo Luce.
Liliana Segre ha risposto alle centinaia di insulti antisemiti quotidiani subiti con la frase «Sono persone per cui avere pena e vanno curate. Sono una persona civile, non conosco altro linguaggio che quello». La tolleranza verso gli odiatori antisemiti, però, non basta.: se non si blocca l'odio alla fonte, questo non può che aumentare. Le affermazioni contro Liliana Segre hanno spesso un rilievo penale, perché istigano alla violenza, che può anche essere omicida. Un discorso che vale non solo per gli insulti antisemiti, ma anche per dichiarazioni razziste, omofobe, negazioniste ecc. Altrimenti rimangono 'molestie', che non vengono rilevate in nessuna statistica. In altre parole non c'è reato, rimane una opinione, che, come tale, è un diritto da difendere. Paradossale.
Ecco l'articolo:
Liliana Segre
L'apertura dell'inchiesta risale almeno a un anno fa, quando sulla posta elettronica di Liliana Segre, milanese, senatrice a vita della Repubblica ed ex deportata nei campi di concentramento nazisti, arrivarono minacce di morte precise. E ovviamente anonime. Spedite da un server di difficile individuazione su cui da tempo indaga la Digos, evidentemente senza essere venuta a capo di un granc hé. Però l'inchiesta, affidata a un magistrato di esperienza come Alberto Nobili, attuale capo dell'antiterrorismo e già del pool criminalità, è tutt'ora aperta sebbene contro ignoti e non è escluso che presto possa arrivare ad una svolta.
Una delle tante pagine Facebook che inneggiano al nazismo
200 insulti al giorno Intanto nei confronti della senatrice, amatissima nelle scuole e anche ieri presente a un convegno sull'intolleranza la senatrice all'università Iulm, gli insulti continuano ad arrivare attraverso questa inquietante versione dello squadrismo virtuale che naviga sul web ormai senza più inibizioni. Almeno 200 al giorno, è stato calcolato, sono le frasi ingiuriose e vergognose che arrivano a questa donna d'acciaio che della sua sofferenza ha fatto una missione: «Sono persone per cui avere pena e vanno curate. Sono una persona civile, non conosco altro linguaggio che quello». Eppure, fanno notare in procura, un conto sono le minacce, circostanziate, pericolose, rubricate al momento al reato di molestie e minacce, un conto sono gli insulti che non sono più considerati reati. E dunque il fascicolo per ora rimane molto circostanziato e limitato alle e-mail ritenute davvero minacciose. Ma non è escluso a questo punto che sulla base di nuove denunce, il faldone possa diventare più corposo. Nei giorni scorsi il mondo della politica ha espresso la sua solidarietà alla senatrice a vita. La presidente del Senato Elisabetta Casellati ha parlato di «un insulto alla storia e alle istituzioni di un Paese che sul rifiuto dell'antisemitismo e sul ripudio della violenza ha eretto la sua architettura democratica e ritrovato la pace, la libertà e il progresso»; il premier Giuseppe Conte ha annunciato che «inviterà tutte le forze politiche in Parlamento a mettersi d'accordo per introdurre norme contro il linguaggio dell'odio. Via social e a tutti i livelli». E la senatrice, a chi le ha chiesto se gli haters si possono recuperare ha risposto: «La speranza in una nonna c'è sempre, ma la realtà qualche volta si abbatte sopra la speranza con una bastonata tremenda. Io di bastonate ne ho prese tante e sono ancora qui».
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