L'eliminazione del Califfo Commento di Antonio Donno
Testata: Informazione Corretta Data: 29 ottobre 2019 Pagina: 1 Autore: Antonio Donno Titolo: «L'eliminazione del Califfo»
L'eliminazione del Califfo Analisi di Antonio Donno
Abu Bakr Al Baghdadi
L’eliminazione di del capo dell’Isis, Al-Baghdadi, da parte dei militari americani, probabilmente grazie anche ad indicazioni fornite dagli stessi curdi, ripropone la logora questione della presenza militare americana in Medio Oriente. I militari americani prima stanziati nel “cuscinetto curdo”, non sono stati riportati a casa, ma si trovano in Irak; e la robusta incursione aerea e terrestre nel covo di Al-Baghdadi dimostra che gli americani sono sempre pronti ad intervenire. Il fatto che Trump non abbia risposto militarmente alle provocazioni iraniane nel Golfo Persico, ma conti sull’efficacia delle sanzioni economiche contro il regime degli ayatollah sta ad indicare che la politica del presidente americano nel Medio Oriente oscilla, a seconda dei casi, tra diverse opzioni, pur restando solidamente ancorata al fattore politico-economico come strumento principale della sua azione. Dal giorno del ritiro americano dal “cuscinetto curdo” non si è verificata alcuna conseguenza sullo scenario mediorientale a sud del confine turco-siriano, come si paventava in un primo momento. Trump non ha commentato le vicende israeliane, attendendo che si formi un nuovo governo e che si evidenzino le sue linee-guida. Il mondo sunnita, che si appoggia alla politica anti-iraniana di Washington, non mostra segni di agitazione. La questione dell’invasione turca nella fascia nord-orientale della Siria è ora un problema che coinvolge Russia, Iran e Siria. È difficile prevedere l’esito del compromesso tra i tre governi e l’atteggiamento che avrà Assad di fronte ad una possibile perdita di una porzione del suo territorio, evento che danneggerebbe molto il suo prestigio tra i suoi sudditi. Tuttavia, è pur vero che il dittatore siriano non potrà rifiutarsi di riconoscere che il sostegno russo-iraniano ha avuto una funzione primaria nella sopravvivenza del suo regime e dovrà, per questo, pagare il dovuto. L’aspetto più pericoloso di questo dare-avere riguarderà le pretese del regime iraniano. È noto, fin dagli esordi della partecipazione di Teheran alla sopravvivenza politica di Assad e del suo regime, che l’obiettivo principale dell’Iran è di assicurarsi un corridoio che lo porti sul Mediterraneo, per quanto gli hezbollah filo-iraniani facciano già parte del governo del Libano. Ma le recenti proteste dei libanesi, oltre che degli iracheni, contro i propri governi, rei di aver rovinato l’economia dei due paesi, fanno temere una nuova ondata di instabilità in due punti-cardine del sistema politico mediorientale. Benché sia difficile che i partiti filo-iraniani presenti nei governi di Libano ed Irak rinuncino alle loro posizioni, se non in conseguenza di una guerra civile che destabilizzerebbe nuovamente il Medio Oriente, è pur vero che Israele non permetterebbe mai che l’Iran si affacci sul Mediterraneo attraverso un corridoio che porti sulle coste mediterranee della Siria, per quanto al momento ne usufruisca per sostenere Assad; né è probabile che il dittatore siriano, una volta ristabilizzato il suo regime, permetta all’Iran di acquisire stabilmente tale corridoio, contemporaneamente alla cessione del “cuscinetto curdo” alla Turchia. Sarebbe un’intollerabile perdita di sovranità su due punti-chiave del territorio siriano. La situazione del Medio Oriente è lungi da essere stabile. Anzi, gli attori che giocano la loro partita nella regione su più numerosi che nel recente passato. Tra questi, nonostante le analisi contrarie, vi sono gli Stati Uniti. L’evidenza dei fatti in questi ultimi giorni dimostra che i militari americani non sono tornati negli Stati Uniti e che l’attenzione dei vertici americani delle forze armate è assai vigile sul territorio mediorientale, come l’eliminazione di Al-Baghdadi ha dimostrato. La politica di Trump, dunque, associa l’approccio politico ai governi anti-iraniani della regione e, all’occasione, un intervento militare contro quelle forze terroristiche che costituiscono un continuo pericolo per tutti gli attori politici del Medio Oriente.